C’è un filo sottile che unisce migliaia di pagine di inchieste sul riciclaggio di denaro, rivelazioni giornalistiche sui presunti legami tra Donald Trump e la Russia, i board di società produttrici di armi e di studi legali ciprioti e che mostra la lunga mano della Federazione russa, capace di spingersi, anche in tempo di sanzioni, fino agli stand di una fiera delle armi di Verona, l’Eos Show in corso dal 30 aprile al 2 maggio. Da qui si deve partire per ricollegare i capi: da una delle aziende arrivate nella città veneta per esporre a pubblico e investitori le proprie armi tra i 60mila metri quadrati dedicati all’evento. Si tratta della Arsenal Firearms srl, con sede a Concesio, in provincia di Brescia. Cliccando sul link al sito aziendale inserito nel portale della manifestazione, non si fatica a individuare il volto della compagnia: è quello di Dmitri Strechinski, finanziere e collezionista di armi russo che nel 2010 ha fondato l’azienda insieme al progettista Nicola Bandini e con l’aiuto della moglie, Syuzana Strechinskaya.
Strechinski, però, non è un semplice appassionato di armi che ha deciso di investire i suoi risparmi in questo settore. Il suo nome, secondo quanto riferito dalla Abc, compare nell’inchiesta del procuratore speciale per le indagini sul Russiagate, Robert Mueller, sull’interferenza russa nelle elezioni presidenziali del 2016 che coinvolse la campagna elettorale di Donald Trump. Nel dossier, Strechinski viene presentato come un “un ex soldato delle forze speciali russe diventato produttore e venditore d’armi” e fonti sentite dalla testata americana rivelano che il russo ha agito come partner di Erik Prince, fondatore della controversa compagnia di contractor americana Blackwater e anche lui coinvolto nell’inchiesta sul Russiagate, nel tentativo di assicurarsi un possibile illegale contratto di sicurezza privata con l’Azerbaigian che prende il nome di “Project Zulu”. Un accordo fallito, ma che avrebbe dovuto fruttare ai due 21 milioni di dollari a testa.
In un rapporto dello Unodc, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine, Strechinski viene anche indicato come colui che ha “costituito una società offshore, la Global Technologies Limited, registrata a Panama ma con un ufficio a Kiev. Ha acquisito armi da Progress, una sussidiaria della società di esportazione di armi di proprietà statale ucraina Ukrspetseksport, utilizzando certificati falsi per utenti finali dal Marocco e dall’Egitto. Nonostante gli avvertimenti del Servizio di Sicurezza dello stato ucraino (Sbu), entrambe le licenze di esportazione sono state concesse”. Tra il 1992 e il 1994, però, in piena guerra nella ex-Jugoslavia, “le armi furono spedite in Croazia. La seconda spedizione (con il cargo poi diventato famoso con il nome Jadran Express, ndr) è stata intercettata dalla marina italiana a causa di una soffiata della Sbu”. Il carico della Jadran, si scoprirà anni dopo, comprendeva circa 2mila tonnellate di armi. Lo stesso Strechinski è stato arrestato dalla polizia tedesca nell’autunno del 2000 e subito dopo è stato consegnato alle autorità italiane e processato con l’accusa di traffico illegale di armi. Venne poi condannato in primo grado con rito abbreviato.
I legami che partono dalla Arsenal Firearms e arrivano fino a Mosca, però, non finiscono qui. E si ritrovano soprattutto se si cerca tra alcuni ex membri del board societario della Arsenal Firearms Limited, società nata nel 2010 e con sede a Nicosia, Cipro, dalla quale poi è nata, nel 2016, l’unità locale di Gardone Val Trompia (Brescia) che dal dicembre 2021 risulta chiusa in favore di quella commerciale con sede appunto a Concesio, a pochi chilometri di distanza. Fino a poco tempo fa, ai vertici del gruppo si trovavano non solo i nomi di Strechinski e della moglie Syuzana, ma anche un gruppo di personaggi e aziende ciprioti. Il primo che salta all’occhio è quello di Pampina Votsi, indicata con la carica di direttore e uscita dal board aziendale solo nell’ultimo anno. Basta entrare sulla sua pagina Linkedin per notare che attualmente ricopre l’incarico di Senior Administrator nel famosissimo studio legale Christodoulos G Vassiliades & Co LLC. Non un nome qualsiasi, quello dell’avvocato cipriota, ma Votsi non è l’unico legame tra l’azienda e lo studio legale: entrata in carica come ‘secretary’ nello stesso giorno di Votsi e rimossa nello stesso periodo c’è anche la Ledra Secretaries Limited, costituita nel 1998. E tra i suoi direttori, fin dalla sua nascita, figura proprio Vassiliades.
Per capire l’importanza dei legami tra la Arsenal Firearms e l’avvocato cipriota basta sfogliare le carte dell’inchiesta sui Panama Papers, nelle quali Vassiliades viene accusato di movimenti sospetti di denaro in favore degli oligarchi russi, così come emergono legami tra lui e il governo di Vladimir Putin. Lo spiega bene il giornalista d’inchiesta ed esperto di Open Source, Scott Stedman, che in una sua inchiesta su Medium ha ricostruito anche i legami tra il cipriota e le aziende di Donald Trump. Nel suo lavoro, Stedman spiega che “durante il salvataggio della Banca di Cipro nel 2013, costato miliardi di investimenti agli oligarchi russi, Vassiliades è stato nominato personalmente dall’allora capo della Banca di Mosca, Anton Igorevich Smetanin, azionista della Banca di Cipro. Alla banca russa è stato conferito questo potere come parte di uno sforzo per ‘salvare’ gli investitori russi assegnando loro azioni della banca. La quota dell’8,37% di Vassiliades è stata valutata circa 350 milioni di dollari. I registri mostrano che questa quota è stata ridotta al 5,77% nel 2014″.
Basta questo per dimostrare i legami tra Mosca e Vassiliades. Ma c’è di più. L’avvocato e i suoi uomini sono legati a diversi livelli con l’oligarca russo Suleiman Kerimov, recentemente colpito dalle sanzioni nei confronti dei magnati considerati vicini al Cremlino, e al super boss della mafia russa Semyon Mogilevich. Dal 2009 al 2013, Suleiman Kerimov era azionista del 36% del gruppo Pik. Prima che l’oligarca decidesse di vendere le sue quote, era proprio la fedelissima di Vassiliades, Pampina Votsi, la direttrice del gruppo edile e immobiliare. E quando Kerimov venne arrestato in Francia nel novembre 2017 con l’accusa di frode fiscale e riciclaggio di denaro, il Cremlino ha più volte esercitato pressioni sul governo francese per il suo rilascio.
In tutta questa vicenda, seppur non ricopra un ruolo di primo piano come altri personaggi citati, il vero anello di congiunzione è proprio Votsi. È lei, personaggio di punta dello studio di Vassiliades, a essere presente fino a poco tempo fa nella Arsenal Firearms col ruolo di direttore e ad aver ricoperto posizioni di spicco nei gruppi controllati dall’oligarca Kerimov. Ma c’è un altro collegamento fondamentale che si scopre analizzando il suo profilo. Votsi viene indicata nell’inchiesta sui Panama Papers anche come direttrice della Barlow Investing Ltd, azienda di cui è azionista Galina Telesh, conosciuta anche per essere stata la seconda moglie del super boss della mafia russa, Semyon Mogilevich. E proprio la Barlow, secondo alcuni analisti, verrebbe usata da colui che è considerato uno dei criminali più pericolosi del mondo, in cima alla lista dei ricercati dell’Fbi, per ripulire i profitti della sua attività illecita.
Contattato da Ilfattoquotidiano.it, il team commerciale della fiera Eos Show sostiene di non essere a conoscenza di questi legami e si trincera dietro un “no comment”. Poco dopo, però, dallo stesso numero arriva la chiamata di Silvia Fracassi, amministratrice unica della Arsenal Firearms srl, secondo la quale il link al sito dell’azienda indicato sul portale di Eos è errato perché non rimanda “al nostro sito Arsenal Firearms Italia srl che è completamente distaccato dal vecchio gruppo Arsenal”, spiegando che Dmitri Strechinski “ha ceduto la società quattro anni fa a un signore della Repubblica Ceca. Quindi noi con il signor Strechinski non abbiamo più niente a che fare“, promettendo poi di provare le sue dichiarazioni con l’invio via mail di una visura camerale. Al posto del documento, però, arriva una diffida a “collegare impropriamente la nostra società a nazioni che sono sotto i riflettori a causa dell’attuale situazione geopolitica”.
Questo distacco di cui parla Fracassi, però, non pare così evidente se si analizzano diversi elementi. Intanto, sul sito arsenalfirearms.com che secondo l’amministratrice non è più collegabile all’azienda italiana rimangono ancora in bella vista il simbolo dell’azienda, identico a quella con sede in provincia di Brescia, e soprattutto il link che rimanda al sito italiano, esattamente quello preso come riferimento da Fracassi. E non si tratta di un mancato aggiornamento della pagina web. Perché se è vero che dall’agosto 2017 la proprietà è passata di mano, con una semplice analisi delle vecchie homepage del sito arsenalfirearms.com si può verificare che il link al sito italiano viene inserito tra il 6 dicembre 2018 e il 6 gennaio 2019, circa un anno e mezzo dopo il passaggio di proprietà. La continuità aziendale risulta anche dal profilo Linkedin della stessa Fracassi, che risulta essere Ceo di Arsenal Firearms fin dal maggio 2012.
Ciò che nelle sue dichiarazioni l’amministratrice non dice mai è il nome del nuovo socio unico di Arsenal Firearms srl. Si tratta in effetti di un cittadino di nazionalità ceca: Dmitrij Kosickin. Che sembra essere lo stesso Dmitrij Kosickin, dato che risultano essere nati lo stesso giorno ed entrambi di nazionalità ceca, che secondo il ministero della Giustizia di Praga dal 13 novembre 2015 ricopre la carica di “consigliere delegato” della Arsenal Collection sro registrata presso il Tribunale di Regionale di Pilsen e che si occupa, tra le altre cose, di “acquisto, vendita, trasporto, noleggio e deposito di armi e munizioni”, “servizi di investigazione privata” e “sviluppo, produzione, riparazione, modifica, degrado e distruzione di armi e acquisto, vendita, trasporto, noleggio e deposito di armi e munizioni”. Un ruolo che Kosickin condivide proprio con Dmitri Strechinski, quest’ultimo proprietario anche del 60% delle quote aziendali. Il restante 40%? È in mano a sua moglie Syuzana Strechinskaya.