“Se interrompessero ora il gas russo avremmo un serio problema con lo stoccaggio”. Lo ha affermato il ministro della Transizione, Roberto Cingolani, alla Camera, con buona pace dei condizionatori evocati dal presidente del Consiglio Mario Draghi. “Per raggiungere il 90% di stoccaggio per l’inverno 22-23 sarebbero necessari circa 6 mesi, arriveremmo con gli stoccaggi pieni e potremmo affrontare il prossimo inverno e quelli successivi con una certa tranquillità“. Una interruzione immediata dell’export russo dunque “renderebbe critico il superamento dell’inverno 2022-23 in assenza di rilevanti misure di contenimento della domanda che ovviamente sono previste”. Il riempimento delle riserve italiane di gas è attualmente del 37%. I flussi verso gli stoccaggi tradizionalmente riprendono con la bella stagione, da circa una decina di giorni i depositi italiani hanno ripreso a riempirsi e i flussi di gas in arrivo dalla Russia a risalire. Naturalmente nella stagione fredda sale l’utilizzo del gas per il riscaldamento ma a rischio sono anche, e soprattutto, le aziende. Circa il 40% dell’elettricità italiana viene prodotta da centrali alimentate con il gas. In caso di problemi le prime utenze a risentirne sono quelle che hanno sottoscritto contratti che prevedono la possibilità di interruzioni a fronte di un costo dell’energia più basso, in sostanza le aziende energivore come gli impianti siderurgici, cartiere etc.
“Sosterremo le decisioni che il governo prenderà, ma non possiamo nascondere che l’importazione del gas russo è ancora importante, quindi dobbiamo mettere in campo i correttivi per essere pronti nell’ipotesi che possano esserci delle criticità che arrivano sia da sanzioni europee, ma non credo arriveremo a quel punto, o da decisioni unilaterali della Russia, che potrebbe sospendere le esportazioni del gas”, ha puntualizzato il presidente di Confindustria Carlo Bonomi.
Ieri Cingolani non ha preso parte al vertice dei ministri dell’Energia europei dedicato al tentativo di dare una risposta coordinata alla richiesta della Russia di aderire ad un meccanismo per i pagamenti del gas che prevede la conversione in rubli delle somme versate presso Gazprombank. “Penso che sarebbe bene per qualche mese, almeno, permettere alle aziende di andare avanti e pagare in rubli, mentre comprendiamo il quadro giuridico e le implicazioni”, ha però detto Cingolani al sito Politico. “Credo che le compagnie petrolifere e del gas non possano rischiare di pagare e poi essere accusate di aver infranto le sanzioni, ma allo stesso tempo non possono rischiare… di non pagare in rubli”. In contratti lunghi “i costi sarebbero estremamente alti”. Il ministro ha ricordato oggi come il prezzo del gas sul mercato sia quintuplicato rispetto al gennaio 2021 e ha ricordato “già a metà maggio si dovranno fare dei pagamenti, si è chiesto al più presto di avere delle direttive chiare per gli operatori“.
“Tutti al collegio abbiamo espresso solidarietà a Polonia e Bulgaria per essere state tagliate fuori dalle forniture di gas: Gazprom ha dimostrato di essere un fornitore inaffidabile poiché le compagnie di quei Paesi hanno pagato i contratti in euro”, ha detto oggi la commissaria europea all’Energia Kadri Simson nel corso del question time al parlamento europeo. “Polonia e Bulgaria hanno rispettato i termini contrattuali, dunque ora le sanzioni devono colpire la Gazprom“, ha aggiunto.
“È di straordinaria importanza che il primo rigassificatore galleggiante entri in funzione entro l’inizio del 2023, è fondamentale perché se non l’abbiamo non riusciamo a sostituire la parte di gas gassoso che ci viene a mancare”, ha spiegato Cingolani. “Il secondo – ha aggiunto – deve essere messo in funzione entro la fine del 2023 o massimo inizio 2024”. Al momento l’Italia dispone di tre impianti di rigassificazione dove approdano le navi che trasportano Gnl. Sono gli impianti di Livorno, Panigaglia e Cavarzere, solitamente usati poco, a meno del 50% delle loro capacità ma ora diventati vitali. L’Italia importa dalla Russia circa 30 miliardi di metri cubi di gas all’anno, tra il 30 e il 40% dei suoi consumi. Il secondo fornitore è l’Algeria con cui il governo ha da poco stretto un accordo per aumentare i flussi di 9 miliardi di mc.
Quanto alle possibili contromisure in caso di emergenza il ministro ha affermato che “Nell’immediato con la situazione attuale, in cui stiamo facendo gli stoccaggi e tutto sta procedendo come prima del periodo bellico, una stima prudenziale di circa 2 miliardi di metri cubi di gas l’anno di risparmio si ottiene prevalentemente riducendo la temperatura di un grado centigrado nel riscaldamento residenziale pubblico e privato o equivalentemente sul condizionamento”. “Con il gas che è intorno ai 100-110 euro a Megawatt/ora, un price cap europeo di 80 euro a più basso ma non tale da perturbare troppo il mercato, rappresenterebbe immediatamente un 25% di riduzione della bolletta gas e una percentuale ancora più alta di riduzione della bolletta elettrica”, ha detto ancora Cingolani. “Sul gas liquido, che è più costoso (quello che arriva dagli Stati Uniti costa il 50% in più, ndr) gli effetti potrebbero essere mitigati da contratti per differenza, anche questa è una cosa in fase di studio”, aggiunge Cingolani. Il ministro sottolinea che “non ci sarebbero effetti sugli altri investimenti”, come le rinnovabili, o sulla sicurezza o il phase out dei combustibili fossili. Al momento c’è un gruppo di lavoro a Bruxelles che sta lavorando, il lavoro è in progress non c’è nulla di definito”, spiega il ministro.