Per fortuna che esiste Twitter. Perché nelle ore in cui lentamente cresceva la polemica verso le parole di Elisabetta Franchi sulla maternità, sul social network appena acquistato da Musk i commenti ironici, beffardi, sarcastici, anche surreali sulle dichiarazioni dell’imprenditrice hanno lenito per un po’ l’amarezza dell’accaduto: non solo le parole dette, ma anche i silenzi di chi stava nel pubblico, a partire dalla ministra Elena Bonetti che ci ha messo svariate ore prima di intervenire, tra l’altro – anche oggi su Repubblica – senza mai criticare l’imprenditrice, ma parlando genericamente della difficoltà delle donne rispetto al mondo del lavoro e delle misure prese dal governo su questo.
La rivolta alle parole della Franchi sui social ci dice una cosa positiva e cioè che, a differenza della politica immobile, la sensibilità delle persone su questo tema, e pure la consapevolezza, è molto elevata e questo è un bene. E se proprio volessimo vedere un secondo aspetto positivo nelle parole irricevibili della Franchi, in espressioni come le donne “figliano” così come nelle sue esternazioni così assurde – come quella per cui lei assumerebbe solo donne che hanno fatto tutti i giri di boa, ovvero solo ultraquarantenni “per lavorare così h24” – eccolo: il caso Franchi mostra con chiarezza come ci si possa dire femministe e al tempo stesso criticare e attaccare una donna per le sue parole e i suoi comportamenti. E’ un reato contro l’intelligenza quello di pensare che noi donne dobbiamo sempre e comunque difendere le donne, anche quando queste ultime sono indifendibili. C’è chi lo pensa. Franchi ci ha liberato da questo cliché.
C’è chi ha scritto che quanto detto dalla Franchi in realtà è il pensiero di tutti gli imprenditori, solo che lei al contrario di tutti lo ha esplicitato. Certo, questo può essere banalmente vero, ma è altrettanto vero, e anzi molto di più, che le parole formano la realtà esattamente come la realtà influisce sulle parole. E che perciò dire una cosa profondamente sbagliata e dannosa è grave esattamente quanto fare una cosa sbagliata e dannosa. Il fatto è che il punto toccato dalla Franchi è sempre il solito, delicatissimo, importantissimo: ovvero quello della conciliazione tra vita e lavoro, che le donne cercano disperatamente senza spesso riuscirci, a causa degli scarsi servizi, del mancato welfare, di un lavoro così scarsamente retribuito e tutelato che viene molto facile lasciarlo per occuparsi dei propri figli, nonostante l’amarezza che ciò comporta. E a causa, ovviamente, di una mentalità patriarcale e retrograda che a sua volta alimenta lo scarso welfare così come lo scarso welfare favorisce una visione oscurantista, in un circolo vizioso tutto sulle pelle delle donne. E che provoca una sofferenza e una frustrazione immani.
D’altronde, dal punto di vista della conciliazione lavoro-famiglia, i passi in avanti sono pochissimi. Abbiamo finalmente l’assegno per i figli, bene per gli autonomi che ne erano assurdamente privi, ma non basta per fare davvero un figlio in più. Abbiamo più asili grazie al Pnrr, peccato che siccome sono stati esclusi dai fondi i privati i comuni non siano stati in grado di spenderli. Abbiamo qualche giorno in più di congedo per i padri. A fronte di queste cose, c’è un lavoro che invece sempre più precipita verso la precarietà, in un paese dove manca anche un salario minimo e la politica non si riesce a mettere d’accordo su questo. Abbiamo donne sempre più povere, che non riescono proprio a far tornare i conti e la cui situazione si aggrava quando si separano. Precarietà e povertà o fanno sì che la donna lasci il lavoro oppure che faccia un figlio, ma sopportando costi altissimi.
In più, sempre a proposito di parole, ci tocca subire una retorica sulle madri che, siccome sono multitasking, in realtà se vogliono riescono a far tutto. O che basta che facciano le cose in maniera imperfetta per riuscire a conciliare. Come se la conciliazione fosse sempre un problema loro, psicologico, privato e non invece qualcosa che riguarda la società e la politica. Fanno bene allora le due autrici dell’ironico blog Mammadimerda, Francesca Fiore e Sara Malnerich, a dire, anche nel nuovo libro “Non farcela come stile di vita” in uscita in questi giorni per Feltrinelli, che l’unica cosa dire è che la conciliazione è impossibile. Che il fallimento, l’inadeguatezza sono le uniche cifre autentiche che le madri dovrebbero rivendicare contro chi le vuole o perfette o imperfette. Contro l’ipocrisia imperante che genera solo sensi di colpa nelle donne, le quali non sempre hanno gli strumenti per capirlo. E quindi ne sono doppiamente danneggiate.
In questo scenario buio, appaiono allora come un faro quegli imprenditori che invece rispettano le donne, le tutelano, vivono la maternità non come un tragedia ma un fatto naturale della vita, all’interno di un quadro di diritti rispettati. E anche se a volte quegli articoli su “l’imprenditore che invece di licenziare la donna incinta al colloquio l’assume” sono irrispettosi perché si tratta di qualcosa che non dovrebbe fare notizia, il fatto che lo sia anzi dimostra che c’è un problema, di una classe dirigente diversa abbiamo disperatamente bisogno. Non ne fa parte Elisabetta Franchi, che è stata così naif o forse arrogante da non capire come le sue parole si sarebbero ritorte contro di lei. Proprio lei che, tra l’altro, ha fatto un figlio a 45 anni! E dire a sua difesa che “anche io sono madre” non vuol dire nulla, perché essere madre non cancella un errore proprio come non cancellerebbe un reato.
Se dunque è giusto criticare, e anche boicottare – siamo liberi di esprimere il nostro dissenso come crediamo – persone come la Franchi, ancor più grave, mi pare, è il distacco ormai totale della politica rispetto al mondo del lavoro. La politica ha ancora tempo e interesse a occuparsi di temi sociali? A occuparsi delle condizioni di vita dei lavoratori sempre più poveri? A decidersi per un salario minimo? A mettere norme stringenti contro l’abuso di contratti a termine? A occuparsi della povertà delle donne e quella dei loro bambini? Ma anche della sicurezza dei lavoratori, sempre più a rischio? Si tratta di temi enormi, ma a volte servirebbero anche le parole o simboli giusti per cambiare le cose. Faccio un esempio: che nessuno del ministero degli Esteri sia andato al funerale di Fabio Palotti morto dentro la Farnesina è qualcosa che racconta benissimo il tragico dalla realtà di chi ci governa.
Si può dire amaramente che forse in questo senso abbiamo la parità tra uomo e donna. Parità di lavoro mal retribuito, parità nell’impossibilità di conciliare vita e famiglia, parità nell’impossibilità di riuscire a campare. A meno che, ovviamente, non accettiamo di lavorare “h 24”. Cioè da schiavi. Come i vari imprenditori che vorrebbero togliere il reddito di cittadinanza – l’unica vera importante misura contro la povertà in Italia – tanto desidererebbero. Anche questo è un pensiero medioevale, proprio come quello di Elisabetta Franchi. Siamo europei come gli altri nel mandare le armi, molto meno degli altri nel dare finalmente un volto civile al nostro mercato del lavoro.