Un paradosso sta prendendo forma nella Spagna del governo di sinistra. Gli ultimi sondaggi bocciano senza appello l’esecutivo poggiato su due pilastri, i socialisti del premier Pedro Sánchez e Podemos, il movimento di sinistra nato nella primavera del 2014 dalle proteste anti-sistema di piazza. I dati ufficiali della Seguridad social, l’ente
previdenziale, promuovono a pieni voti la riforma del lavoro fortemente voluta dal governo di coalizione e approvata dal Congresso in modo rocambolesco ad inizio anno. Un segnale fortissimo arriva da Madrid – una esplosione di contratti a tempo indeterminato si è registrata negli ultimi mesi – cui fa da contraltare una drastica riduzione dei contratti a termine, base giuridica del precariato dominante degli ultimi decenni.

La riforma funziona. Soprattutto dove più diffusa era la instabilità della forza lavoro, nel sud, in Andalusia, o nelle isole, Canarie e Baleari in testa. Pochi, ma incisivi, ritocchi normativi stanno determinando il buon esito dell’intervento legislativo: la penalizzazione dei contratti ultracortos – quelli fino a sette giorni – per i quali il disincentivo è incentrato sull’aumento dei contributi previdenziali. L’eliminazione del contratto d’opera o servizio, fulcro di un sistema fraudolento in materia di contrattazione, il rafforzamento dei motivi necessari per giustificare il ricorso ad un contratto a tempo determinato. E poi ancora due elementi, la recuperata centralità del
Convenio colectivo (il nostro Ccnl) le cui disposizioni non possono essere derogate dai contratti aziendali in tema di retribuzione e giornate lavorative, e l’intensificazione delle ispezioni.

Il sistema spagnolo presenta non poche similitudini con il sistema italiano, in tanti ambiti. Le analisi dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) segnalano come i due paesi siano vicini sul salario medio annuo, le aule di giustizia attestano che il precariato si è troppe volte fondato su un uso distorto dei contratti, diretto a creare rapporti di fatto lunghi, con i vantaggi della flessibilità e senza le garanzie di legge. Un meccanismo scellerato talvolta azionato persino da organi istituzionali, si pensi agli apparati sanitari dei due paesi dove parte, anche consistente, del personale medico e paramedico veniva assunto con contratti a termine soggetti a continue proroghe. Non è un caso che la Corte di Giustizia europea abbia in questi anni aperto la strada ad una più ampia tutela dei lavoratori risolvendo vertenze tra la categoria degli infermieri spagnoli eterni precari e le strutture sanitarie locali.

Il vento sta cambiando, il dato che più stupisce è quello sui contratti di breve durata (non superiori ai 7 giorni), passati in pochi mesi dal 75,8% al 28%. Numeri che potrebbero inorgoglire i vertici politici. Non è così, i sondaggi colpiscono le fondamenta stesse della coalizione di governo, in particolare quelle di Podemos, principale artefice della riforma, premiando, per contro, chi l’ha ostacolata, i Populares di Alberto Feijóo e Vox, l’ultradestra di Santiago Abascal. Parafrasando il sociologo madrileno José Ortega y Gasset, potremmo dedurre che la politica è un sistema nel quale le contraddizioni della vita umana trovano la loro unità.

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