Scioperano per 24 ore, lunedì 2 maggio, i centomila lavoratori del comparto vigilanza privata e servizi di sicurezza. Il motivo è lo stop ai negoziati di rinnovo del contratto collettivo nazionale – scaduto nel 2015 – dopo il fallito tentativo di conciliazione con le associazioni imprenditoriali di settore, indisponibili a trovare la quadra sull’aumento salariale. La giornata di astensione dal lavoro è stata accompagnata da un corteo in centro a Roma, che è partito intorno alle 10 da piazza della Repubblica e ha percorso via Cavour e i Fori imperiali per concludersi in piazza Madonna di Loreto intorno alle 13.30. I sindacati di categoria, Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, “accendono ancora i riflettori sulla situazione drammatica in cui versa il settore e sullo stato di sofferenza e di profondo disagio dei lavoratori e delle lavoratrici da oltre sei anni senza un aumento salariale, con stipendi insufficienti, di fronte alla costante violazione delle norme di legge e dei contratti anche in tema di salute e sicurezza e alla cronica carenza di tutele adeguate rispetto all’evoluzione del settore”, si legge nel comunicato che convoca lo sciopero. Alla mobilitazione hanno partecipato migliaia di delegati da tutta Italia: “C’eravamo dati l’obiettivo di tremila persone ma l’abbiamo abbondantemente superato”, dice al fattoquotidiano.it Sandro Pagaria, il delegato che ha seguito il tavolo per la Filcams Cgil e la settimana scorsa ha partecipato a un incontro con il ministro del Lavoro Andrea Orlando.
L’ultimo contratto collettivo del settore risale al 2013 e ha incluso per la prima volta – accanto alle guardie giurate – una categoria fino ad allora non regolata, quella dei servizi fiduciari (la vigilanza non armata, che include portieri, custodi e steward). Proprio per questi lavoratori però sono stati contrattati minimi salariali da fame, poco più di quattro euro lordi l’ora: la retribuzione minima di una guardia non armata che lavora full-time è di appena 814 euro al mese, ma i contratti a tempo parziale imperanti nel settore fanno sì che il salario medio senza straordinari non superi i settecento euro (mentre per la vigilanza armata sfiora i 1.300). “Per far emergere un settore che non aveva regole, abbiamo accettato condizioni che non erano ottimali“, ammette Pagaria, “con l’impegno ad affrontare la questione durante la vigenza del contratto, cosa che non è mai avvenuta. Ora chiediamo l’unificazione delle due categorie con un aumento graduale dei minimi, partendo da un livello che comunque non sia al di sotto della dignità, cioè di una somma intorno ai mille euro al mese“. L’ultima proposta dei datori prima che il tavolo saltasse, invece, è stata “un aumento di novanta euro spalmato in quattro anni”. Poi c’è il tema dei continui cambi d’appalto al massimo ribasso che lasciano a casa centinaia di lavoratori: qui la richiesta dei sindacati è di ridurre il divisore che, in base alle ore indicate nel capitolato, identifica il numero di persone che hanno diritto alla clausola sociale, cioè a essere assunti dal nuovo appaltatore (per quanto possibile alle stesse condizioni).
A sponsorizzare la mobilitazione anche le dirigenze nazionali delle sigle confederali. In un tweet, il segretario della Cisl Luigi Sbarra esprime “sostegno” alla protesta di “un settore importante e delicato del nostro Paese, che merita più rispetto dai datori di lavoro e dalle istituzioni”. Mentre la Cgil nazionale scrive in una nota: “Quella vissuta dai lavoratori della vigilanza privata e dei servizi di sicurezza, spesso in appalto, è una situazione indegna per un Paese civile. Purtroppo, dopo una lunga e faticosa trattativa non sono state raggiunte le condizioni minime per sottoscrivere un contratto in grado di garantire diritti fondamentali: dal giusto inquadramento, al rispetto delle norme contrattuali, alla salute e sicurezza, al diritto a salari dignitosi. La responsabilità è delle controparti datoriali e della loro completa indisponibilità. Va immediatamente trovata una soluzione a questa vertenza che costringe, ancora una volta, i lavoratori a scioperare per affermare il diritto a un lavoro dignitoso e riconosciuto. Rimettere il lavoro al centro delle scelte economiche e politiche”, conclude il sindacato di Corso d’Italia, “rinnovare i contratti, introdurre una norma sulla rappresentanza per contrastare il dumping, aumentare i salari e contrastare la precarietà sono le uniche risposte utili per ridurre disuguaglianze e per la crescita del Paese”.
A portare solidarietà agli scioperanti anche il presidente M5S Giuseppe Conte, che ha attraversato il corteo fermandosi a parlare con i lavoratori. “Questa trattativa va avanti ormai da troppo tempo, va trovata una soluzione che dia stabilità e sicurezza lavorativa. Prima di tutto dobbiamo aumentare i salari di questi lavoratori, che sono fra i più bassi di tutti. Il M5S – ha ricordato Conte – si batte senza sosta per l’introduzione di una legge per il salario minimo” perché “la dignità del lavoro non può essere merce di scambio”. “Abbiamo incontrato le lavoratrici e i lavoratori portando la vicinanza del Movimento alle loro rivendicazioni”, fa sapere l’ex ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, senatrice e coordinatrice del Comitato politiche del lavoro del Movimento. “Una lavoratrice domani comincerà lo sciopero della fame in segno di protesta perché percepisce poco più di 900 euro lordi al mese, una paga che non assicura un salario dignitoso come indica l’articolo 36 della Costituzione. Non è possibile che nel nostro Paese ci siano così tanti contratti collettivi scaduti, con 6,8 milioni di lavoratori che attendono il rinnovo oltre che un salario dignitoso, e circa cinque milioni che una paga dignitosa non ce l’hanno proprio e pur lavorando sono poveri”, attacca Catalfo. “Siamo al loro fianco e insistiamo sulla nostra battaglia per rafforzare la contrattazione collettiva, per la detassazione degli incrementi dei rinnovi contrattuali e per la legge sul salario minimo”.
Lavoro & Precari
Vigilanza privata, centomila in sciopero per il rinnovo del contratto scaduto da sette anni: “Salari da fame e assenza cronica di tutele”
A indurre le sigle alla mobilitazione lo stop ai negoziati dopo il fallito tentativo di conciliazione con le associazioni datoriali, indisponibili a trovare la quadra sull'aumento dei salari. Oggi il minimo retributivo per i lavoratori della vigilanza non armata è di poco più di quattro euro lordi l'ora, appena 814 euro al mese, ma i contratti a tempo parziale imperanti nel settore fanno sì che il salario medio senza straordinari non superi i settecento euro
Scioperano per 24 ore, lunedì 2 maggio, i centomila lavoratori del comparto vigilanza privata e servizi di sicurezza. Il motivo è lo stop ai negoziati di rinnovo del contratto collettivo nazionale – scaduto nel 2015 – dopo il fallito tentativo di conciliazione con le associazioni imprenditoriali di settore, indisponibili a trovare la quadra sull’aumento salariale. La giornata di astensione dal lavoro è stata accompagnata da un corteo in centro a Roma, che è partito intorno alle 10 da piazza della Repubblica e ha percorso via Cavour e i Fori imperiali per concludersi in piazza Madonna di Loreto intorno alle 13.30. I sindacati di categoria, Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, “accendono ancora i riflettori sulla situazione drammatica in cui versa il settore e sullo stato di sofferenza e di profondo disagio dei lavoratori e delle lavoratrici da oltre sei anni senza un aumento salariale, con stipendi insufficienti, di fronte alla costante violazione delle norme di legge e dei contratti anche in tema di salute e sicurezza e alla cronica carenza di tutele adeguate rispetto all’evoluzione del settore”, si legge nel comunicato che convoca lo sciopero. Alla mobilitazione hanno partecipato migliaia di delegati da tutta Italia: “C’eravamo dati l’obiettivo di tremila persone ma l’abbiamo abbondantemente superato”, dice al fattoquotidiano.it Sandro Pagaria, il delegato che ha seguito il tavolo per la Filcams Cgil e la settimana scorsa ha partecipato a un incontro con il ministro del Lavoro Andrea Orlando.
L’ultimo contratto collettivo del settore risale al 2013 e ha incluso per la prima volta – accanto alle guardie giurate – una categoria fino ad allora non regolata, quella dei servizi fiduciari (la vigilanza non armata, che include portieri, custodi e steward). Proprio per questi lavoratori però sono stati contrattati minimi salariali da fame, poco più di quattro euro lordi l’ora: la retribuzione minima di una guardia non armata che lavora full-time è di appena 814 euro al mese, ma i contratti a tempo parziale imperanti nel settore fanno sì che il salario medio senza straordinari non superi i settecento euro (mentre per la vigilanza armata sfiora i 1.300). “Per far emergere un settore che non aveva regole, abbiamo accettato condizioni che non erano ottimali“, ammette Pagaria, “con l’impegno ad affrontare la questione durante la vigenza del contratto, cosa che non è mai avvenuta. Ora chiediamo l’unificazione delle due categorie con un aumento graduale dei minimi, partendo da un livello che comunque non sia al di sotto della dignità, cioè di una somma intorno ai mille euro al mese“. L’ultima proposta dei datori prima che il tavolo saltasse, invece, è stata “un aumento di novanta euro spalmato in quattro anni”. Poi c’è il tema dei continui cambi d’appalto al massimo ribasso che lasciano a casa centinaia di lavoratori: qui la richiesta dei sindacati è di ridurre il divisore che, in base alle ore indicate nel capitolato, identifica il numero di persone che hanno diritto alla clausola sociale, cioè a essere assunti dal nuovo appaltatore (per quanto possibile alle stesse condizioni).
A sponsorizzare la mobilitazione anche le dirigenze nazionali delle sigle confederali. In un tweet, il segretario della Cisl Luigi Sbarra esprime “sostegno” alla protesta di “un settore importante e delicato del nostro Paese, che merita più rispetto dai datori di lavoro e dalle istituzioni”. Mentre la Cgil nazionale scrive in una nota: “Quella vissuta dai lavoratori della vigilanza privata e dei servizi di sicurezza, spesso in appalto, è una situazione indegna per un Paese civile. Purtroppo, dopo una lunga e faticosa trattativa non sono state raggiunte le condizioni minime per sottoscrivere un contratto in grado di garantire diritti fondamentali: dal giusto inquadramento, al rispetto delle norme contrattuali, alla salute e sicurezza, al diritto a salari dignitosi. La responsabilità è delle controparti datoriali e della loro completa indisponibilità. Va immediatamente trovata una soluzione a questa vertenza che costringe, ancora una volta, i lavoratori a scioperare per affermare il diritto a un lavoro dignitoso e riconosciuto. Rimettere il lavoro al centro delle scelte economiche e politiche”, conclude il sindacato di Corso d’Italia, “rinnovare i contratti, introdurre una norma sulla rappresentanza per contrastare il dumping, aumentare i salari e contrastare la precarietà sono le uniche risposte utili per ridurre disuguaglianze e per la crescita del Paese”.
A portare solidarietà agli scioperanti anche il presidente M5S Giuseppe Conte, che ha attraversato il corteo fermandosi a parlare con i lavoratori. “Questa trattativa va avanti ormai da troppo tempo, va trovata una soluzione che dia stabilità e sicurezza lavorativa. Prima di tutto dobbiamo aumentare i salari di questi lavoratori, che sono fra i più bassi di tutti. Il M5S – ha ricordato Conte – si batte senza sosta per l’introduzione di una legge per il salario minimo” perché “la dignità del lavoro non può essere merce di scambio”. “Abbiamo incontrato le lavoratrici e i lavoratori portando la vicinanza del Movimento alle loro rivendicazioni”, fa sapere l’ex ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, senatrice e coordinatrice del Comitato politiche del lavoro del Movimento. “Una lavoratrice domani comincerà lo sciopero della fame in segno di protesta perché percepisce poco più di 900 euro lordi al mese, una paga che non assicura un salario dignitoso come indica l’articolo 36 della Costituzione. Non è possibile che nel nostro Paese ci siano così tanti contratti collettivi scaduti, con 6,8 milioni di lavoratori che attendono il rinnovo oltre che un salario dignitoso, e circa cinque milioni che una paga dignitosa non ce l’hanno proprio e pur lavorando sono poveri”, attacca Catalfo. “Siamo al loro fianco e insistiamo sulla nostra battaglia per rafforzare la contrattazione collettiva, per la detassazione degli incrementi dei rinnovi contrattuali e per la legge sul salario minimo”.
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Primo maggio, manifesti di denuncia nel centro storico di Lipari: “Cercasi schiavo per stagione estiva. Giorno libero? Ah ah ah”
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Il Papa in lieve miglioramento: “Prognosi resta riservata, reni non preoccupano”. In piazza san Pietro fedeli da tutto il mondo per il Rosario
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Onu, Usa contro la risoluzione per “l’integrità” di Kiev. Trump riceve Macron: “Forza Ue per la pace”. E Putin: “L’Europa può partecipare ai colloqui per la tregua”
Economia & Lobby
Caro bollette, a due settimane dagli annunci di Giorgetti il decreto slitta ancora: cdm rinviato a venerdì
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Io sono un artista libero, non mi sono mai schierato politicamente". Così Simone Cristicchi, ospite a 'Maschio Selvaggio' su Rai Radio 2, risponde alla conduttrice Nunzia De Girolamo quando fa notare al cantautore romano come la canzone sanremese 'Quando sarai piccola' sia piaciuta tanto a Elly Schlein quanto a Giorgia Meloni.
"Si tende sempre a identificare gli artisti politicamente, la musica invece non ha fazioni, non ha colori. Devo dire che tu hai messo insieme la destra e la sinistra", ha detto De Girolamo al cantautore arrivato quinto nella classifica finale. "Questo mi fa sorridere - ha confessato Cristicchi - sono molto contento di questo apprezzamento bipartisan, o anche super partes, che ha generato la mia canzone. Io sono sempre stato un artista libero, non mi sono mai schierato politicamente, proprio perché volevo che la mia musica e la mia arte potesse arrivare a tutti ed è giusto che sia così".
"Ovviamente ho le mie idee, come tutti, non le rinnego e non mi vergogno di esternarle quando è il momento e quando ho voglia, però - ha concluso il cantautore - sono veramente contento di aver fatto questa canzone che sia piaciuta più o meno a tutti".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Il caro bollette è un problema sempre più grave, che non possiamo più far finta di non vedere. Paghiamo le bollette più care d’Europa, che a sua volta paga le bollette più alte tra i competitor internazionali. Siamo i più tartassati tra i tartassati, con un evidente danno alla competitività delle imprese e al potere di acquisto delle famiglie. I lavoratori, in particolare, pagano questi aumenti tre volte: la prima in casa quando arriva la bolletta, la seconda perché le aziende devono metterli in cassa integrazione poiché con l’energia alle stelle perdono produttività, la terza perché l’energia spinge a rialzo l’inflazione e i prodotti nel carrello della spesa costano di più". Lo dice Annalisa Corrado della segreteria del Partito Democratico.
"Agire è possibile e doveroso. Possiamo farlo subito, a partire dalla protezione dei soggetti vulnerabili, oltre 3 milioni e mezzo di utenti, per il quali il governo vuole bandire aste che sarebbero una iattura. Bisogna fermarle immediatamente e riformare piuttosto l’acquirente unico, che al momento gestisce il servizio di tutela della vulnerabilità, perché possa tornare a stipulare i contratti pluriennali di acquisto, agendo come vero e proprio gruppo d’acquisto".
"È necessario inoltre agire ad ogni livello possibile per disaccoppiare il prezzo dell’energia da quello del gas: occorre lavorare ad una riforma europea dei mercati, scenario non immediato, agendo però contemporaneamente ed immediatamente per un “disaccoppiamento di fatto”, come quello che si potrebbe attuare supportando i contratti pluriennali con i produttori di energia da fonti rinnovabili (PPA, Power purchase agreement). Dovremmo prendere esempio dalla Spagna di Sanchez, inoltre, che ha imposto un tetto al prezzo del gas, ottenendo risultati brillanti che hanno trainato la ripresa d’industria ed economia. Dobbiamo fare di più e meglio per la transizione energetica per liberarci dalla dipendenza del gas: oltre ad insistere su sufficienza energetica ed elettrificazione dei consumi, dobbiamo agire ad ogni livello perché la quota di energia da fonti rinnovabili nel nostro mix di produzione cresca: questo è l’unico modo strutturale di far penetrare il beneficio in bolletta del basso costo delle energie pulite".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - “Allarmano e inquietano gli atti violenti rivolti in questi giorni contro le Forze dell’Ordine, a loro va la nostra piena solidarietà”. Lo dichiara la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi dopo gli incendi dolosi che hanno coinvolto questa mattina il commissariato e la Polstrada di Albano Laziale e nei giorni scorsi il comando della Compagnia dei carabinieri di Castel Gandolfo.
“Auguriamo agli agenti intossicati una pronta guarigione. Nell’attesa che sia fatta chiarezza sulle dinamiche e che i responsabili siano consegnati alla giustizia, non possiamo che schierarci senza indugio al fianco di chi ogni giorno si impegna per la sicurezza delle cittadine e dei cittadini”, conclude.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Le bollette energetiche di famiglie e imprese sono alle stelle. Meloni ha fischiettato per mesi, ignorando anche le nostre proposte. E oggi annuncia il rinvio di un Cdm promesso ormai due settimane fa. Non avevano detto di essere 'pronti'?". Lo ha scritto sui social Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Tutto quello che ha a che fare con le emergenze vere di cittadini, famiglie, imprese passa in secondo piano nell’agenda del governo Meloni. Così è stato ed è per le liste d’attesa e per il diritto alla salute negato a milioni di concittadini, così è per il caro-bollette che da troppi mesi penalizza le aziende italiane e mette in ginocchio le fasce sociali più disagiate". Così in una nota Marina Sereni, responsabile Salute e Sanità nella segreteria del Partito Democratico.
"Oggi la segretaria del Pd Elly Schlein ha presentato proposte molto chiare e concrete, che raccolgono peraltro l’interesse di imprenditori e associazioni degli utenti. Il Cdm sul problema del caro energia pare invece che slitti a venerdì. La presidente Meloni ne approfitti per raccogliere le nostre proposte sul disaccoppiamento del prezzo dell’energia da quello del gas e sull’Acquirente unico".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - La lotta alle mafie andrebbe portata avanti "in maniera trasversale. Ma non stiamo vedendo disponibilità all'ascolto e al lavoro comune da parte di questa destra". Lo ha detto Elly Schlein al seminario sulla legalità al Nazareno. "Noi continueremo a fare da pungolo costante, il messaggio che deve arrivare chiaro alle nuove generazioni è che la mafia è un male, e un freno al nostro Paese. Il Pd oggi più che mai è intenzionato a portare avanti questo lavoro con determinazione, mano nella mano con le realtà che affrontano il problema ogni giorno e ne sanno certamente più di noi".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - Nel contrasto alle mafie "il ruolo delle forze dell'ordine e della magistratura è fondamentale. Noi riconosciamo e sosteniamo il lavoro quotidiano delle forze dell'ordine. Vanno sostenute le forze dell'ordine, come la magistratura, che invece vediamo attaccata tutti i giorni da chi governa". Lo ha detto Elly Schlein al seminario sulla legalità al Nazareno.