Ormai da oltre due anni abbiamo imparato che l’uso della mascherina, insieme al distanziamento e all’igiene della mani, è uno degli strumenti più efficaci per evitare il rischio di contagiare o contagiarsi. Ma fra cinque giorni non ci sarà più l’obbligo di utilizzare la mascherina in aereo. Dal 16 maggio, secondo quanto prevede un aggiornamento delle misure di sicurezza per i viaggi, pubblicato dall’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea (Easa) e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), il dispositivo di protezione individuale non sarà più richiesto come requisito per viaggiare. La mascherina non sarà più obbligatoria nemmeno negli aeroporti, spiegano Easa ed Ecdc, precisando tuttavia che “la mascherina resta una delle difese migliori contro la trasmissione di Covid-19”, e che usarla è fortemente raccomandato per chi tossisce o starnutisce, nonché per tutte le persone fragili. Una decisione che arriva mentre si affrontano Omicron e le sue sottovarianti che hanno dimostrato la capacità di reinfettare anche chi era stato contagiato da Delta.

La revisione del protocollo congiunto Easa-Ecdc tiene conto degli ultimi sviluppi della pandemia, in particolare dei livelli di vaccinazione anti-Covid e dell’immunità acquisita naturalmente, e della conseguente revoca delle restrizioni in un numero crescente di Paesi europei. Oltre alle nuove disposizioni relative alle mascherine, è previsto anche un allentamento delle misure più rigorose relative alle operazioni aeree. Anche dopo il 16 maggio, comunque, le regole sulla mascherina dipenderanno per alcuni aspetti dalla compagnia aerea con la quale si viaggia. In particolare, “i voli da o verso una destinazione in cui è ancora richiesto l’uso della mascherina sui mezzi di trasporto pubblico – puntualizzano Easa ed Ecdc in una nota – dovrebbero continuare a incoraggiare l’impiego del dispositivo, secondo le raccomandazioni”. Quanto ai passeggeri vulnerabili, “dovrebbero continuare a indossare una mascherina indipendentemente dalle regole, idealmente di tipo Ffp2/N95/Kn95, che offre un livello di protezione superiore rispetto a una mascherina chirurgica standard”.

Sono stati diversi gli studi che hanno confermato nel corso del tempo l’importanza dell’utilizzo della mascherina. Uno degli ultimi è stato realizzato del Max Planck Institute. Secondo i ricercatori “tre metri non bastano per garantire protezione. Anche a quella distanza, in meno di cinque minuti una persona non vaccinata che sta vicino a una persona con Covid-19 può essere infettata con quasi il 100% di certezza. La buona notizia – si legge nello studio – è che se entrambi indossano mascherine chirurgiche ben aderenti o, ancora meglio, Ffp2, il rischio diminuisce drasticamente”. L’analisi di ricerca di un gruppo di scienziati (Institute for Dynamics and Self-Organisation) a Göttingen ha studiato fino a che punto i dispostivi di protezione individuale sono efficaci in quali condizioni di utilizzo. Nella ricerca è stato determinato il rischio massimo di infezione per numerose situazioni e sono stati presi in considerazione “diversi fattori che fino ad oggi non sono stati inclusi in studi simili”.

Secondo i ricercatori se sia la persona positiva a Sars Cov2 che quella non infetta indossano maschere Ffp2 ben aderenti, il rischio massimo di infezione dopo 20 minuti è poco più dell’uno per mille, anche a una distanza più ridotta. Se i dispositivi di protezione individuale sono indossati male la probabilità di infezione aumenta a circa il 4%, anche se comunque è ridotto il rischio di infezione. “Non avremmo mai pensato che a una distanza di diversi metri ci sarebbe voluto così poco tempo per assorbire la dose infettiva dal respiro di un portatore di virus” afferma Eberhard Bodenschatz, direttore del Max Planck Institute for Dynamics and Self-Organization. Un altro recente studio pubblicato su Jama ha messo confrontato le capacità di filtraggio di diversi tipi di mascherine: quelle di stoffa o chirurgiche avevano una capacità nel contenere le particelle virali variabile tra il 26% e il 79% mentre le Ffp2 avevano una capacità di filtraggio del 98,4%.

Lo studio del Max Planck

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