Una “censura” come sostengono da sinistra, dal M5s e dal centrodestra? O l’applicazione pedissequa di un regolamento approvato dall’amministrazione precedente guidata da un 5 Stelle, Filippo Nogarin e mai toccato dai suoi successori del Pd? Il caso del professore dell’università Luiss Alessandro Orsini, che all’improvviso si è ritrovato senza il teatro sul cui palco avrebbe dovuto parlare di Ucraina, arriva nel consiglio comunale di Livorno. Tutte le opposizioni, da sinistra e da destra, se la prendono con la giunta di centrosinistra del sindaco Luca Salvetti. Il primo cittadino nell’aula consiliare di Palazzo Civico ha riportato la ricostruzione consegnata dalla Fondazione Goldoni, società partecipata al cento per cento dal Comune, spiegando in pratica che i vertici dell’ente teatrale – quando hanno chiuso l’accordo per l’affitto del teatro per circa 3mila euro – non avevano capito né che la Seif era la società editrice del Fatto Quotidiano né che nell’appuntamento con Orsini si sarebbe parlato di Ucraina e di politica internazionale. “Stranamente – è stata l’allusione del sindaco, che tra l’altro ha definito più volte Orsini ‘giornalista’ – all’inizio non è stato dato il titolo” del monologo.
Tra le altre cose Salvetti ha anche precisato che quello di Orsini non si può nemmeno definire spettacolo “perché non ci sono le ballerine“. Ad ogni modo il sindaco ha spiegato che lo stop da parte del direttore artistico del teatro è arrivato in forza di un regolamento approvato ai tempi in cui il governo della città era in mano ai 5 Stelle. Nel 2017 infatti fu previsto un regolamento (definito “molto preciso”) che vietava iniziative che si occupassero di politica, compresa quella economica e internazionale. Un regolamento che la nuova amministrazione di centrosinistra – che governa la città dal 2019 – non ha ritenuto di modificare o eliminare. Per contro ci sono stati anche di recente eventi in cui hanno partecipato politici di livello nazionale come il ministro Andrea Orlando (ma in quel caso – è stata l’obiezione – si parlava della storia del Pci e non di attualità) o esponenti locali della Lega, anche se in una sala laterale del teatro, la cosiddetta “Goldonetta” o non politici che parlavano di politica (Renzusconi, monologo di Andrea Scanzi e quindi anche in quel caso “senza ballerine”). Salvetti si è comunque detto disponibile a organizzare un dibattito “con i termini giusti e con la possibilità di creare un confronto”, in un “ambiente neutro“.
Meno neutro è apparso l’assessore alla Cultura della sua giunta, Simone Lenzi che ha assicurato di aver saputo delle decisioni del teatro solo dopo che erano state già assunte ma anche tenuto a precisare già all’inizio del suo intervento che “per religione” non legge il Fatto Quotidiano, trasformando il nome della testata – tale il contributo istituzionale – in Fatto Putiniano. Ad ogni modo il pensiero di Lenzi è che Orsini è un “propagandista di Putin“, che non gli “dispiace che non lo si veda in teatro” ed è giusto che non parli al Goldoni perché “non si trattava di un dibattito” ma di “uno spettacolo a pagamento che specula su una tragedia“.
Al dibattito in consiglio comunale hanno partecipato quasi solo i consiglieri di opposizione, di tutti gli schieramenti. Aurora Trotta (Potere al Popolo) ha ricordato per esempio che in quel teatro “ha parlato la qualunque” e che nonostante non condivida la maggior parte delle posizioni di Orsini questa decisione nasce “un atteggiamento da censura insensato oltre che grave“. Per Valentina Barale (Buongiorno Livorno, civica di sinistra) il teatro dovrebbe essere “un luogo di confronto, di apertura, di scambio”. Stella Sorgente (ex vicesindaco, M5s) ha ricordato che Orsini non è un politico e che viene censurato il monologo di un professore universitario in un teatro. Carlo Ghiozzi (Lega) ha sottolineato che quello che è successo è che “non si è data la parola a un professore universitario perché avrebbe parlato contro la Nato o teoricamente avrebbe esposto una linea differente dalle altre ma allora per lo stesso motivo non sarebbe potuta intervenire oggi qui la consigliera Trotta”. Secondo Andrea Romiti (Fratelli d’Italia) si censura un professore universitario che “si dichiara di sinistra pubblicamente in televisione e che però pesca nell’elettorato del Pd e lo mette in crisi in quella parte che non è con la Nato”.
Per la maggioranza ha parlato il capogruppo del Pd Paolo Fenzi che ha specificato che da parte dei dem livornesi “censure non sono arrivate” (come se non dovesse essere la normalità). Fenzi, peraltro, nel merito della cancellazione dell’evento a teatro con Orsini, non ha ritenuto di esprimere alcuna opinione: da una parte ha replicato a un titolo di prima pagina che però non si riferiva alla vicenda di Livorno ma sintetizzava due fatti diversi (quello del Goldoni, appunto, ma anche l’iniziativa di Pd e Iv in Parlamento sull’interessamento di Copasir e Vigilanza Rai sugli ospiti nei talk show) e dall’altra ha preferito fare una sorta di analisi del sangue del Fatto Quotidiano accusandolo di “manicheismo strisciante per cui da una parte c’è il bene da una parte c’è il male”, laddove il bene sarebbe Orsini “che dice tutte le cose giuste” mentre dall’altra Pd e Italia Viva “che sarebbero l’impero del male che non lo fanno parlare”. “Non è così – dice Fenzi – Siamo sicuri che sia necessario in questo senso che per risolvere i conflitti bisogna aprire al dialogo e al confronto”. Ma, eventualmente, non al Goldoni.