Due i piani nella mente del Cremlino: il 'piano A' è il referendum per l’indipendenza dall’Ucraina, il 'piano B' l’annessione della città alla Crimea, senza passare per la consultazione. Non è ancora chiaro quanto la resistenza degli abitanti di Kherson e gli insuccessi sul campo abbiano convinto la Federazione a rivedere la sua strategia, optando al momento per la seconda opzione
La stella rossa, simbolo della Cccp, è stata affissa vicino al comando di polizia di Kherson, nell’Ucraina meridionale, dove dal 1 maggio dovrebbe cominciare a circolare il rublo. Simboli di un passato che ritorna o forse del futuro della città che presto potrebbe essere annessa alla Federazione russa. Il ‘piano A’ delle intenzioni russe su Kherson è il referendum per l’indipendenza dall’Ucraina. Il ‘piano B’ l’annessione della città occupata dai russi alla Crimea, senza passare per la consultazione. Al momento sembra escluso che Mosca possa restituire la città a Kiev. Secondo fonti dell’intelligence britannica “il controllo su Kherson permette alla Russia di avere maggiori possibilità di avanzata verso Nord (verso Mykolaiv, ndr) e Ovest (verso Odessa, ndr) e rende più sicure le posizioni russe in Crimea”.
Non è ancora chiaro quanto la resistenza degli abitanti di Kherson e gli insuccessi sul campo abbiano convinto il Cremlino a rivedere la sua strategia, optando appunto per il secondo piano: annessione diretta senza referendum. Secondo Vadym Skibitsky, rappresentante dell’intelligence militare di Kiev, la resistenza di Kherson sta ostacolando la strategia russa, ma Vladimir Putin non ha ancora accantonato l’obiettivo della consultazione. “Il presidente russo deve dimostrare il suo successo entro il 9 maggio. Farà del suo meglio per far svolgere con ogni mezzo un referendum per dire che il popolo di Kherson ha proclamato la Repubblica popolare di Kherson e vuole ricongiungersi alla Russia”, assicura Skibitsky.
Del referendum a Kherson si parla da inizio marzo, cioè dai primi giorni di occupazione. Le forze russe, entrate in città, hanno costituito nell’immediato un Comitato di salvezza per la pace e l’ordine, lasciando intendere che il destino della città avrebbe seguito quello delle Repubbliche di Donetsk e Luhansk. I cittadini di Kherson hanno iniziato da subito a manifestare contro una possibile consultazione, fino a quando i soldati russi non sono passati dalla fase dell’occupazione a quella della repressione, disperdendo i manifestanti con la forza.
Per due mesi e mezzo, gli occupanti hanno lasciato che il sindaco eletto, Igor Kolykhaiev, continuasse a svolgere le sue funzioni, sotto il controllo russo. Si sono presi il tempo per portare avanti una riorganizzazione amministrativa della città e pianificare, appunto, il referendum. La consultazione era prevista, secondo fonti dell’esercito ucraino, per il 27 aprile. L’intelligence britannica aveva confermato questa possibilità. La classe dirigente ucraina, allarmata dalla possibilità della consultazione, ha fatto del referendum a Kherson la linea rossa dei negoziati. “Se la Russia dovesse annunciare uno pseudo-referendum nelle pseudo-repubbliche, l’Ucraina non prenderà parte ad alcun processo negoziale”, aveva dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Due giorni prima della presunta data della consultazione gli occupanti russi sono entrati nel palazzo comunale, hanno tolto i simboli ucraini, come la bandiera e lo stemma di Kiev, e hanno deposto il sindaco. Al suo posto è stato scelto dai russi Aleksandr Kobez. Come nuovo governatore è stato nominato invece Volodymyr Saldo, ex sindaco di Kherson che fino a metà marzo su Facebook scriveva “Kherson è Ucraina”. Kirill Stremousov, invece, è stato posto come vicepresidente dell’amministrazione militare e civile della regione. Una figura definita nel 2021 da Detector Media “attivista filorusso, cospirazionista e novax”.
Nello stesso giorno è arrivata una smentita da parte russa del referendum a Kherson. “Non ho sentito nulla di questo genere”, ha affermato il vice ministro degli Esteri, Andrei Rudenko, rispondendo a una domanda sull’eventualità di una consultazione. Il 27 aprile, in effetti, non c’è stato alcun voto. Gli abitanti di Kherson però sono scesi simbolicamente in piazza per protestare contro l’occupazione: sono stati lanciati lacrimogeni per disperdere i manifestanti. Secondo Meduza, che ha citato tre fonti vicine al Cremlino, il referendum era previsto effettivamente per fine aprile, ma è stato rimandato a causa “degli insuccessi delle forze russe al fronte”. Le fonti indicano come nuova data il 14 o 15 maggio, ma non escludono che la consultazione possa slittare nuovamente.
Il funzionario designato dai russi, Kirill Stremousov, ha smentito la ricostruzione. “Il referendum per proclamare una repubblica autonoma filorussa a Kherson per ora non si farà”, ha detto Stremousov a Ria Novosty. E ha definito “impossibile” un ritorno della città occupata sotto l’Ucraina: “Kiev non avrà più modo di imporre le sue politiche naziste in città, reprimendo la sua popolazione e la sua lingua”. Nella stessa occasione il funzionario ha anche annunciato l’introduzione in città del rublo russo dal primo maggio. Un passaggio che, sempre secondo le parole di Stremousov, richiede quattro mesi in cui circoleranno insieme il rublo e la grivnia ucraina. Al termine dei quattro mesi Kherson passerà alla moneta russa. Il nuovo governatore, Volodymyr Saldo, invece, ha annunciato successivamente a Ria Novosty che Kherson sta per essere staccata dal sistema bancario ucraino.
Dopo queste dichiarazioni e il cambio dei vertici a Kherson, è iniziata a circolare la nuova ipotesi circa il destino della città occupata: un’annessione diretta alla vicina Crimea. A dare voce, per primo, a questa possibilità è stato l’ex sindaco di Kherson, Igor Kolykhaiev. La sua ricostruzione ha trovato riscontro nelle parole del deputato alla Duma per la Crimea, Mikhail Sheremet, che ha parlato di un ritorno ai confini imperiali del Governatorato della Tauride.
Tra il piano A e il piano B dei russi su Kherson c’è il destino degli abitanti della città occupata, che prima del 24 febbraio contava quasi 300mila residenti. Secondo la Cnn, in tantissimi sono fuggiti nelle settimane tra la fase 1 e la fase 2 del conflitto in Ucraina. In quei giorni infatti i posti di blocco attorno alla città erano diventati più facili da superare, rispetto ai primi giorni di occupazione, quando i russi tenevano il centro abitato in una morsa. “La gente è fuggita a piedi, in bicicletta, con qualsiasi mezzo abbia avuto a disposizione pur di lasciarsi alle spalle l’occupazione russa”, riporta la Cnn. Subito dopo la Pasqua ucraina, celebrata quest’anno il 24 aprile, lasciare Kherson è diventato di nuovo impossibile: i posti di blocco sono tornati ad aumentare e i militari, posti a presidiarli, vietavano il passaggio ai civili. Chi ha potuto è fuggito, chi è rimasto ora si trova in una città il cui futuro sembra essere sempre più distante da Kiev, anche se nella periferia continua incessante una controffensiva delle forze ucraine per riprendere la regione.
La controffensiva in questi giorni si è trasformata in una nuova battaglia d’informazione. Dopo il caso dei missili Tochka-U sul centro cittadino, Mosca è tornata infatti ad accusare Kiev di un nuovo attacco ucraino nella regione di Kherson. Il ministero della Difesa russo ha parlato di “un attacco mortale, effettuato da nazionalisti ucraini, che ha preso di mira una scuola e un asilo nido nella regione di Kherson, con morti e feriti tra i civili”. I siti ucraini, come Gazeta.ua, affermano il contrario: l’attacco sarebbe avvenuto per mano russa, secondo quanto dichiarato dall’amministrazione comunale del paese colpito, cioè Kyselivka.
Zelensky ha rinnovato la sua fiducia nel successo della controffensiva. “Libereremo Kherson”, ha promesso. Ma la chiusura del porto decisa dal ministero delle Infrastrutture ucraino, l’introduzione del rublo, la nuova amministrazione filorussa, la stella rossa vicino al comando di polizia, la statua di Lenin nel centro di Nova Kakhovka stanno dando ai cittadini di Kherson la percezione di essere sempre più isolati e vicini a Mosca. Un sentore su cui sta pesando la disconnessione della rete Internet e dei cellulari. Nelle chat Telegram e Viber, chi riesce a connettersi, a fatica, non parla d’altro. La connessione web si è già trasformata in un nuovo campo di battaglia. Mosca accusa l’Ucraina. “Kiev ha privato gli abitanti della regione di Kherson delle comunicazioni mobili e di Internet, abbandonando così con aria di sfida questi territori”, ha dichiarato il consigliere per le politiche d’informazione della Crimea, Oleg Kryuchkov. Ma i canali locali di Kherson non ci credono: “È una provocazione, vogliono farci credere che l’Ucraina abbia abbandonato Kherson, ma noi non ci caschiamo, Kherson è Ucraina”.