Due anni e mezzo dopo la nomina a commissario straordinario per il Mose, con l’incarico di accelerarne la realizzazione, l’architetto Elisabetta Spitz ha convocato i giornalisti nella sede dell’Amministrazione della Città Metropolitana, per comunicare che in questo arco di tempo i lavori del Mose sono rimasti fermi. È vero che per alcune decine di volte le paratoie sono state alzate nel 2020 e 2021, ma ancora in fase provvisoria, per tenere il centro storico all’asciutto dalle acque alte. Eppure i cantieri dovrebbero – il condizionale è sempre d’obbligo per un’opera iniziata 19 anni fa e ancora lontana dalla conclusione e dal collaudo – ripartire non prima di metà giugno, dopo un lunghissimo blocco. La conclusione, seppur non definitiva, è fissata al 31 dicembre 2023.
Per la prima volta, dal 27 novembre 2019, il commissario ha deciso di parlare alla stampa e sembrava che l’evento dovesse essere riempito di dati e di spiegazioni, anche perché il Mose continua ad essere un oggetto nebuloso e il traguardo del collaudo ancora lontano. In realtà il commissario ha risposto con il contagocce alle domande, le poche che è stato possibile porre, visto che dopo poco più di un’ora la conferenza stampa è stata bruscamente interrotta. “Per quanto riguarda i cantieri, entro metà maggio sarà conclusa l’attività di verifica dello stato di consistenza, da parte di tutti i direttori dei lavori. Nell’arco di un mese saranno redatti i verbali. Quindi è previsto il riavvio dei cantieri dopo la metà di giugno”.
Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? La verità è che lo stato di completamento ha fatto pochi passi avanti dal 2019 ad oggi. Quando l’allora premier Giuseppe Conte visitò una città devastata dalla seconda acqua più alta di sempre, disse che il Mose era ultimato al 93 per cento. Serviva completare l’ultimo miglio nel più breve tempo possibile. Adesso sul sito ufficiale del commissario compare il dato del 95 per cento di lavori realizzati. Ma alla domanda su cosa sia stato fatto e su cosa manchi ancora, l’architetto Spitz risponde laconicamente. “Parlare di percentuali non è facile… abbiamo fatto i lavori impiantistici per far funzionare le barriere, ovvero la parte elettrica e meccanica, poi gli ascensori, le piastrelle, i cavi nelle gallerie…”. Non ha spiegato, neppure a capitoli, quali sono gli interventi da fare, nonostante ci siano più di 500 milioni di euro ancora da spendere, quasi il 10 per cento del valore dell’opera. “Vi farò avere gli elenchi…”.
La domanda si lega quella degli obiettivi mancati. Il commissario, infatti, riceve 50.000 euro all’anno di retribuzione fissa e fino ad un massimo di altri 50mila euro in base “al raggiungimento degli obiettivi e al rispetto dei tempi”. Siccome era stato assicurato che il Mose sarebbe stato pronto entro fine 2021, è stato chiesto al commissario quanto ha guadagnato, ovvero se la parte variabile abbia risentito del mancato completamente. “Non so quanto guadagno…”. Come è possibile? “Non lo so, ricevo trimestralmente le note del Provveditorato alle Opere Pubbliche del Triveneto…”. Ma quale giudizio è stato dato all’efficienza dell’Ufficio del commissario? “Non lo so, quello viene dato dal Ministero delle Infrastrutture”. Il commissario non sa se il referente politico che gli ha dato l’incarico giudica positivamente o meno il suo lavoro.
La questione dei cantieri fermi per due anni e mezzo richiama un altro problema. L’ingegnere Giuseppe Ossola è uno dei tre commissario straordinari nominati dopo lo scandalo tangenti per la gestione del Consorzio Venezia Nuova. Anche dopo l’arrivo di Massimo Miani, commissario liquidatore del CVN, è rimasto all’interno della struttura. Risulta tra i collaboratori esterni del commissario Spitz, con una nomina che risale all’11 gennaio 2021, in quanto “responsabile dei lavori e della sicurezza”. Percepisce la modica somma di 1.100 euro al giorno per un massimo di 136 giorni di lavoro. In totale, se lavora a regime, arriva a 149.600 euro all’anno. Inevitabile la domanda su quanti giorni abbia lavorato e quanto abbia guadagnato nel 2021, visto che i lavori erano fermi. “Non lo so, bisogna che lo chieda…”, ha risposto l’architetto Spitz. “Ma quando è in cantiere ci rimane per 12 ore ed è inoltre responsabile di tutto”.
Capitolo dolente, quello delle manutenzioni, che dovrebbero essere periodiche, con un ciclo di sostituzione di ciascuna paratoia ogni 5 anni, per pulizia, verniciatura, controllo cerniere, connettori e inclinometri. Le 21 paratoie della bocca di porto di Lido-Treporti sono in acqua dal 2013-14, le 19 di Malamocco e le 18 di Chioggia dal 2017, le 20 del Lido-San Nicolò dal 2018-19. I primi cassoni in calcestruzzo dove alloggiano le paratoie mobili sono però stati installati sul fondo già 2012. Sul tema delle manutenzioni c’è stato un annuncio che però ha aperto un contenzioso su date e interventi. “La manutenzione delle paratoie di Treporti è stata aggiudicata a Fincantieri per 36 mesi e la consegna del cantiere avverrà tra maggio e giugno”, ha spiegato l’architetto Spitz. Le altre 57 paratoie delle altre bocche di porto? “Bisogna ancora bandire la gara”. Quella aggiudicata a Fincantieri fu bandita nel giugno 2019, ci sono voluti tre anni e il cantiere non è ancora stato aperto. Anche qui, ritardi abissali. Ilaria Bramezza, del Ministero delle Infrastrutture ha commentato: “C’è tanta burocrazia…”. Gianluca Comin, responsabile della comunicazione istituzionale del commissario, ha chiosato: “Non penserete di essere in Svezia…”.
Sulla sostituzione delle paratoie si è aperto un contenzioso. I giornalisti hanno chiesto spiegazioni sulla mancata manutenzione, a quasi 10 anni dalla posa delle prime barriere in acqua. Risposta del commissario: “Ma noi facciamo già la manutenzione ordinaria, quella straordinaria è prevista ogni dieci anni”. Il fatto è che secondo i documenti del progetto originario, sottoposti a Valutazione di Impatto Ambientale prima dell’avvio dei lavori, è la manutenzione ordinaria che prevede “la sostituzione periodica di ogni paratoia ogni 5 anni”, non quella straordinaria, che prevede “sostituzione di paratoie guaste, sostituzioni di componenti di durata limitata e riparazioni ai calcestruzzi”.
Tra tante incertezze, dalla conferenza stampa almeno un dato è emerso: il Mose costerà 63 milioni all’anno per funzionare (manutenzioni comprese) nei prossimi 11 undici. Il che fa 693 milioni di euro che si aggiungono ai 6 miliardi complessivi.