Il 2022 è anno di anniversari. Trent’anni dalla morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nelle stragi di Capaci e via D’Amelio. Quarant’anni dall’uccisione di Pio La Torre e di Carlo Alberto dalla Chiesa. Cent’anni dalla nefasta marcia su Roma dei fascisti. Cent’anni (l’accostamento non sembri irriverente…) dal 25 maggio 1922, data di nascita di uno fra i più grandi uomini politici italiani di tutti i tempi, Enrico Berlinguer.
In occasione di tale ricorrenza, a Berlinguer dedica un ricordo ammirato, coinvolgente e commosso Davide Mattiello (apprezzato ospite di questi blog), con un “pamphlet” intitolato “Le cartoline” (Coppola editore), incentrato sulla “questione morale” per come Berlinguer ne parla in una celebre intervista ad Eugenio Scalfari del 1981. Proprio quella “questione morale” oggi di fatto accantonata come una pruderie di benpensanti, mentre si tratta di una grande questione democratica e istituzionale: per la decisiva ragione che un sistema intriso di corruzione o di rapporti con la mafia è l’emblema del prevalere dell’interesse privato sull’interesse pubblico.
Questo accantonamento (non a caso accompagnato dalla richiesta alla giurisdizione di fare un “passo indietro”) sta diventando rimozione. E nelle agende dei partiti, scomparsa ogni evocazione – troppo imbarazzante? – di una questione posta dal rapporto tra etica e politica, prevale il vecchio rilievo machiavellico secondo cui gli Stati non si governano con i pater noster!
Queste considerazioni rendono attualissimo l’agile scritto di Mattiello, del resto ampiamente proiettato sul presente, in particolare là dove si ipotizza che oggi Berlinguer – oltre a riproporre con tutta la sua forza la “questione morale” – ascolterebbe con particolare attenzione “ i ragazzi che si battono contro la crisi climatica e pretendono una politica convertita alla vita, i giovani precari che non sanno più che farsene del futuro, i nati in Italia ma senza cittadinanza, i braccianti sfruttati nelle nostre campagne, gli edili costretti a lavorare su ponteggi sempre più feroci, i profughi delle guerre che arricchiscono i soliti bastardi, le donne fuggite dai lager libici, gli amministratori pubblici con poche risorse e la minaccia pressante dei poteri criminali”.
Nel volumetto di “Cartoline” sono anche sparse alcune note autobiografiche, che confermano il Davide che a Torino e non solo tutti conoscono: un uomo impegnato in politica che bada “a salvaguardare la propria libertà e quindi la propria capacità di contribuire per il meglio al dibattito e alle decisioni pubbliche”, inventandosi e praticando, se necessario, “qualche goccia di fantasia e di coraggio in più”.