Questo post fa seguito all’interesse manifestato da parecchi lettori del blog sul ruolo del “tampone idraulico” a servizio delle energie rinnovabili (vedi Figura 1). Avevo sottolineato l’enorme potenzialità di questa tecnologia a scala mondiale, poiché tanto le produzioni rinnovabili quanto quelle termiche non regolabili (per esempio, l’energia atomica) hanno un enorme bisogno di stoccaggio che, su media e grande scala, altre tecnologie non sono ancora capaci di garantire. E adotto la desueta, obsoleta, nostalgica definizione di “tampone idraulico” perché celebra la storica eccellenza italiana nell’ideazione e nello sviluppo di questa tecnologia.
C’è una forte asincronia tra domanda e produzione – eolica, solare e marina – perfino maggiore di quella tra domanda e produzione da fonti fossili e fissili. Lo stoccaggio è indispensabile. E, se il sistema di stoccaggio deve essere economico, affidabile, facilmente e rapidamente manovrabile, la risposta è l’idraulica (vedi Figura 2). Nel mondo ci sono circa 530mila siti di stoccaggio dell’energia idroelettrica potenzialmente realizzabili, con un potenziale enorme. Si potrebbero installare circa 22 milioni di Gigawattora, cento volte più di quanto richiesto a supporto di un sistema elettrico mondiale basato al cento percento sulle fonti rinnovabili.
Sotto questo profilo, l’Italia ha ben fatto negli ultimi 40 anni e, soprattutto, ha ancora enormi potenzialità da sviluppare a costi del tutto sostenibili, come evidenzia uno studio pubblicato l’anno scorso (Baldovin, E., Morelli, G.L. & M. Mura, I pompaggi idroelettrici nella transizione energetica: la situazione italiana, L’acqua, 2, 2021). Il nostro paese ha fatto bene, poiché in Italia sono installati circa 6,6 Gigawatt. Ma lo ha fatto con il consueto strabismo, l’occhio di riguardo al nord del paese, dove troviamo il 67 percento della potenza installata, mentre il centro sud ospita solo il 22 percento della capacità produttiva, e le isole (Sicilia e Sardegna) un modesto 11 (vedi Figura 3).
Questa ripartizione geografica poggiava su ragionevoli ragioni storiche, legate alla concentrazione dell’industria nel settentrione d’Italia, anche se non mancavano nel sud accaniti poli energivori; per esempio le acciaierie di Taranto. Lo scenario si è però ribaltato. Le regioni del Sud e le isole maggiori presentano le condizioni meteorologiche più favorevoli allo sviluppo di impianti fotovoltaici, eolici e marini. E la guerra del clima assieme alla battaglia ucraina impongono al paese di scommettere sulle rinnovabili.
Senza un adeguato tampone idraulico il fenomeno dell’overgeneration rischierebbe però di vanificare gran parte del beneficio eolico, solare, marino, geotermico. Proprio il centro-sud e le isole sono caratterizzati dalla presenza di numerosi bacini idrici artificiali, prevalentemente irrigui. Gran parte di loro sarebbero idonei alla realizzazione di una rete di invasi distribuiti, un sistema diffuso di impianti idroelettrici di pompaggio. Il potenziale è enorme (vedi Figura 4) e, in pratica, può essere sfruttato collegando tra loro serbatoi vicini a diversa quota o abbinando a un invaso esistente un bacino di prossimità a quota idonea. E tutto a costi non proibitivi, giacché questi sistemi si possono realizzare a fronte di utili interventi di manutenzione.
È di questi giorni la notizia che l’India ha varato ben due grandi progetti di tampone idraulico. Uno dei più complessi industriali, il Gruppo Adani, ha recentemente firmato un accordo per usufruire della capacità di accumulo di Greenko, una delle principali società indiane attiva nel campo dell’energia rinnovabile: Adani utilizzerà circa 6 Gigawattora di capacità di stoccaggio per i suoi impianti industriali. Con un altro accordo, la joint venture indiana di ArcelorMittal e Nippon Steel si procurerà 250 Megawatt di energia rinnovabile da Greenko, investendo nel progetto di 975 Megawatt di energia rinnovabile più stoccaggio nello Andhra Pradesh. L’anno scorso, ArcelorMittal aveva annunciato piani aggressivi per aumentare l’approvvigionamento di energia rinnovabile in India. E sta tenendo fede alla promessa, giacché il progetto sarà completato entro il 2024.
Tra il 2023 e il 2030, l’Italia ha l’urgenza di costruire una crescente capacità di accumulo elettrico, se vuole garantire l’efficacia e l’efficienza di un sistema sempre più alimentato da fonti rinnovabili. E, se i costi di investimento sono compresi tra un milione e un milione e mezzo di euro per Megawatt installato, il tampone idraulico è la soluzione più ragionevole. Per quanto efficienti e avanzate saranno in futuro le batterie, il loro destino sono le auto, gli autocarri, le villette isolate. Per raggiungere questo obiettivo, l’Italia deve risolvere il nodo di una specifica normativa, tuttora carente, che razionalizzi e semplifichi procedure e tempi autorizzativi. Avendo intensamente esplorato la negoziazione di una collaborazione idroelettrica con l’industria idroelettrica indiana, ho sperimentato quanto siano lunghi e complessi i loro tempi e metodi. E mi accorgo con stupore che ce la stanno facendo. Se loro sono capaci di rendere operativo in tre anni un progetto da quasi un Gigawatt, perché non possiamo farcela anche noi?