Per gli inquirenti, dietro il gesto di Alessandro Giovanni Maja – imprenditore 57enne accusato di aver ucciso moglie e figlia e di aver ferito gravemente il figlio – potrebbero esserci spericolate operazioni finanziarie, prestiti esterni alle banche, investimenti con persone sbagliate. La notizia, riportata dal Corriere della Sera, aggiunge un tassello alla vicenda di Samarate (Varese).

Le indagini hanno accertato un giro di “nero” che caratterizzava il lavoro di Maja, architetto e interior design di locali, e un significativo aumento di clienti cinesi. D’altra parte, le carte ufficiali della società non hanno svelato informazioni rilevanti, in quanto i conti erano in ordine. Per il momento, l’interrogatorio è stato rinviato dato che l’architetto è ricoverato nel reparto di psichiatria dell’ospedale San Gerardo di Monza. Gli uffici della sua azienda – sul Naviglio Pavese a Milano – sono stati sequestrati dai carabinieri su ordine della Procura, che ha inoltre disposto il sequestro di computer e documenti.

A questo si aggiunge un altro particolare, riportato dal giornale di via Solferino: la coppia – sposata dal 1992 in regime di separazione di beni – firmò un atto notarile il 31 gennaio 2018, dichiarando di voler costituire un fondo patrimoniale – “destinato a far fronte ai bisogni di famiglia” – tramite il trasferimento di alcune quote della società di Maja, di cui la moglie deteneva la maggioranza.

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