La Commissione europea ritiene in via preliminare che Apple si sia resa responsabile di un abuso di posizione dominante limitando l’accesso alla tecnologia che è alla base del sistema di pagamento elettronico mobile Apple Pay. Secondo la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager, le informazioni finora raccolte indicano che Apple avrebbe violato le regole europee a danno di potenziali concorrenti impedendogli di sviluppare altri sistemi di pagamento elettronico che utilizzino dispositivi Apple. Nel caso in cui le accuse venissero confermate, Apple potrebbe pagare una sanzione pari fino a un massimo del 10% dei suoi ricavi globali che lo scorso anno sono stati pari a 366 miliardi di dollari (350 miliardi di euro). La notizia era stata anticipata lo scorso 29 aprile dal quotidiano londinese Financial Times.
“Abbiamo indicazioni che Apple abbia limitato l’accesso di terze parti alla tecnologia chiave necessaria per sviluppare soluzioni di pagamento digitale sui dispositivi Apple”, ha scritto in una nota Margrethe Vestager. Apple ha affermato che continuerà a collaborare con la Commissione aggiungendo di aver progettato il sistema “Apple Pay è solo una delle tante opzioni a disposizione dei consumatori europei per effettuare pagamenti e ha garantito un accesso equo all’NFC definendo standard leader del settore per la privacy e la sicurezza”.
L’indagine sul sistema di pagamento è partita la scorso giugno. La mossa arriva a pochi giorni dall’accordo in trilogo sul Digital Service Act, il nuovo regolamento per i servizi digitali che aumenterà le responsabilità delle piattaforme digitali sulla sorveglianza dei contenuti illegali online, e sul Digital Markets Act, progettato per frenare il potere di mercato dei gruppi Big Tech. Apple è sotto scrutinio di Bruxelles anche in relazione al funzionamento del suo App Store prendendo il 30% di alcune quote di abbonamento mentre nega ad alcuni servizi la possibilità di dire agli utenti che ci sono altri modi per eseguire l’aggiornamento. Questo caso è stato aperto dopo che il servizio di streaming musicale Spotify si è lamentato con la commissione più di due anni fa.