Alcuni giorni fa mi trovavo in una delle piazze più vaste d’Italia, a Carpi, proprio di fronte al teatro comunale dove alcuni mesi fa è stata inaugurata una panchina rossa intitolata a Pina Caruso e Barbara Cuppini, due donne vittime di violenza. Un signore di origine pachistana si è seduto accanto a me sulla panchina e fissando i passanti ha detto: “L’Europa ha rovinato la nostra ‘razza’, non ci sono più le ragazze di una volta che portavano rispetto per i genitori e orgoglio per la famiglia. La libertà che ci offre questo paese sta danneggiando la nostra cultura e religione: le donne che una volta portavano con orgoglio il velo, oggi non fanno altro che i video su Tiktok, truccandosi e indossando vestiti corti. Che cosa vogliono dimostrare? È per questo che poi vengono uccise dai genitori: quando non segui gli ordini di un padre lo meriti, è così che deve essere, no?”.
Sbalordito da queste affermazioni cerco di capire a cosa si riferisca. Proprio in quel momento vedo passare un gruppo di ragazze pachistane e indiane vestite da “europee” di ritorno da scuola, che si erano fermate a fare una passeggiata in centro. Non credo che loro debbano essere costrette a rappresentare la nostra “cultura”: essendo cresciute in Italia, hanno pieno diritto di abbracciarne un’altra. Rispondo al signore con un sorriso sforzato e un po’ infastidito – sia dal suo comportamento che dalla degenerante qualità della conversazione – decido di interrompere questo dialogo indesiderato con un saluto proseguendo la mia passeggiata.
In una società patriarcale e maschilista come quella pachistana, molti uomini sono terrorizzati della libertà delle donne e, pur di ostacolarle, si passa ad azioni ignobili, fino a togliere la vita stessa. Hina Saleem, Sana Cheema e poi Saman Abbas, tre ragazze che volevano vivere in piena libertà la loro vita, vittime del delitto d’onore, uccise perché volevano scappare dai matrimoni forzati e sposarsi con gli uomini che amavano, tutte e tre pachistane cresciute in Italia.
Cosa sono i matrimoni forzati? A che cosa serve la ‘Legge Saman’?
Nella cultura pachistana il matrimonio è molto spesso un’unione tra due famiglie basata puramente su questioni economiche e socioculturali, anche senza il consenso degli sposi. Se questi ultimi si ribellano alla decisione presa dai genitori e da altri membri della famiglia, le conseguenze posso essere terribili. Quando uno dei loro figli, cresciuto in Italia, resiste davanti ai genitori per la propria libertà, specialmente quella di amare e sposare la persona che ama, può subire maltrattamenti ed essere sottoposto a pressione psicologica da parte dei genitori in nome dei cosiddetti “valori”. Si rischia anche che i genitori non lo lascino più studiare e lavorare, ignari dal fatto che studiare e lavorare non è una libertà ma un diritto fondamentale della persona.
Quando parliamo dei pachistani che vivono in Italia, parliamo di migranti economici che arrivano dalle zone rurali, in cerca di una “vita migliore” ed economicamente stabile. Cosa vuol dire “vita migliore” per chi arriva dalle zone rurali del Pakistan? Per loro vivere una vita economicamente e socialmente stabile, e far crescere figli in piena libertà, non è molto importante: la priorità è guadagnare dei soldi da spedire in Pakistan, per costruire una grande casa di tanti piani nel loro villaggio o città natale. Questo per far capire alle persone del posto quanto sono diventati potenti e ricchi andando in Europa. Alcuni di loro non andranno mai a vivere nelle case costruite con il guadagno di un’intera vita.
Invece la situazione nelle grandi città pachistane come Lahore, Islamabad e Karachi presenta uno scenario piuttosto diverso e in qualche senso all’avanguardia per quanto riguarda la lotta della libertà per le donne. In questi ultimi anni abbiamo avuto modo di assistere a diversi fenomeni di sensibilizzazione. Le attività culturali e diverse manifestazioni come “Aurat March”, la marcia a favore dei diritti delle donne, hanno portato vari cambiamenti a livello legislativo. Uno di questi è la modifica della legge contro i “delitti d’onore”: è stata eliminata una scappatoia nella legge esistente che consentiva agli assassini di tornare liberi se perdonati dai familiari della vittima.
Spesso il dilemma dei matrimoni forzati si traduce in nozze tra cugini per ragioni di interesse sui beni: è anche un modo per aiutare uno zio o una zia promettendo la propria figlia al loro figlio per ‘sistemarlo’ in Europa. Non importa se l’uomo sia più anziano della loro figlia, come è successo a Saman, che il padre voleva dare in sposa a un uomo più grande di lei. Altro elemento: bisogna sposarsi all’interno della propria casta.
Purtroppo il fenomeno dei matrimoni forzati e il delitto d’onore non spariranno totalmente dalla società italiana: lo stesso accade in Gran Bretagna – dove attualmente vive la terza generazione di pachistani emigrati – in cui secondo The Guardian ogni anno si stima avvengano dai 12 ai 15 cosiddetti delitti d’onore all’interno della comunità.
Ma possiamo salvare tante vite con l’aiuto dello Stato italiano e assicurare alla giustizia chi commette questi reati. Soprattutto c’è bisogno del rilascio immediato del permesso di soggiorno alla vittima che denuncia il reato di matrimonio forzato, così che possa svincolarsi dalla famiglia d’origine e non debba più tornare dai genitori per mendicare i propri documenti rischiando la vita, come è successo a Saman.
Grazie all’impegno della onorevole pentastellata Stefania Ascari, la “Legge Saman”, che prevede il rilascio del permesso di soggiorno alle vittime di matrimoni forzati, ha incassato il suo primo sì alla Camera con 385 voti favorevoli, nessun voto contrario e le 31 astensioni dei deputati di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, la stessa Meloni che pochi anni fa in un video – pronunciando male il nome di Sana Cheema – chiedeva giustizia per la ragazza italo-pachistana uccisa a Gujrat. Ora si spera che venga calendarizzata e approvata in Senato. La legge aiuterà anche le ragazze ancora costrette a vivere con i genitori e a subire gli ordini, perché sanno quanto è difficile ottenere un permesso di soggiorno da sole con la burocrazia italiana.
Le seconde generazioni sono costrette a portare avanti il peso della cultura tradizionalista pachistana di cui non fanno parte, una cultura molto diversa da quella italiana dove sono nate e cresciute. E la legge Saman sarà una luce nel buio per loro.
Foto di Rida Shah ©