C’è chi sciopera contro le prove Invalsi e chi è pronto a scendere in piazza contro i tagli all’istruzione, la nuova riforma sul reclutamento e l’aggiornamento proposto dall’Alta Scuola di Formazione. Ci ha pensato il governo Draghi a ricompattare i sindacati. Dai Cobas alla Flc Cgil, alla Cisl Scuola, alla Gilda, alla Uil, allo Snals fino all’Anief sono tutti pronti ad alzare la voce contro le ultime scelte del premier e del ministro all’Istruzione Patrizio Bianchi.
I primi a farsi sentire, venerdì, saranno i Cobas che hanno proclamato uno sciopero generale contro i quiz Invali ma anche contro il Decreto scuola che introduce “inaccettabili modalità per la stabilizzazione dei precari e una formazione triennale in orario aggiuntivo, che diventerà obbligatoria per i docenti neo-immessi dal 2023-24, con incentivazione salariale e verifiche selettive per creare gerarchie tra i lavoratori e veicolare la logica della scuola-azienda restringendo il pluralismo didattico e la libertà di insegnamento”, spiega il leader Piero Bernocchi. Come ogni anno i Cobas, in occasione delle prove del Sistema nazionale di valutazione, protestano perché come sottolinea il capo del sindacato “questi test hanno effetti retroattivi negativi sulla didattica; standardizzano gli insegnamenti; trasformano i docenti in “addestratori ai quiz” e discriminano gli studenti con bisogni educativi speciali”.
I Cobas sono gli unici a incrociare le braccia ma non smettono di farlo da quando sono state istituzionalizzate le prove. Venerdì le manifestazioni si terranno davanti al ministero dell’Istruzione a Roma, alle 9,30 ma anche a Firenze (via Mannelli alle dieci); a Bologna (davanti all’ufficio scolastico provinciale alle nove); a Torino (dinanzi l’Usr alle dieci); a Palermo (in piazza Verdi) a Cagliari (in piazza Garibaldi) a Catania, a Napoli e a Pisa. Sul piede di guerra anche tutte le altre organizzazioni sindacali che in un comunicato unitario hanno proclamato lo stato di agitazione e il blocco delle attività aggiuntive per tutto il personale della scuola. I segretari nazionali di Flc Cgil; Cis e UIl Scuola, Rua; Snals e Gilda venerdì convocheranno tutti i rappresentanti delle Rsu e il 13 maggio terranno dei direttivi unitari. Non solo: nel frattempo incontreranno tutti i gruppi parlamentari.
“Con la pubblicazione del decreto sulla scuola in Gazzetta Ufficiale del primo maggio – spiegano i sindacati unitari – il governo interviene pesantemente su molti aspetti della vita della scuola che, da autentica risorsa per il Paese, torna ed essere terreno di tagli di spesa e di scontro politico – ideologico. I documenti di programmazione economica pluriennale non prevedono investimenti, ma tagli che puntualmente il sistema subisce da decenni. Il governo sottrae le risorse aggiuntive inserite in legge di Bilancio per il rinnovo del contratto destinandole a modalità di formazione incentivata decise unilateralmente, con evidente riduzione di quelle destinate a rivalutare nel loro complesso le retribuzioni di tutti e con l’ipoteca di tagliare l’organico nei prossimi anni”.
La scelta di palazzo Chigi di usare la forma del decreto (come più volte fatto in quest’ultimi mesi) non piace a chi difende maestri, professori, collaboratori scolastici e impiegati: “Ancora una volta si decidono questioni di grande rilievo per il sistema scolastico attraverso atti unilaterali addirittura con decreto legge, sfuggendo da ogni confronto con il mondo della scuola. La consapevolezza che la partecipazione al cambiamento contribuisce, accrescendone la qualità e il valore, ai processi di innovazione, evidentemente in questa fase manca del tutto al Governo e alla “politica”.
Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, non ha dubbi: “Il decreto legge 36 è un provvedimento inaccettabile nel metodo e nel merito, che umilia gli insegnanti, il ministero dell’Istruzione e il Parlamento che viene esautorato delle sue funzioni istituzionali”. Non manca, nemmeno, una critica alla novità sulla formazione permanente: “L’unica cosa certa è la spesa per retribuire lautamente il presidente e i dirigenti del nuovo ente pubblico denominato Scuola di Alta formazione dell’istruzione e sistema di formazione continua incentivata, mentre ancora una volta si tenta di scaricare sugli insegnanti ulteriori aggravi di lavoro senza che sia corrisposta alcuna retribuzione”.