“Pace sbagliata” sarebbe stato il nome più consono per lo spettacolo teatrale di Michele Santoro. Perché di proibito non c’è nulla: è semplicemente tutto sbagliato. A cominciare dalla concezione di pace che per l’organizzatore, e molti degli ospiti, diventa solo una scusa per chiedere – implicitamente – una resa a uno dei due contendenti (l’Ucraina, in questo caso).
Tralasciando questa polemica, prima di essere accusati di aver censurato qualcuno, il nocciolo fondamentale è la questione della concezione di che cosa sia la pace. Perché gridare ai quattro venti la parola “pace” non significa farla. Tanto più se manca la consapevolezza che: non esiste pace senza giustizia.
Non si può dire: sono tutti uguali e tutti colpevoli, tacciano le armi. E’ come dare una amnistia generale a un manipolo di assassini. E le madri delle vittime, non vorranno giustizia? La questione della colpa? Chi ha attaccato chi? Sono domande imprescindibili quando si affronta un percorso di pace. Ma è chiaro – io credo – che l’unico interesse di Santoro & Co sia stato quello di ribadire, per l’ennesima volta, che loro non hanno spazio di parola. Nonostante lui e alcuni dei sui ospiti siano sempre in televisione.
L’altra questione è quella di una pace selettiva. Ci dovremmo indignare per tutte le guerre e non solo per alcune. Altrimenti continuano ad esserci morti di serie A e B. Non riusciamo ad osservare quanto questi conflitti siano concatenati. O, forse, c’è della malizia in tutto ciò. A Santoro i morti in Siria, oltre mezzo milione, non sono mai interessati perché la maggior parte delle vittime le ha fatte la Russia, sostenendo il regime siriano.
La pace fatta in Siria – almeno nelle aree controllate dal regime – è uguale a quella che ho visto inscenata a teatro l’altra sera: silenzio e torture, non c’è giustizia.