Il provvedimento ha ricevuto il via libera di Montecitorio il 10 marzo scorso e ora inizia il suo percorso in Senato, dove però le forze della maggioranza hanno già iniziato a litigare. I relatori del testo saranno due di centrodestra e due di centrosinistra
Il disegno di legge sul fine vita inizia il percorso a Palazzo Madama, ma tra i relatori ci sarà anche uno dei suoi più noti oppositori: il leghista Simone Pillon. Il testo, sollecitato dalla Corte costituzionale, ha avuto il 10 marzo scorso il via libera di Montecitorio e ora, neanche il tempo di arrivare in Senato, e già le forze di governo hanno iniziato a litigare. Alla fine le forze di maggioranza, incapaci di trovare un accordo, hanno optato per scegliere due relatori di centrodestra e due di centrosinistra. I lavori sul provvedimento inizieranno alle 15.30 in Senato. Gli altri relatori nominati oggi dai presidenti delle commissioni Giustizia, Andrea Ostellari, (Lega) e Sanità, Annamaria Parente, (Iv) sono: Alessandra Maiorino (M5s), Caterina Biti (Pd) e Maria Rizzotti (FI).
Cosa diceva Pillon del fine vita – Proprio Pillon il 16 febbraio scorso, subito dopo che la Consulta aveva bocciato il quesito per il referendum sull’eutanasia, ribadì la sua opposizione agli interventi in materia. “Sono già due volte nel giro di neppure sei mesi”, scrisse su Facebook, “che dalle istituzioni del nostro Paese giungono segnali di una rinnovata attenzione ai temi valoriali, dallo stop al gender di ottobre fino al sì alla vita, e tutto questo fa ben sperare. La maggioranza silenziosa si muove“. Pillon, a metà febbraio e quindi poco prima che il ddl sul fine vita avesse il via libera da Montecitorio, si auspicava invece che “i colleghi” tenessero “in buon conto il monito della Corte costituzionale” e quindi “difendere la sacralità della vita”. E continuava: “La vita umana è sacra. Sempre. Non dimentichiamolo”. Ma Pillon, a settembre 2019, aveva protestato anche dopo la sentenza storica della Consulta sul caso Cappato, con cui i giudici hanno stabilito che “non è punibile chi a certe condizioni agevola proposito di suicidio” e in cui si parlava di “indispensabile intervento del legislatore”. “Con quest’ultima sentenza ha di fatto aperto la strada al suicidio di Stato, scavalcando le prerogative del Parlamento e sostituendosi al legislatore”, disse. “È sconcertante che decisioni tanto delicate siano prese a colpi di sentenze”. E ancora: “La vita umana è sacra e inviolabile”.
Le reazioni – Proprio dalla associazione Coscioni arriva un commento alle scelte della maggioranza. “La calendarizzazione della legge sul suicidio assistito nelle commissioni Giustizia e Sanità del Senato è sicuramente una buona notizia ma l’averla affidata a ben quattro relatori rischia di complicare l’adozione del testo finale” hanno dichiarato Filomena Gallo e Marco Cappato. “Della Lega c’è già il presidente della Commissione giustizia, non era quindi necessario o automatico che uno dei coordinatori dell’iter dovesse esser affidato al Senatore Simone Pillon, noto fin dall’inizio della legislatura per esser contrario a qualsiasi regolamentazione di scelta personale sul proprio corpo che non sia la criminalizzazione assoluta. La presenza di Pillon come relatore è emblematica di una volontà di scontro che non crediamo sia condivisa nemmeno da tutto il centrodestra. Il voto alla Camera è stato infatti caratterizzato dall’ assenza di decine di parlamentari del centrodestra, alcuni dei quali hanno così affermato indirettamente la propria coscienza personale contro gli ordini di partito per non bloccare l’iter”.
Nel 2018 e nel 2019 – ricordano i due rappresentanti della Associazione Coscioni, “la Corte Costituzionale, nell’ambito della vicenda “Cappato-Antoniani”, ha invitato il Parlamento ad intervenire con una legge che tuteli i diritti di chi vuole intraprendere un percorso di fine vita. Occorre quindi una normativa che sia chiara nei principi e nelle procedure e che soprattutto non discrimini determinate categorie di malati diventando merce di scambio tra fazioni parlamentari”. La nomina di Pillon – chiudono – “per quanto provocatoria, non deve diventare per nessuno un alibi o un pretesto per ritardare l’esame del provvedimento o rinunciare a migliorare il testo da parte di coloro che sostengono la legge, a partire da M5S e Pd.