Quasi 125 metri di lunghezza, oltre 400mila tonnellate di stazza, armata con 24 missili terra-aria a medio raggio Buk e otto missili da crociera Kalibr. La fregata Admiral Makarov, che gli ucraini sostengono di aver colpito mandandola in fiamme, è uno dei “gioiellini” della Marina russa. Nel luglio 2018, la nave da guerra si esibiva sulle acque davanti a San Pietroburgo nella parata navale più importante della Russia. La Makarov era entrata in servizio il Natale precedente, diventando il più moderno della classe Admiral Grigorovich, con base a Sebastopoli, nella Crimea annessa da Mosca.

Tra le prime missioni a cui ha partecipato c’è quella nel Mediterraneo orientale, al largo della Siria, all’inizio del 2019 insieme a un altro ristretto gruppo navale. E quando è stata lanciata l’offensiva in Ucraina, era già testata per essere schierata insieme alla capofila e all’Admiral Essen, partecipando ad aprile a un attacco a Odessa. Come le altre fregate della stessa classe, può scortare altri mezzi e attaccare obiettivi a terra.

Ma rispetto alle maggiori navi da combattimento di superficie della Marina Usa, si tratta di imbarcazioni più leggere, con un equipaggio di circa 200 persone. Finora l’impiego nel conflitto è apparso limitato: sarebbero infatti state prevalentemente tenute a una distanza dalla costa di oltre cento chilometri proprio per evitare rischi di attacchi.

Se il raid rivendicato da Kiev fosse confermato, per la flotta di Vladimir Putin sarebbe un altro duro colpo, dopo l’affondamento dell’incrociatore missilistico Moskva e la distruzione a marzo della nave da sbarco Saratov, affondata nel porto di Berdiansk dopo essere stata colpita secondo gli ucraini da droni, che hanno danneggiato anche le ‘sorelle’ Caesar Kunikov e Novocherkassk. Alla Russia, secondo gli analisti militari, sono rimaste solo tre grandi navi da combattimento. La migliore? È considerata proprio la Makarov.

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