Personale in fuga, concorsi per contratti (a tempo determinato) che vanno deserti, reparti congestionati, turni logoranti. In questi giorni sono diversi gli episodi che mettono in luce una generale sofferenza della sanità pubblica. Il sindacato dei medici dipendenti dal sistema sanitario nazionale, l’ordine e la Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere forniscono numeri e possibili vie d’uscita. “La questione dei pronto soccorso non può essere ridotta ad una sola causa. Il problema del personale dei dipartimenti di emergenza-urgenza è sicuramente uno dei motivi che pesano di più nella situazione di attuale difficoltà. Certamente – dice Carlo Palermo, segretario nazionale Anaao Assomed, il sindacato dei medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale all’Adnkronos Salute – la situazione dei pronto soccorso italiani. è qualcosa che viene da lontano, parliamo di un decennio di spending review che aveva ridotto le borse di specializzazione per i medici a 5mila l’anno. Bene ha fatto il ministro Speranza ad impegnarsi su questo fronte e in pochi anni siamo passati ai programmati 18mila contratti di formazione post laurea. Ma i nuovi colleghi li vedremo tra 5 anni, per cui oggi abbiamo una situazione intermedia da superare: mancano infatti 4.500 medici nei pronto soccorso. A questo si aggiunge un circolo vizioso legato ai turni massacranti di chi oggi lavora in prima linea, spesso con tutti i weekend lavorativi e difficoltà anche a fare le ferie“.
“Che fare? – si chiede Palermo – La prima cosa è assumere tutto il precariato che si è sviluppato nel settore durante la pandemia e quindi andare oltre i limiti imposti alla spesa sul personale. Dei 50-60mila operatori assunti a tempo determinato per l’emergenza Covid, 1.350 sono medici. Pochi, ma servono. Anche perché – ricorda il segretario dell’Anaao – tra pensionamenti e licenziamenti sono circa 7.000 le uscite annuali dal sistema. Ma si deve fare ancora di più: allargare le assunzioni nel Ssn a medici specializzandi a partire dal terzo anno. È l’unica arma che abbiamo”.
Secondo l’Anaao, c’è un “serio” problema di “accesso improprio nei pronto soccorso”, avverte Palermo che cita un dato: “Oltre l’80% degli accessi è fatto di codici bianchi e verdi che dovrebbero essere affrontati fuori dal pronto soccorso”. Ma dove? “Nelle case di comunità – risponde il sindacalista – previste nel Pnrr”. Il problema evidenziato spesso negli anni dall’Anaao è quello dei posti letto. “Abbiamo risolto l’imbuto formativo e ora ci ritroviamo quello ospedaliero, mancano i posti letto di Medicina e Chirurgia e i pazienti rimangono nei pronto soccorso, sulle barelle spesso, perché non c’è il letto nel reparto”. Infine, Palermo evidenzia anche la necessità di “rendere appetibile il lavoro ospedaliero e in pronto soccorso, trovo scandaloso che non si riesca a dare attuazione ai contratti che non sono applicati, quelli firmati nel 2019 sono stati bloccati dalla pandemia, quello del biennio 2019-21 è arrivato al tavolo dell’Aran e quello 2022-2024 dovremmo discuterlo in queste condizioni”.
Anche la Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) per cercare di uscire, nell’immediato, dalla criticità determinata dalla carenza di specialisti impegnati nei pronto soccorso, la strada è quella: remunerazioni più alte per chi lavora nei pronto soccorso e possibilità per le aziende ospedaliere di reclutare nelle aree di emergenza-urgenza anche medici non specialisti. “Sempre più concorsi banditi dalle aziende sanitarie e ospedaliere non riescono ad essere attrattivi e vanno deserti, come è successo per il pronto soccorso dell’ospedale Cardarelli di Napoli, e sempre più professionisti lasciano il pubblico per lavorare nel privato – dichiara Giovanni Migliore, presidente della Fiaso -. Di fronte a questa situazione di emergenza occorre una legislazione di emergenza, sul modello di quella che ci ha permesso di superare la pandemia, che consenta di assumere nei pronto soccorso sia gli specialisti di altre discipline, sia i laureati in Medicina e Chirurgia e abilitati alla professione medica pur se privi di specializzazione. A causa dell’imbuto formativo ci sono tantissimi giovani, che sono stati impiegati efficacemente durante il periodo dell’emergenza Covid, che non sono riusciti ad accedere alla specializzazione e che possono, tuttavia, essere di grande aiuto al sistema sanitario. Come aziende, inoltre, abbiamo bisogno di strumenti flessibili per il reclutamento del personale”. Migliore definisce poi “un segnale importante ma non ancora sufficiente per fermare l’emorragia di professionisti” l’indennità accessoria di 90 milioni di euro destinata dal ministero della Salute a chi lavora nei pronto soccorso. “Bisogna pagare di più tutti i professionisti che vi operano”.
Sul punto oggi è intervenuto anche il ministro della Salute, Roberto Speranza. Quello dell’affollamento è un n tema che riguarda “la grande questione del personale, noi dobbiamo investire di più e finalmente abbiamo fatto scelte molto forti. Abbiamo messo nell’ultima annualità 17.400 borse di specializzazione, il triplo di tre anni fa e il doppio di due anni fa. È chiaro che questi investimenti avranno una ricaduta nei prossimi anni. Avremo ancora qualche anno non semplice da gestire, ma oggi la lezione del Covid è stata nettissima: dobbiamo invertire la stagione dei tagli come stiamo facendo e dobbiamo aprire una nuova grande stagione di investimenti sulla sanità nel suo complesso. E, in modo particolare, sul personale sanitario. Abbiamo già iniziato a farlo e lo dicono i numeri”