I tre titoli di film citati – tutti in Concorso all’ultima Venezia 2021 – sono i migliori film italiani della stagione: dal terzetto E' stata la mano di Dio/Freaks out/Qui rido io! usciranno miglior film, produzione, regia, e probabilmente anche tutta la trafila di attrici e attori protagonisti e non con l’eccezione di una outsider che a noi piace comunque: la Eva Kant di Miriam Leone in Diabolik dei Manetti bros
Drusilla Foer e Carlo Conti per il cinema italiano. Sui fumetti di Topolino qualche personaggio avrebbe potuto esclamare un bel “uff” o “sgrunt”! Ma questa sera, come sempre, niente ammutinamenti del Bounty: tutti sull’attenti per la splendida cornice dei David di Donatello 2022 in tv. Gli Oscar italiani, si dice, ma che in Italia assumono tutto quel sapore muffo e stantio dei cerimoniali istituzionali, dei politici che sbucano da film alla Petri a dare benedizioni e suggerire soluzioni bizantine. Già, perché il cinema italiano, parliamo dell’industria in sé compresa tutta la filiera tra distributori ed esercenti, sta vivendo un momento a dir poco tragico. Così più che capire quanti David si porterà a casa È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino (16 nomination come quelle per Freaks Out di Gabriele Mainetti e le 14 di Qui rido io! di Mario Martone) sarebbe interessante capire qual è realmente il futuro del cinema italiano dopo la disgraziata lunga dilaniante parentesi della pandemia di Covid 19. La sala cinematografica è il luogo sociale in cui, seguendo le draconiane restrizioni del ministro Speranza fin dall’agosto 2021 (ancora oggi è obbligatoria la mascherina in sala quando in Europa da oltre due mesi è stata resa facoltativa) il virus avrebbe impazzato come nemmeno in un bar o in un supermercato.
Ovviamente senza uno straccio di studi di settore o dati (chi entrava nei cinema oltretutto con il pass ha dovuto lasciare recapiti telefonici come nemmeno nei ristoranti). Insomma, la situazione è questa e almeno per quest’anno avrebbe senso che la sala non fosse mero fondale pittorico in chroma key durante la diretta dei David. Passare da uno spazio pubblico e sociale al divano di casa in streaming – a me/noi piace il divano, mica facciamo gli snobbetti – è un cambiamento politico-culturale talmente epocale che potrebbe modificare la creatività in sé che produce quel tipo di prodotto/merce che è il film. E poi è chiaro viene la gara e il prestigio dei David di Donatello. Nulla da eccepire. I tre titoli di film citati – tutti in Concorso all’ultima Venezia 2021 – sono i migliori film italiani della stagione: dal terzetto E’ stata la mano di Dio/Freaks out/Qui rido io! usciranno miglior film, produzione, regia, e probabilmente anche tutta la trafila di attrici e attori protagonisti e non con l’eccezione di una outsider che a noi piace comunque: la Eva Kant di Miriam Leone in Diabolik dei Manetti bros.
Giuseppe Tornatore e il suo Ennio, dedicato al maestro Morricone, sarà probabilmente il David per il miglior documentario. Mentre andrà a Belfast di Kenneth Branagh il David come miglior film internazionale. In totale sono venticinque i David assegnati. Un premio alla carriera andrà a Giovanna Ralli e due premi speciali a Sabrina Ferilli e ad Antonio Capuano (chissà se quello che è dentro al film di Sorrentino o quello vero in carne ed ossa regista de Luna rossa e La guerra di Mario). La cerimonia inizierà su Rai1 alle 21.15. E se Carlo Conti in conferenza stampa si è preso il lusso di scherzare sul fatto che non farà battute sulle acconciature dei presenti in sala, insomma come agli Oscar per lo scontro Will Smith/Chris Rock – ma un Bud Spencer a tirargli un ceffone non c’è più -, il presidente Mattarella e il ministro Franceschini, comunque, rassicurano l’intera baracca. “Credo che sia inesatto dire che quello della pandemia sia stato per il cinema italiano un tempo di paralisi – ha affermato Mattarella – La crisi è stata forte ma l’ideazione, la produzione, la realizzazione di opere è proseguita. E non è azzardato dire che il cinema oggi sta vivendo una stagione di crescita. Non è la prima volta nella storia che si può parlare di crescita attraverso la crisi”.