L'attore è infatti al lavoro per la nuova fiction di Rai 1 dedicata all'uomo simbolo della lotta al terrorismo, che andrà in onda il prossimo autunno in 4 puntate in occasione dei 40 anni dalla sua morte
Sergio Castellitto veste i panni del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e, con l’occasione, torna con la mente agli anni Settanta, gli Anni di Piombo culminati con l’omicidio di Aldo Moro, e affida al Corriere della Sera le sue riflessioni e i suoi ricordi. L’attore è infatti al lavoro per la nuova fiction di Rai 1 dedicata all’uomo simbolo della lotta al terrorismo, che andrà in onda il prossimo autunno in 4 puntate in occasione dei 40 anni dalla sua morte. All’epoca Castellitto aveva vent’anni e idee di sinistra: “L’arte mi ha salvato. Erano gli anni in cui nasceva la passione per il teatro, quella è stata la mia piccola rivoluzione rispetto al sentimento tipico della gioventù, il desiderio di rompere con una regola, con un destino già prefissato per te: io ho erotizzato tutto lì, nella recitazione. Erano gli anni dell’accademia, della passione, ho letto Shakespeare e Cechov, non leggevo i bollettini delle Br”, ha raccontato tornando con la mente al periodo delle Brigate Rosse.
“Purtroppo sì, per molti le Br erano un’idea seducente. Era seducente qualsiasi idea rompesse con un’azione che appariva ferma, immobile, pietrificata nello sviluppo del futuro. In qualche misura è naturale che sia così, che lo spirito giovanile vada verso la contrapposizione, verso la rottura; è addirittura legittimo, ma arriva un momento in cui si capisce dove sta la verità, anche se la verità è un concetto labile, come il potere. Il potere è sempre altrove, diceva Sciascia”, ha ricordato ancora.
“La classe politica italiana ha lavorato bene per costruire il disincanto della maggior parte dei cittadini, la personificazione più evidente di questo stato d’animo è nella disaffezione al voto; quando la metà della popolazione non va a votare dobbiamo farci delle domande – ha proseguito ancora l’attore. Il Parlamento mi sembra fuori fuoco rispetto a quanto sia decisiva la voce della televisione. La tv è la nuova Chiesa, è lì che ormai crediamo si dica la verità. L’altra Chiesa sono i social, un mostro che si fonda su una sostanziale stupidità: la pretesa di pensare che esistiamo e ci sentiamo rappresentatati solo per il fatto di possedere un profilo virtuale”, ha concluso Castellitto.