Secondo l'accusa, nel febbraio del 2020 almeno una parte di quegli ormai famosi verbali resi dallo stesso Amara sulla presunta "loggia Ungheria" - di cui stano alle sue dichiarazioni avrebbero fatto parte magistrati, alti ufficiali e personaggi pubblici di rilievo - erano già usciti dalla Procura
Il caso dei verbali resi ai pm di Milano da Piero Amara, ex legale esterno di Eni al centro di diverse indagini, ha un nuovo capitolo giudiziario. La Procura di Milano si appresta a chiedere il rinvio a giudizio per l’avvocato, indagato da diverse procure e che in passato ha già patteggiato una condanna per corruzione in atti giudiziari, con l’accusa di rivelazione del segreto del procedimento penale.
Secondo l’accusa, nel febbraio del 2020 almeno una parte di quegli ormai famosi verbali resi dallo stesso Amara sulla presunta “loggia Ungheria” – di cui stano alle sue dichiarazioni avrebbero fatto parte magistrati, alti ufficiali e personaggi pubblici di rilievo – erano già usciti dalla Procura, due mesi prima di quando, nell’aprile successivo, il pm Paolo Storari (assolto in primo grado dall’accusa di rivelazione del segreto d’ufficio impugnata dalla procura di Brescia) li consegnò all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo per autotutelarsi, a suo dire, dal freno imposto alle indagini dall’ex procuratore Francesco Greco e dall’aggiunto Laura Pedio.
Dopo aver chiuso questa tranche di indagine nelle scorse settimane con l’imputazione di rivelazione per Amara, la Procura sta per inoltrare all’ufficio la richiesta di processo che dovrà essere vagliata da un gup. Il primo aprile scorso Amara, sentito dai pm Monia Di Marco e Stefano Civardi, aveva negato ancora una volta di essere stato lui il ‘propalatore’ di parte degli ormai famosi verbali resi tra dicembre 2019 e gennaio 2020 sulla fantomatica “loggia” su cui indaga la procura di Perugia per competenza. Il 17 febbraio del 2020 la foto di una pagina di un verbale venne mostrata, durante un interrogatorio davanti a Storari e all’aggiunto Laura Pedio, da Vincenzo Armanna, ex manager Eni e anche lui, insieme all’avvocato siciliano, tra gli accusatori della compagnia petrolifera e dei suoi vertici. E Armanna avrebbe sostenuto che quelle carte gli erano state date da presunti ‘emissari’ di Amara, il quale invece ha respinto le accuse.
Di recente sempre i pm Civardi e Di Marco hanno chiesto il rinvio a giudizio per Amara anche per una presunta calunnia ai danni dell’ex componente del Csm Marco Mancinetti. Sempre nei mesi scorsi, poi, a suo carico è stata chiusa un’altra inchiesta, quella principale sul cosiddetto ‘falso complotto Eni’ e con un cambio di rotta, dopo 5 anni di indagini, che ha portato a stralciare, per la richiesta di archiviazione, la posizione dell’ad di Eni Claudio Descalzi e del capo del personale Claudio Granata. Entrambi risultano parti offese delle ipotesi di calunnia contestate ad Amara e Armanna. Tra l’altro, la Procura milanese ha aperto già anche un ventina di fascicoli per accertare se Amara con le sue dichiarazioni sulla loggia Ungheria abbia o meno calunniato le persone che, a suo dire, avrebbero fatto parte dell’associazione segreta.