Se fosse un’indagine potremmo dire che le ipotesi sono tutte sul campo. E in realtà, un po’ lo è una indagine la caccia al responsabile dell’epatite di origine sconosciuta nei bambini che ha provocato, per fortuna in pochi casi, infiammazioni così gravi da rendere necessario un trapianto di fegato. Al momento nel mondo sono circa 200 i casi considerati tali e molti scienziati stanno cercando di capire cosa scateni l’infiammazione. Tra gli indiziati ci sono l’adenovirus 41, ma anche Sars Cov 2 o il Long Covid. Ma nessuna di queste ipotesi soddisfa, almeno per il momento, i postulati di Koch ovvero i criteri che aiutano a stabilire scientificamente la relazione di causa-effetto tra un microrganismo e una malattia. Abbiamo chiesto a Carlo Federico Perno, responsabile del dipartimento di Microbiologia e Diagnostica di Immunologia dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, la sua opinione.

Professore come mai, nonostante gli sforzi, non sappiamo la causa di queste epatiti che preoccupano così tanto?
Per scoprire che il virus Hiv era la causa dell’Aids abbiamo impiegato due anni e mezzo, per scoprire che Sars Cov 2 provoca il Covid sono stati necessari alcuni mesi. Non è scontato e c’è molto lavoro da fare. Ma la cosa più importante è che noi non abbiamo alcuna evidenza chiara e certa, al momento, che dietro queste epatiti ci sia un virus.

Quindi?
Le dico di più, non abbiamo evidenza certa che stiamo parlando di qualcosa di nuovo. Tutti gli anni, in tutto il mondo, sono registrati molti casi di epatite di origine sconosciuta. L’epatite di per sé non è infettiva perché questo termine indica una infiammazione del fegato; se è virale è perché appunto causata da un virus. A causa del Covid abbiamo giustamente una maggiore attenzione a tutto ciò che osserviamo, ma non c’è nessuna certezza che sia qualcosa di nuovo. La caratterizzazione dei circa 200 casi in tutto il mondo è molto generica: solo le transaminasi aumentate (indice di danno del fegato) sono un denominatore comune. E questo non basta a dire che abbiamo una malattia nuova o che abbiamo un nuovo virus.

Quindi anche l’ipotesi dei medici inglesi sull’adenovirus 41 (presente “soltanto” nel 70% dei casi osservati da loro) perde di forza
L’adenovirus rimane un indiziato primario, non l’indiziato. Però l’adenovirus lo troviamo perché lo cerchiamo. La domanda è “in quanti casi c’era già’ nel passato?”. Insomma, oggi non c’è rapporto di causa ed effetto tra adenovirus ed epatite. Di norma poi gli adenovirus non danno infezioni epatiche. Noi siamo tutti i giorni infettati da virus che non danno alcuna patologia, ma se li cercassimo quotidianamente, probabilmente potremmo trovarli. Insomma, dobbiamo trovare quello che ha un rapporto di causa effetto con la patologia che stiamo studiando.

Con quali strumenti? Che tipo di esami o analisi?
Il primo è il postulato di Koch, un grande microbiologo tedesco dell’inizio del secolo scorso, che stabilì dei criteri per determinare appunto il rapporto di causa effetto fra un germe e la malattia. E il primo è che il germe lo devo trovare sempre: questo non significa 100% ma almeno quasi sempre, il 70% mi sembra poco. Tra l’altro trovare l’adenovirus nelle feci non è un segno di infezione epatica, potrebbe esserlo se lo trovassimo nel sangue. Ma la domanda è “l’adenovirus è sempre stato trovato nel sangue?”: non abbiamo risposte chiare. In un numero importante di casi è stata registrata anche la presenza di Sars Cov 2. Anche qui, la domanda è: “Durante l’epatite è stato trovato il virus, oppure i segni di infezione da Sars Cov 2 nel passato?”. La differenza è enorme: perché se i pazienti avessero avuto Sars Cov 2 durante l’epatite potremmo pensare a una forma di epatite provocata dal coronavirus, invece se l’avessero avuto nel passato potremmo pensare a una forma di Long Covid.

Abbiamo imparato che Sars Cov 2 è responsabile di risposte violente del nostro sistema immunitario e causare infiammazioni. Possiamo quindi mettere Sars Cov 2 tra gli indiziati?
Potrebbe essere un indiziato importante perché Sars Cov 2 dà una malattia sistemica colpendo polmoni, cervello, sangue, cuore: che possa dare una epatite ci sta. Le dirò di più, ci sta anche che il Long Covid si manifesti con una infiammazione del fegato tardiva a causa della infiammazione generale causata dal Covid. Ma anche il Covid non lo abbiamo trovato in tutti o almeno non abbiamo trovato in tutti gli anticorpi (segno di un’infezione da Sars Cov 2). Quindi rimane l’ipotesi che il Sars Cov 2 direttamente o indirettamente possa aver avuto un ruolo. Per fortuna dal punto di vista clinico i numeri di epatite non decollano, e ovviamente questo non ci aiuta ad avere una casistica maggiore per capire cosa sta succedendo. Siamo in una fase conoscitiva in cui non si può escludere anche un nuovo virus. Non ci si deve fermare, ma al momento stiamo lavorando a tutto campo.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Paziente morto dopo il trapianto di un cuore di maiale, l’ipotesi che l’organo geneticamente modificato sia stato infettato da un virus suino

next
Articolo Successivo

Sclerosi multipla, “individuate 4 molecole bersaglio per il trattamento personalizzato”

next