Si allontana sempre di più il giorno in cui i piemontesi potranno essere curati nei nuovi ospedali di cui si parla da vent’anni. Sono stati chiamati “Città/Parco della Salute”, da tempo appaiono sempre più monumenti all’inconcludenza sprecona e nociva. A Torino il progetto originario, quello approvato e finanziato dal Ministero della Salute, si chiama Parco della Salute, della Didattica, della Ricerca e dell’Innovazione: prevedeva la realizzazione di un grande polo che comprendesse l’Ospedale Molinette, l’ospedale infantile Regina Margherita e l’adiacente Ospedale S. Anna (Ginecologia e Ostetricia); restava fuori CTO (Centro Traumatico Ospedaliero). Infinite le contrattazioni sui posti letto, oggi se ne prevedono 1044 in totale, ma intanto dal progetto sono state smembrate parti considerevoli: l’Ospedale Infantile Regina Margherita resterà dov’è adesso, lo stesso per una buona parte del Sant’Anna (con possibile migrazione settimanale degli addetti fra diverse sedi) e per il CTO, destinato a diventare un Trauma Center regionale.
Insomma, pezzo dopo pezzo il progetto è stato completamente stravolto e ancora non si è mosso neanche un mattone. Di questi giorni la presa di posizione dell’Ordine dei Medici. Facile immaginare cosa succederà se mai i cantieri dovessero davvero partire. Queste continue giravolte della politica piemontese generano allarme perfino fra i più ardenti sostenitori di chi le ha svolte. Anche il Ministero, a fronte di un progetto che non ha più nessuna coerenza con quello finanziato, potrebbe decidere di rivedere i 250 milioni impegnati. Soprattutto qualche apprensione comincia a serpeggiare fra i privati che con il project financing si sono candidati a realizzare l’opera (quale?) in cambio del cofinanziamento ministeriale e di un canone che la Regione pagherà loro per gli anni necessari a rientrare dall’investimento operato. Quando venne bandita la gara vennero ammessi alla fase successiva – il dialogo competitivo preliminare alla progettazione vera e propria – tre raggruppamenti di impresa. Uno di questi (Gruppo Gavio) si è già ritirato, ne sono rimasti due, entrambi a bagnomaria.
Se Torino piange, Novara si dispera. Della Città della Salute destinata a servire il Piemonte Orientale mi sono occupato diffusamente su questo blog ricavandone perfino due querele, una archiviata, l’altra in corso. Dopo infinite traversie, la gara d’appalto che avrebbe potuto avviare la progettazione e poi i cantieri è andata deserta, sono scappati tutti i sette possibili concorrenti: l’investimento è poco redditizio, dicono. E dire che il pacchetto sembrava appetitoso: costo totale della costruzione 320 milioni (al netto delle attrezzature medico-scientifiche), dei quali 5 li mette la Regione, 95 lo Stato e 220 milioni i privati che costruiscono e gestiscono per 17 anni il tutto, a fronte del pagamento di un canone di 30 milioni l’anno. Così è di nuovo tutto fermo, in attesa che il Nucleo di Valutazione Nazionale approvi la richiesta di variazione del progetto con una integrazione ai costi di 99 milioni. Così arriviamo a 419 milioni e neanche un mattone è ancora stato mosso. Il numero di posti letto previsti è rimasto invariato: 671.
C’è però un problema, grosso come un ospedale, che rischia di mandare tutto definitivamente con le gambe all’aria. Raffrontando i dati contenuti nello Studio di fattibilità della Città della Salute di Torino con quelli dell’omologo novarese emerge una situazione non proprio “normale”. Per quanto riguarda la Città della Salute torinese, infatti, la gara in corso per l’affidamento della concessione per la progettazione, realizzazione e gestione riguarda solo uno dei quattro poli che comprendono l’intervento globale, quello della Sanità e della formazione clinica, con una superficie pari a 127 mila mq, dei quali 122 mila per la parte sanitaria ospedaliera vera, su cui verranno realizzati 1.044 posti letto e 5mila per la didattica e la formazione clinica. Il costo di questo primo lotto è pari a 401.811.042 euro, così che ogni posto letto occuperà una superficie pari a 117 mq (122.000/1044) e avrà un costo di realizzazione di 384.876 euro (401.811.042/1044).
La Città della Salute di Novara, invece, avrà una superficie netta totale pari a 163.102 mq, di cui 125.301 per l’area sanitaria ospedaliera, su cui verranno realizzati 671 posti letto, e 26.866 per la didattica e l’Università. La restante superficie, pari a 10.935 mq, è destinata alla direzione ospedaliera (4.809 mq), all’area commerciale (1.090 mq), all’asilo nido (530 mq), all’area tecnica a supporto (3.297 mq) e all’incubatore (1.209 mq). Il costo previsto per la realizzazione dell’opera, fino all’indizione della gara per l’affidamento della concessione per la progettazione, realizzazione e gestione del nuovo ospedale, è pari a 320.290.000 euro, oltre ai 99 milioni di aumento appena riconosciuto. Sulla base dei dati esposti, che come detto sono stati tratti negli atti adottati fino ad oggi, si ha che a Novara ogni nuovo posto letto previsto occuperà una superficie pari a 187 mq (125.301/671) e avrà un costo di realizzazione superiore a 477.322 euro (320.290.000/671).
Dunque il paziente torinese – se mai la politica deciderà di smetterla di chiacchierare per cominciare a fare quello che i cittadini aspettano da vent’anni – potrà attendersi il ricovero in comodi letti a castello, mentre i più fortunati novaresi saranno alloggiati in letti “alla francese”, grosso modo una volta e mezzo quelli singoli. Possibile che i progettisti e la Regione – che nomina anche i direttori generali di ASL e ASO – non siano neppure stati in grado di stabilire degli standard da rispettare nello stabilire i canoni della sanità del futuro? Qualcuno di loro si è accorto che – almeno nei conti sulla carta, visto che in realtà non c’è nulla – i due ospedali finiscono per costare uguale a fronte del fatto che Torino ha un numero di posti letto del 40% superiore a Novara?
Quello del nuovo ospedale di Novara è un progetto vecchio che risale ai primi anni Duemila. Nel frattempo è cambiato il mondo, ma invece di aggiornarlo l’unica cosa che sa fare l’Assessore alla Sanità del Piemonte è metterci sempre più soldi. Tanto quando sarà ora di pagare toccherà ai Piemontesi; delle responsabilità, sue e di chi l’ha preceduto, si saranno perse tracce e memoria.