La procura di Foggia ha chiesto il rinvio a giudizio per l’ex sindaco leghista Franco Landella e per altri 17 imputati tra i quali l’ex presidente del consiglio comunale Leonardo Iaccarino e gli ex consiglieri della decaduta amministrazione Antonio Capotosto, Dario Iacovangelo e Consalvo Di Pasqua. I pubblici ministeri Roberta Bray ed Enrico Infante hanno chiesto l’apertura di un processo contestando accuse gravissime nei confronti degli ex amministratori, travolti dalle inchieste giudiziarie che portarono di fatto non solo alla caduta della giunta, ma anche il tribunale di Foggia alla dichiarazione di incandidabilità di una serie di nomi del panorama politico foggiano.
L’accusa per Landella è di aver chiesto e in alcuni casi ottenuto mazzette da imprenditori dauni. Secondo quanto accertato da Squadra Mobile, Digos e dal Servizio Centrale Operativo, Landella avesse incontrato Luca Azzariti, agente della società “G-One” interessata all’aggiudicazione dell’appalto avente per il project financing sui lavori di riqualificazione e adeguamento degli impianti di pubblica illuminazione nel comune di Foggia, poi sciolto per mafia: un affare da 53 milioni di euro per il quale l’ex primo cittadino avrebbe avanzato la richiesta di una mazzetta di 500mila euro poi ridotta a 300mila facendo percepire all’imprenditore che altrimenti avrebbe potuto “mandare tutto all’aria”.
Azzariti, però, registrò il colloquio e poi denunciò tutto alla magistratura. All’ex primo cittadino, inoltre, viene contestata la tangente da 32mila euro pagata dall’imprenditore edile Paolo Tonti per il voto favorevole a un atto amministrativo. L’inchiesta, per l’accusa, avrebbe svelato che parte della somma sarebbe stata consegnata dalla moglie del sindaco, Daniela Di Donna, dipendente comunale, e ai consiglieri comunali Capotosto e Iacovangelo nonché al presidente Iaccarino. A quest’ultimo, inoltre la procura ha mosso l’accusa di peculato per aver utilizzato i fondi del Comune di Foggia come una sorta di bancomat personale. Iaccarino, diventato famoso per i colpi di pistola esplosi durante la notte di Capodanno e ripresi in un video finito in Rete, avrebbe preso per sé o distribuito ad amici gel igienizzanti, termoscanner, 850 euro per addobbi natalizi e 500 euro per l’acquisto materiale informatico.
Nei loro confronti, come detto, il tribunale aveva dichiarato l’incandidabilità alle future elezioni. A questi, però, si sono aggiunti anche gli amministratori Liliana Iadarola, Bruno Longo ed Erminia Roberto. Per i giudici, infatti, una serie di elementi “concreti, univoci e rilevanti” li collegano a uomini della Società foggiana: “Collegamenti diretti ed indiretti dell’ex sindaco e di tali consiglieri comunali – scrivono i magistrati – con la criminalità organizzata di tipo mafioso, tali da determinare, indubbiamente, un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione comunale, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad essa affidati”. Non solo. I magistrati hanno ritenuto “attuale e fondata” l’ipotesi di una “soggezione” di “amministratori comunali rispetto a quelle logiche ‘spartitorie’ tra vari soggetti contigui o organici alla criminalità organizzata, con il rischio altissimo di compromissione della regolare funzionalità dell’ente, che il primo cittadino, nella sua posizione di garanzia e di primario rilievo per l’ente, dovrebbe garantire”.