Secondo il presidente di Confindustria Carlo Bonomi gli imprenditori italiani sono “eroi civili” perché stanno contendendo l’inflazione. “Come sempre gli eroi non vengono riconosciuti”, ha aggiunto il leader degli industriali. Poco dopo il discorso di Bonomi l’Istat ha diffuso i dati sulle retribuzioni del primo trimestre dell’anno da cui emerge come nonostante l’inflazione non ci siano stati aumenti dei salari in grado di compensare l’incremento dei prezzi al consumo. In termini reali insomma i lavoratori guadagnano sempre di meno. Questo sì un fattore di contenimento dell’inflazione. L’Italia è peraltro l’unico paese dell’Ocse in cui i salari odierni sono più bassi rispetto a quelli di 30 anni fa.
“Nel primo trimestre del 2022 la crescita delle retribuzioni contrattuali rimane contenuta. La durata dei contratti e i meccanismi di determinazione degli incrementi contrattuali seguiti finora hanno determinato un andamento retributivo che, considerata la persistenza della spinta inflazionistica, porterebbe, nel 2022, a una perdita di potere d’acquisto valutabile in quasi cinque punti percentuali”, scrive l’Istat. L’Istituto prosegue: “Incrementi retributivi basati sull’inflazione effettiva si segnalano solo per il settore del legno (prassi avviata nel 2016); incrementi sostenuti – decisamente più favorevoli rispetto alle previsioni dell’indicatore di inflazione (Ipca al netto beni energetici importati) – si registrano per gli edili, grazie all’accordo di rinnovo che sembra riflettere la performance particolarmente positiva mostrata da questo comparto nell’ultimo periodo”. Bene ricordare che gli adeguamenti salariali sono solitamente parametrati non all’inflazione reale ma a quella “programmata”, ossia indicata dal governo, che è regolarmente inferiore a quella effettiva. In passato Confindustria ha sempre sostenuto che l’inflazione è l’unico fattore che giustifichi aumenti salariali.
Le retribuzioni contrattuali nella media annua del 2022 dovrebbero crescere dello 0,8%. Lo segnala l’Istat. Per ora l’inflazione acquisita per l’anno è al 5,2%. “Nel primo trimestre del 2022 – scrive l’Istat – la crescita delle retribuzioni contrattuali rimane contenuta. La durata dei contratti e i meccanismi di determinazione degli incrementi contrattuali seguiti finora hanno determinato un andamento retributivo che, considerata la persistenza della spinta inflazionistica, porterebbe, nel 2022, a una perdita di potere d’acquisto valutabile in quasi cinque punti percentuali”. Alla fine di marzo 2022, sottolinea l’Istat, i 39 contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica riguardano il 44,6% dei dipendenti – circa 5,5 milioni – e corrispondono al 45,7% del monte retributivo complessivo. Nel corso del primo trimestre 2022 sono stati recepiti 5 contratti: scuola privata religiosa, cemento, calce e gesso, edilizia, mobilità – attività ferroviarie e Rai. I contratti che, a fine marzo 2022, sono in attesa di rinnovo salgono a 34 e coinvolgono circa 6,8 milioni di dipendenti, il 55,4% del totale. Il tempo medio di attesa di rinnovo per i lavoratori con contratto scaduto, tra marzo 2021 e marzo 2022, è aumentato da 22,6 a 30,8 mesi, mentre per il totale dei dipendenti diminuisce lievemente (da 17,7 a 17,0 mesi).
Ieri il presidente di Confindustria aveva definito “un ricatto” la proposta del ministro del Lavoro Andrea Orlando di subordinare l’erogazione di sussidi alle imprese (pagati con soldi pubblici) a rinnovi contrattuali che contemplino aumenti salariali. Oggi Bonomi rincara la dose: “La nostra posizione è ridicola? Io aspetto di avere dal ministro una proposta migliorativa. Se fa una proposta, noi siamo disponibilissimi a guardarla. Numeri alla mano però”, dice il presidente di Confindustria, ribadendo che per Confindustria “non c’è altra strada” per “mettere più soldi in tasca agli italiani e rendere competitive le aziende” se non quella del taglio del cuneo fiscale-contributivo, e non quella della detassazione degli aumenti”.
Bonomi, che attraverso una lunga catena societaria controlla il 4,5% di Synopo, piccola azienda che commercializza apparecchi biomedicali, prosegue: “chi dice di far pagare meno l’aumento salariale è gente che non ha mai frequentato un giorno in fabbrica, soprattutto in questo periodo”. Oggi, secondo Bonomi “bisogna mettere soldi in tasca agli italiani, ma la strada non è quella della detassazione degli aumenti salari. Con l’aumento dei costi delle materie prima nelle aziende non c’è più spazio per gli aumenti salariali”. La proposta di Confindustria è per un “taglio serio e forte, da 16 miliardi” del cuneo contributivo, e che vada “per due terzi ai lavoratori e un terzo alle imprese”, a favore dei lavoratori “mettiamo sul tavolo una quota che sarebbe di nostra competenza”. E per i dipendenti in media significherebbe avere “1223 euro in più, una mensilità in più per tutta la vita lavorativa”.
“Speriamo che Bonomi non pensi di far arrestare i sindacalisti che in modo reazionario chiedono aumenti salariali. Siccome alcune sue aziende stanno in Russia non vorremmo che il clima della guerra avesse coinvolto anche il presidente di Confindustria. Chiedere aumenti salariali e chiedere condizioni migliori per gli italiani fa parte di un percorso di civiltà del Paese”. Così il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, arrivando al ministero del Lavoro per l’incontro sui navigator, risponde al “ricatto” di cui ha parlato il numero uno di Confindustria tra gli aiuti alle imprese e l’aumento dei salari. “Il dato concreto è che la massa salariale è calata in modo drammatico dal 2020 e il rialzo dell’inflazione abbatte il potere d’acquisto. È indubbio che c’è il problema di sostenere redditi, salari, pensioni, a partire da quelli più bassi”. Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. E sul duro scambio tra il presidente di Confindustria e il ministro del Lavoro, Landini risponde che è un “elemento serio porsi il problema di come aumentiamo i salari e di come condizioniamo gli aiuti pubblici a sostegno delle imprese non solo per aumentare i salari ma anche per evitare licenziamenti e per creare occupazione in più”. Secondo il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra “Non è il momento delle polemiche o dei bracci di ferro. Il patto sociale è la strada per affrontare questa fase difficile e complicata”.
Nella scia di Bonomi si infila Federico Iadicicco presidente dell’Associazione Nazionale per l’Industria e il Terziario: “In merito al dibattito tra governo, imprese e sindacati sul tema dei salari e sull’ipotesi di rivedere al rialzo gli stipendi, come Anpit riteniamo sia il tempo di costruire un percorso di pace sociale. È evidente a tutti che l’inflazione che stiamo sopportando non è dovuta ad un aumento della domanda ma dall’impennata dei costi delle materie prime. Questo significa che non si può immaginare di aumentare le retribuzioni, perché ciò scaricherebbe sulle imprese un ulteriore costo che le aziende attualmente non posso sostenere”.