La Commissione Ue ha delineato il sesto pacchetto di sanzioni europee nei confronti dalla Russia. Sul tema chiave, lo stop all’import di petrolio russo, è passata una versione soft. Lo stop sarà progressivo e diventerà pienamente operativo solo alla fine del 2022. Prevista un’ eccezione per Ungheria e Slovacchia, che sono estremamente dipendenti dal petrolio russo e potranno proseguire le loro importazioni per tutto il 2023. La Slovacchia, che importa dalla Russia il 74% del petrolio che consuma e non ha sbocchi sul mare che consentirebbero più facilmente di diversificare le forniture aveva chiesto di venire esentata dall’embargo. Budapest, dipendente dal greggio russo al 43%, aveva minacciato il veto su misure atte a penalizzare gli acquisti da Mosca. Il testo passa ora agli ambasciatori degli Stati Ue che puntano a sdoganare il pacchetto entro questo fine settimana.
Intervenendo questa mattina al Parlamento europeo il presidente del Consiglio Mario Draghi ha affermato che il paese sosterrà ulteriori misure anche nel comparto energetico. “Abbiamo appoggiato le sanzioni che l’Ue ha deciso di imporre nei confronti della Russia, anche quelle nel settore energetico. Continueremo a farlo con la stessa convinzione in futuro”, ha detto Draghi. Tra le altre misure incluse nel documento potrebbe esserci anche l’inclusione della prima banca russa Sberbank nella lista degli istituti sanzionati. Insieme a Gazprombank, la banca gestisce la gran parte delle transazioni che riguardano gli acquisti di beni energetici. Questa mattina il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto con le nuove misure russe in risposta alle sanzioni. Lo riferisce l’agenzia russa Tass.
La Russia è il terzo produttore al mondo di petrolio dopo Stati Uniti e Arabia Saudita. Ogni giorno estrae circa 11 milioni di barili, ora scesi intorno ai 10 milioni per effetto di un calo della domanda nelle incertezze del regime sanzionatorio. La gran parte della produzione viene esportata, ai valori di mercato attuali significa incassare quotidianamente una cifra non lontana dal miliardo di dollari. Prima dell’inizio della guerra l‘Italia importava dalla Russia circa il 13% dei 374 milioni di barili petrolio che consuma ogni anno. Con questi numeri vorrebbe dire pagare a Mosca quasi 5 miliardi di euro l’anno (in realtà la cifra è più basta visto che molte forniture sono basate su contratti a lungo termine, “sganciati” dalle quotazioni in tempo reale del petrolio, di cui è impossibile conoscere le condizioni). Più consistenti risultavano le quote di import della Germania (30% del totale), dell’Olanda (23%), del Belgio (23%). La Francia e la Spagna si collocano sulla stessa cifra dell’Italia.