Un virus mutato, un nuovo virus? Le ipotesi sulla causa delle epatiti gravi di origine sconosciuta nei bambini restano tali, ma intanto l’allerta è altissima. “L’Ue segue molto da vicino la situazione, che è preoccupante” e gli Stati dovrebbero “condividere tutte le informazioni possibili – dice la Commissaria Ue alla salute Stella Kyriakides – . Al 25 aprile erano approssimativamente 40 casi negli Stati membri finora i casi si registrano tra bambini tra un mese e sedici anni di età, la probabile origine è virale, ma abbiamo bisogno di più informazioni, Ecdc pubblicherà domani una prima valutazione”. L’invito agli Stati è di condividere tutte le informazioni possibili.
In Gran Bretagna, il paese che ha registrato più casi e anche con alcuni pazienti sottoposti a trapianti di fegato, ritengono di aver individuato il responsabile. “L’adenovirus è l’agente patogeno più comune rilevato nel 75% dei casi confermati” in particolare, “il ceppo di adenovirus chiamato F41 sembra la causa più probabile” sottolinea l’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito (UKHSA) in un report, che mantiene aperta l’ipotesi che questo virus possa essere all’origine delle rare epatiti dall’origine sconosciuta verificatisi in diversi paesi, inclusa l’Italia. Gli scienziati stanno studiando se c’è stato un cambiamento nella composizione genetica del virus che potrebbe innescare più facilmente l’infiammazione del fegato.
Nel report dell’agenzia, aggiornato al 25 aprile e diffuso dai media inglesi, si sottolinea che la maggior parte dei bambini che contraggono l’adenovirus non hanno sintomi particolarmente gravi. “Le informazioni raccolte attraverso le nostre indagini suggeriscono sempre più che questo aumento dell’insorgenza improvvisa dell’epatite nei bambini è legato all’infezione da adenovirus”, ha dichiarato Meera Chand, direttrice delle infezioni cliniche ed emergenti presso l’Ukhsa. “Tuttavia, stiamo indagando a fondo su altre potenziali cause”. Un’altra possibile spiegazione è che le misure di precauzione imposte nella pandemia potrebbero aver portato i bambini piccoli a essere esposti per la prima volta all’adenovirus in un momento successivo della loro vita rispetto a quando normalmente accade, portando a una risposta immunitaria più vigorosa, in alcuni, nei confronti dell’adenovirus. Restano allo studio anche altre ipotesi, incluso il fatto che una recente infezione da Covid potrebbe essere un fattore scatenante per i problemi al fegato insieme all’adenovirus. Proprio l’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito era stata la prima, il 6 aprile scorso, a lanciare l’allarme, segnalando i primi 60 casi sospetti. Allarme subito recepito dai Centri Europei per il Controllo e la prevenzione delle malattie (Ecdc) e dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms).
La malattia del fegato intanto ha raggiunto anche l’Asia, con un caso segnalato in Giappone dalle autorità locali il 21 aprile. Il paziente, fa sapere il sito inglese The Guardian, però è risultato negativo al test per adenovirus. Finora sono stati segnalati 190 casi misteriosi di epatite acuta nei bambini, di cui 140 in Europa, principalmente nel Regno Unito (110 casi). Ulteriori casi sono stati trovati in Israele e negli Stati Uniti. A Milano sono in corso accertamenti su un bimbo di 4 anni ricoverato all’ospedale San Paolo. Nei giorni scorsi un 11enne è stato sottoposto a trapianto di fegato a Bergamo.
In Italia “abbiamo 20 segnalazioni e 8 casi sospetti” ha detto il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri ospite di TimeLine su SkyTg24. “I casi stanno crescendo un po’ ovunque nel mondo, segnalazioni anche in Canada e Giappone. Le segnalazioni aumentano – aggiunge Sileri – anche perché i sistemi sanitari sono stati allertati nel farle. Molte altre segnalazioni si avranno nel mondo ma non vuole dire avere nuovi casi perché devono essere confermati escludendo le epatiti note. Oggi non possiamo dare un nome a questa epatite”.
La causa dell’epatite acuta che sta colpendo i bambini “può essere infettiva così come accade per le altre epatiti, dalla A alla E, ma non è noto l’agente che l’ha determinata. L’ipotesi di lavoro principale è quella infettiva con virus non nuovo, ma che potrebbe essere mutato oppure potrebbe avere avuto qualche alterazione per la coesistenza con altre infezioni virali. È importante tranquillizzare la popolazione – rimarca Sileri – si tratta di pochi casi e non vi è un catena di contagi riconosciuta. Capisco che usciamo da due anni di pandemia e questa paura del contagio ha toccato quasi tutti. Ma non è questo il caso, non c’è una catena di contagio nota. Attenzione però a valutare quali sintomi si presentano, se i bambini hanno sintomi influenzali con l’apparato gastroenterico coinvolto, bisogna informare il pediatra di fiducia e il medico di famiglia, ma non ci deve essere preoccupazione. Lo dice il padre di due figli piccoli – conclude – è normale vedere episodi gastrointestinali, invece ci si deve preoccupare se si vedono gli occhi diventare gialli. Questo è un campanello d’allarme”.