Quella dei termovalorizzatori “è una tecnologia superata e non prevista dal Pnrr.” Per la chiusura del ciclo dei rifiuti a Roma bisogna “portare la raccolta differenziata tra il 65 e il 70 per cento, aumentare il porta a porta, applicare una tariffa puntuale.” Sono le condivisibili parole del Sindaco di Roma Roberto Gualtieri, prima che diventasse sindaco. Che nelle 138 pagine del suo programma intendeva “affrontare subito l’emergenza, con un piano che mostrerà effetti già nei primi sei mesi e che dovrà durarne massimo 18” e “pianificare e realizzare un sistema di gestione integrata dei rifiuti autosufficiente, tecnologicamente avanzato, basato sui principi dell’economia circolare, cogliendone a pieno i benefici ecologici ed economici”. Concludeva dicendo che “possiamo farlo. Ci sono a disposizione le grandi risorse del Pnrr, è un’occasione storica da non mancare”.
La parola “termovalorizzatore” non c’era. Tra l’altro chiariamo subito che secondo l’Accademia della Crusca è preferibile utilizzare “inceneritore”, perché “termovalorizzatore” è un termine che non descrive un tipo di impianto sostanzialmente diverso ma è solo greenwashing. Se fossi stato un residente a Roma per il ballottaggio avrei dato fiducia a Gualtieri, come lo ho sostenuto da ministro del governo Conte, e proprio perché lo stimo sono deluso come tanti altri cittadini per questa inversione di marcia a 180 gradi. Capisco che rispetto ai programmi elettorali si possa anche cambiare idea ma per fare qualcosa di meglio, non di nettamente peggio.
Il problema dei rifiuti a Roma ha assunto dimensioni enormi una volta chiusa (giustamente) la discarica di Malagrotta nel 2013 ed è davvero difficile da affrontare per qualsiasi sindaco, si chiami Ignazio Marino, Virginia Raggi o Roberto Gualtieri. I rifiuti ammassati in strada perché il servizio di raccolta non sa dove portarli sono una frustrazione immensa per i cittadini. “Brucio tutto e li faccio sparire al 100%” appare una soluzione accattivante, ma purtroppo non è così. Nessun processo permette di “eliminare i rifiuti al cento per cento”, ma nemmeno al cinquanta, o all’uno per cento. Questa cosa la credevano nel medioevo: bruciando un tronco di legno potrei avere l’impressione che le ceneri siano molto più leggere del materiale originale, ma se la combustione avviene in una scatola chiusa dove i fumi non possono più sfuggire, il peso prima e dopo non varia di una virgola. Lavoisier lo ha verificato nel 1700 enunciando la legge di conservazione della massa.
Insomma, se nell’impianto entrano 600 mila tonnellate di rifiuti questi sono combinati con l’ossigeno dell’aria e trasformati in 600 mila tonnellate di altre sostanze chimiche come gas, principalmente anidride carbonica, cioè uno dei principali responsabili del cambiamento climatico nel nostro pianeta, ossidi di azoto e ossidi di zolfo. Dalla combustione incompleta si ottengono poi una serie di altri composti chimici, non esattamente salutari, la cui produzione si può controllare fino a un certo punto: più si è vicini all’inceneritore più sono concentrati nell’aria, nel terreno e nelle piante. Ma soprattutto: non tutto si può bruciare, come ad esempio vetro e metalli. Dall’inceneritore escono rifiuti (ceneri) altamente inquinanti.
Nessun impianto quindi, nemmeno quelli di centoventiseiesima generazione, potrà mai violare la legge di Lavoisier: emetterà fumi e produrrà ceneri. Sicuramene riutilizzare il calore prodotto è apprezzabile ed è vero che gli inceneritori più moderni sono preferibili rispetto ai vecchi impianti, perché migliorano il modo in cui avviene il processo di combustione. Fumando una sigaretta si respirano qualcosa come 10 mila sostanze chimiche diverse. I danni alla salute potrebbero essere minori con le sigarette elettroniche, ma nessun dottore direbbe che un qualsiasi tipo di sigaretta elettronica faccia bene: ti dice invece di smettere o di ridurre il più possibile per limitare il danno.
Qualcuno dice: in realtà dal punto di vista delle emissioni di anidride carbonica gli inceneritori di rifiuti potrebbero avere un bilancio zero, perché rispetto ai combustibili fossili si tratta comunque di materiali che in un modo o nell’altro presto o tardi sarebbero decomposti ad anidride carbonica, mentre se non si estraesse e bruciasse il petrolio il carbonio derivante rimarrebbe fuori dal ciclo per ere geologiche. Questo potrebbe essere parzialmente corretto per la frazione organica, anche se un compost di qualità può invece essere meglio utilizzato come fertilizzante nei campi. È invece non vero per la carta e il legno, perché le foreste sono in continua diminuzione ed è falso per quanto riguarda la plastica e in genere gli imballaggi, perché si tratta di prodotti che comunque provengono dalla trasformazione del petrolio e quindi dalle fonti fossili.
Il problema principale dell’incenerimento dei rifiuti è però soprattutto culturale. Il messaggio che si manda ai cittadini è “non vi preoccupate di quanto e che cosa butterete. Tutto questo sparirà bruciandolo via.” È chiaro che con questo approccio l’inceneritore potrebbe non bastare mai, perché non c’è alcuna spinta a differenziare e soprattutto a ridurre i rifiuti. Anzi, si rischia di alimentare un circolo vizioso che poi diverrà davvero difficile rompere in futuro, anziché muoversi assieme verso la soluzione a lungo termine che è ridurre, riusare e riciclare i rifiuti, proprio come auspicava Gualtieri nel suo programma.
L’inceneritore a Roma, la Capitale d’Italia, sarebbe quindi un deciso passo indietro verso la strada oramai obbligata verso la transizione ecologica. Tra l’altro la costruzione di nuovi inceneritori non è prevista dal piano rifiuti della regione Lazio e avverrebbe nella zona di Santa Palomba, nella campagna romana che il ministro Franceschini ha tutelato come bene paesaggistico, proprio dove è stata appena scoperta una necropoli romana in un contesto sconosciuto. Sarebbe anche una beffa per la città più vicina, Pomezia, che con l’amministrazione M5S l’obiettivo della raccolta differenziata del 70% lo ha raggiunto e si vedrebbe arrivare un megainceneritore a due passi.
Ecco caro Gualtieri, da collega professore mi permetto di ricordarti la materia che insegni all’università, la storia. Io abito ad Anzio. Anche se la vicenda è ben diversa dalle credenze popolari, ricorda che cosa è successo al mio più illustre concittadino che deve la sua pessima fama a un rapporto conflittuale con il fuoco, Lucio Domizio Enobarbo, più noto come Nerone. Guidare la Città Eterna significa avere un posto nella storia. Cerca di essere ricordato dai posteri come il bravo sindaco Gualtieri e non come il Nerone dei nostri giorni.