Le perquisizioni riguardano Stellantis, Suzuki e Marelli. L’obiettivo è quello di ottenere vari documenti, dati e corrispondenza. Le informazioni raccolte saranno successivamente esaminate e analizzate dalle autorità giudiziarie interessate. Le società italiane: "Piena collaborazione"
Potrebbe essere un nuovo Dieselgate, ma questa volta non c’entra la Volkswagen. Eurojust, l’unità di cooperazione giudiziaria Ue, sta assistendo le autorità di Germania, Italia e Ungheria con perquisizioni per contrastare l’uso di dispositivi di emissione in motori diesel di fabbricazione italiana, usati nelle auto della casa automobilistica giapponese Suzuki e assemblati in uno stabilimento ungherese del gruppo. Le perquisizioni, su richiesta della Procura di Francoforte, in Italia vengono svolte dalla polizia di Torino e dalla Guardia di Finanza di Torino e Milano, e sono state ordinate dalla procura torinese. Già nel luglio del 2020 erano state eseguite delle perquisizioni in Italia.
L’obiettivo delle perquisizioni, spiega ancora Eurojust, è quello di ottenere vari documenti, dati e corrispondenza. Le informazioni raccolte saranno successivamente esaminate e analizzate dalle autorità giudiziarie interessate. Il produttore di automobili giapponese, in Europa ha sede in Germania, e dovrebbe essere a conoscenza del fatto che a partire dal 2018 i motori diesel sono stati equipaggiati con i dispositivi per ‘abbellire’ le emissioni. Anche i dispositivi usati dal produttore italiano di motori sono di un fornitore italiano. Le perquisizioni riguardano nel dettaglio sedi commerciali di Bensheim e Heidelberg in Germania, Corbetta in Italia e Esztergom in Ungheria. Oltre alla procura generale di Francoforte per la Germania è coinvolta nelle indagini la polizia dell’Assia e per l’Ungheria la polizia della contea di Komárom-Esztergom.
Secondo quanto riporta l’agenzia Reuters si tratta di veicoli diesel Suzuki. L’autorità giudiziaria ha dichiarato che la loro indagine riguarda i responsabili di Suzuki, Stellantis e il produttore giapponese di ricambi auto Marelli. “I dispositivi sarebbero stati montati nei motori diesel di fabbricazione italiana di un gran numero di auto, dando l’impressione che le emissioni di ossido di azoto dei veicoli fossero in linea con le normative Ue”. I motori sono stati poi assemblati nei modelli delle case automobilistiche in uno stabilimento di produzione in Ungheria. È stata svolta nella sede di Corbetta (Milano) della Magneti Marelli dalle Fiamme gialle la perquisizione disposto dalla Procura di Torino. Nel capoluogo piemontese è stato chiesto a Stellantis di consegnare documenti relativi ai rapporti tra la allora Fca, Magneti Marelli e Suzuki. I magistrati subalpini hanno preso l’iniziativa, come previsto dalle norme sulla cooperazione giudiziaria internazionale, su richiesta della procura di Francoforte, che ha emesso un ordine di investigazione Europea.
“Fca Italia è stata informata di una richiesta di fornire informazioni e documenti in relazione a ulteriori attività di indagine della Procura di Francoforte in merito all’utilizzo di software di controllo delle emissioni presumibilmente inammissibili nei motori diesel forniti alla Suzuki – si legge in una nota di Stellantis – Ciò fa seguito alle attività di indagine su accuse simili condotte nel 2020. La società continuerà a collaborare pienamente alle indagini in materia”. “Non commentiamo nel dettaglio, ma confermiamo la piena collaborazione con le autorità nella loro investigazione. Marelli è convinta di aver operato sempre nel pieno rispetto delle normative” si legge in una nota. L’azienda – secondo quanto si apprende – già nel 2016 aveva risposto a un questionario sul sistema emissioni Ue verificando che tutte le attività erano conformi alle regole.
L’uso di software illegale, o dispositivi di manipolazione, ha provocato lo scandalo del Dieselgate alla Volkswagen nel 2015, il più grande caso di questo tipo fino ad oggi. La Volkswagen ha ammesso di aver utilizzato il software per falsificare i test sui motori diesel e ha affermato che erano coinvolti 11 milioni di veicoli in tutto il mondo. Nel maggio del 2020 la Suprema corte tedesca ha sentenziato che i clienti avrebbero dovuto essere risarciti in base ai chilometri percorsi. Finora, lo scandalo è costato alla casa automobilistica tedesca più di 40 miliardi di dollari (solo in Germania i risarcimenti sono stati pari a 620 milioni di euro) in riparazioni di veicoli, multe e accantonamenti per future rivendicazioni legali. I risarcimenti hanno riguardato anche automobilisti italiani.
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