Lo aveva già detto in un faccia a faccia e durante le indagini. Oggi nel processo per il caso Consip l’ex amministratore delegato della centrale unica di acquisti della Pa, Luigi Marroni, ha confermato che fu l’ex ministro, Luca Lotti, a informarlo che nel suo ufficio c’erano delle cimici. Nel processo tra gli altri il padre dell’ex premier, Tiziano Renzi, l’imprenditore Alfredo Romeo e l’ex generale dell’Arma, Emanuele Saltalamacchia. A tirare in ballo l’ex ministro e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e Saltalamacchia era stato proprio Marroni, che ha riferito ai magistrati che erano stati loro due a dirgli che era in corso un’indagine a Napoli sulla centrale acquisiti della pubblica amministrazione.
Rispondendo alle domande del pm Mario Palazzi, il test ha ricostruito l’intera vicenda in un racconto durato ore. Parlando del rapporto con Lotti e della fuga di notizie sull’inchiesta, che era stata avviata dai magistrati partenopei, Marroni ha ricordato che “poco prima che si venne a sapere delle indagini su Consip, l’allora sottosegretario Lotti mi ricevette negli uffici della Presidenza e poi quando uscimmo, davanti a Palazzo Chigi mi disse che c’erano indagini su Romeo e su Consip: mi disse ‘stai attento’ e agitò il telefonino, alludendo alle intercettazioni. A me – ha proseguito – erano già arrivate segnalazioni sul rischio di intercettazioni e quando riferii all’allora presidente di Consip Luigi Ferrara mi disse che anche lui aveva ricevuto le stesse segnalazioni e che a dirglielo era stato il generale Tullio Del Sette“.
L’ex top manager ha descritto l’incontro avuto, sempre con Lotti, nel gennaio del 2016. “Mi disse di essere ‘gentile con Verdini, che ci tiene su il governo'”. Il testimone quindi ha riferito di avere conosciuto Verdini alcuni mesi dopo, nel luglio del 2016. “Mi invitò ad un pranzo e quando andai vidi che con lui – ha detto in aula – c’erano anche l’avvocato Piero Amara (coinvolto nel caso dei verbali sulla presunta Loggai Ungheria, ndr) e l’imprenditore Ezio Bigotti. Quest’ultimo in particolare mi accusò di avere un atteggiamento troppo aggressivo verso alcune sue aziende con cui avevamo contenziosi in tribunale e di lì a poco la discussione salì di tono. Verdini intervenne dicendo di cercare di trovare una soluzione e Amara propose un incontro tecnico che non ci fu mai”.
Parlando di Tiziano Renzi, l’ex ad ha affermato di essere stato contattato da lui nel settembre del 2016. “Mi chiese di incontrare un suo amico, il manager Carlo Russo (imputato nel processo – ndr) dicendo che aveva molti progetti. Poco dopo venni contattato da Russo, il quale mi disse che a dargli il mio numero era stato Lotti. Russo mi chiese di aiutare un’azienda nell’ambito di una nostra gara, spendendo con me i nomi di Tiziano Renzi e di Verdini, e mi disse che il mio destino professionale sarebbe dipeso da ciò che avrei fatto. Rimasi sorpreso, frustrato e umiliato da quelle minacce. Ero preoccupato e in effetti poi è andata come diceva Russo, perché alla fine sono stato cacciato e non ho più trovato un lavoro”.