La Francia non rinnega se stessa, non tradisce l’Europa e dà una speranza alla pace. E’ un ‘refrain’ quasi universale, che la rielezione di Emmanuel Macron “è una buona notizia”: lo dicono i leader europei e occidentali; lo dice anche il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, perché – sostiene – “Macron è a favore della fine della guerra e sostiene le sanzioni alla Russia”; e lo dice persino, con una dose d’ipocrisia, il presidente russo Vladimir Putin, che foraggiava la sfidante Marine Le Pen, ma che con Macron ha sempre dialogato – e viceversa -.
Emmanuel Macron sarà il presidente francese fino al 2027: battendo, in un ‘ballottaggio fotocopia’ di quello di cinque anni or sono, la sua rivale Marine Le Pen, populista e sovranista, Macron, liberale ed europeista, è divenuto il primo presidente francese confermato per un secondo mandato dal 2002, quando Jacques Chirac sconfisse il padre di Marine, Jean-Marie Le Pen.
Ma quella di Macron, 44 anni, è una vittoria in chiaroscuro: netta, calcisticamente un 3 a 2, ma non così netta come quella del 2017, calcisticamente un 2 a 1, rispecchia un Paese diviso e in fermento. L’estrema destra di Le Pen, 53 anni, va oltre, per la prima volta in un voto presidenziale, il 40%; e l’astensione record, vicina al 30%, con picchi fra i giovani, testimonia le difficoltà della politica a rispondere alle aspettative dei cittadini.
Il discorso della vittoria, Macron non l’ha infarcito di promesse: i temi forti sono stati l’ascolto del Paese, l’ambiente, l’Europa. E mentre i suoi sostenitori festeggiavano tra Torre Eiffel e Trocadéro, altrove a Parigi e in molte città francesi c’erano proteste dell’estrema destra e dell’estrema sinistra.
In questo contesto, le politiche di giugno sono un’incognita: Macron potrebbe scoprirsi presidente senza maggioranza nell’Assemblea nazionale. Il leader di France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, punta a essere il primo ministro di una difficile coabitazione, mentre Le Pen vuole finalmente tradurre in seggi i suoi suffragi.
Il successo di Macron – quasi il 59% a poco più del 41% – dissipa un incubo che gravava sull’Ue: Le Pen presidente avrebbe significato una stasi del processo d’integrazione, una battuta d’arresto forse letale, anche perché avrebbe fatto da polo d’attrazione per altre spinte populiste e sovraniste, in Italia in primo luogo, ma anche altrove, in Spagna e nei Paesi del Gruppo di Visegrad.
La buona notizia francese va abbinata a quella slovena – a Lubiana, le elezioni politiche sono state vinte dal liberale europeista Robert Golob, sul premier ultra-conservatore Janez Jansa, molto vicino al Gruppo di Visegrad -: insieme, possono ridare slancio al processo d’integrazione. Il sollievo è palese, nelle reazioni e nei commenti di tutti i leader europeisti.
A Bruxelles e in molte capitali Ue c’era il timore – espresso in modo icastico dal Washington Post – che “Le Pen presidente della seconda potenza economica Ue e dell’unica potenza nucleare potesse causare lo sgretolamento delle istituzioni comuni”.
La vittoria di Macron offre continuità alla Francia e altri cinque anni di stabilità politica francese all’Unione europea. “Buona notizia”, “splendida notizia”, “un voto di fiducia nell’Europa”: gli echi dalle capitali europee del voto francese sono molto simili: c’è la consapevolezza che hanno perso l’anti-europeismo, Putin, il sovranismo nazionalista.
Ma le elezioni francesi non avevano solo un impatto europeo, anche per la vicinanza, più volte manifestata, della candidata sovranista al presidente Putin (e per la dipendenza del suo movimento dai finanziamenti russi). Il risultato impatta, dunque, sulle relazioni di Ue e Nato con la Russia e pure sul sostegno all’Ucraina, oltre che sulle speranze di pace perché Macron è stato il leader Ue più attivo nel mantenere il dialogo con Mosca e con Kiev; oltre che sulle politiche dell’Europa verso i migranti, perché nel Rassemblement National sono evidenti le striature xenofobe.
Presidente confermato, e quindi rilegittimato, Macron potrà di nuovo impegnarsi a cercare una via di pace tra Russia e Ucraina, dopo la pausa di tre settimane impostagli dall’appuntamento elettorale e prima di essere ancora assorbito dalla campagna per le politiche. E potrà riprendere a compensare le ‘scivolate’ non solo lessicali del presidente Usa Joe Biden, di cui ha sempre corretto le sbavature sul cambio di regime a Mosca o sul genocidio in Ucraina.
Su Macron, la Francia sarà divisa. Ma l’Europa dell’integrazione è più unita che mai. E l’Europa della pace gli affida le sue speranze.