Nessun cambio di programma da parte di Mario Draghi e nessun cambio di posizione del Movimento 5 stelle. Giuseppe Conte insiste nel chiedere che il presidente del Consiglio vada davanti al Parlamento a riferire sulla guerra in Ucraina e che lo faccia prima dell’incontro con Joe Biden negli Usa. Ma ormai mancano pochissimi giorni e da Palazzo Chigi hanno fatto sapere che il premier non andrà in Aula a breve: la sua partenza è prevista per martedì 10 all’alba ed è praticamente impossibile che le Camere siano radunate prima. “I tempi sono stretti”, fanno sapere fonti dell’esecutivo, “e la richiesta di Conte è isolata“. Ma “senz’altro vi sarà modo di avere Draghi in Parlamento e il 19 maggio è già in calendario un question time con il presidente del Consiglio”. Per il leader M5s è però troppo tardi e, soprattutto, non è quello che aveva chiesto: “Il Parlamento può riunirsi anche domenica”, aveva ribadito poco prima. “Sarei molto deluso se il premier non si presentasse prima del viaggio a Washington”. Appurato che le comunicazioni non ci saranno prima di metà mese, la domanda ora è come reagiranno Conte e i suoi. Anche perché la “delusione” non è limitata alla gestione della guerra. Nelle scorse ore si è infatti aperto anche il fronte della riforma del catasto: il decreto ha subito una modifica (di facciata) dopo un incontro tra Mario Draghi e Matteo Salvini. Di fatto non cambia quasi niente, come spiegato da ilfattoquotidiano.it, ma il M5s non ha esitato a protestare per la modalità che definiscono “irrispettosa”. Insomma il clima è ormai da campagna elettorale e il Movimento 5 stelle (con il leader in testa) non ha intenzione di far rientrare lo scontro. A dirlo chiaramente, in serata, è stato lo stesso Conte: “Un governo di unità nazionale deve essere l’eccezione”. Ma “dopo un anno la dialettica politica deve riprendere”. Altrimenti “si creano delle condizioni critiche”. Lo strappo è sempre più concreto? Presto per dirlo, di sicuro il M5s resta sulla sua posizione.
L’attesa di Conte e l’impasse sulle comunicazioni in Aula – La richiesta ufficiale è stata fatta in Aula dal capogruppo M5s alla Camera Davide Crippa: il 3 maggio ha chiesto che siano calendarizzate al più presto le comunicazioni di Draghi e la proposta è stata poi discussa nella riunione dei capigruppo. Una modalità alla quale sarebbe possibile far seguire un voto: la maggioranza, di solito compatta, presenta una risoluzione che viene votata al termine dell’intervento. Ma tutto questo poco conta al momento, perché Draghi non ha alcuna intenzione di andare in Aula per le comunicazioni e non esiste alcuna regola che possa imporre la sua presenza in Aula. Per ora non è previsto invece che i 5 stelle presentino una mozione, come invece sembrava da alcune indiscrezioni: la presentazione di tale atto non comporta l’obbligo per Draghi di essere presente, ma basterebbe la presenza di un esponente qualsiasi dell’esecutivo. Insomma l’impasse al momento è chiaro: il premier non ha intenzione di presentarsi, il M5s resta in attesa di capire quale sarà la prossima mossa di Chigi. Oggi intanto Conte ha ribadito la sua posizione: “A parte che il Parlamento può riunirsi anche domenica lo ha fatto con me in tempo di pandemia può farlo in tempo di guerra”, ha dichiarato. Se” Draghi “dovesse andare” in Usa “senza passare dal Parlamento sarei molto deluso. Come molte persone che ci ascoltano, anche per lui, per avere un mandato più forte. Non è una premura personale ma dell’intero popolo”. Sulla modalità, Conte è rimasto più vago. “Lo strumento lasciamo che siano i parlamentari a valutarlo, ma dopo 70 giorni di guerra credo che sia giusto per il governo esprimere una valutazione e che ragguagli sull’evoluzione del conflitto, sulle iniziative intraprese e le direzioni verso cui sta andando. Ed è legittimo che il Parlamento, ma direi l’intero popolo italiano, possa valutare ed esprime attraverso i propri rappresentanti, una nota di indirizzo, valuteremo quale“.
Lo strappo sul fisco – Ormai però, le tensioni con Chigi sono quasi quotidiane. Non c’è solo la richiesta di riferire sulla guerra in Ucraina. L’incontro Draghi-Salvini non è passato inosservato tra i 5 stelle, che non hanno esitato a protestare anche se nel merito il provvedimento è rimasto praticamente inalterato. Ad esporsi è stata la capogruppo M5s in commissione Finanze alla Camera Vita Martinciglio: “È irrispettosa questa modalità di lavoro”, ha detto all’agenzia Ansa, “non si deve consolidare la prassi per cui sui temi divisivi qualsiasi forza politica possa sentirsi legittimata a costruire un tavolo in maniera esclusiva con Palazzo Chigi, a discapito delle altre. Il Movimento ha fatto arrivare il disappunto al nostro capodelegazione nel governo, il ministro Patuanelli”. Ma non solo. La protesta della deputata è proprio su tutta la gestione della trattativa: “Sono state coinvolte solo alcune forze politiche. È un metodo di lavoro che va stigmatizzato e auspichiamo che non diventi il metodo per affrontare i prossimi provvedimenti“. Intanto la capogruppo in Senato Mariolina Castellone se la prendeva per la “demagogia” della destra: “Le tasse non erano previste prima e non sono previste adesso. Semplicemente si mappano gli immobili”, ha scritto su Twitter. Ma se l’alleato dem Enrico Letta si limita a prendersela con i “teatrini” di Salvini, per i 5 stelle il problema è anche a Palazzo Chigi.