È fuggita dalla Russia travestita da ‘rider‘, lasciando il cellulare in patria per evitare di essere rintracciata. Maria Aljokhina, una delle componenti delle Pussy Riot – gruppo punk noto al mondo per la protesta contro il presidente Vladimir Putin nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca – ha adottato uno stratagemma che le ha permesso di evadere dai domiciliari – scontati in casa di un’amica – passando inosservata agli occhi della polizia moscovita che la sorvegliava. L’impresa, raccontata da ‘Masha’ – come la chiamano gli amici – al New York Times, si è conclusa con l’arrivo dell’attivista in Lituania: un amico, l’artista islandese Ragnar Kjartansson, l’aveva accompagnata al confine con la Bielorussia e lì ha dovuto attendere una settimana per entrare nel paese baltico.
La guerra in Ucraina – Al momento dell’invasione russa, iniziata il 24 febbraio scorso, Aljokhina stava scontando una condanna a 12 mesi di “restrizione della libertà” per l’affaire sanitario: una somma di procedimenti penali per violazione delle norme anti-Covid, con cui le autorità punirono dieci oppositori scesi in piazza a inizio 2021 in segno di protesta contro l’arresto di Aleksej Navalny. Assistendo inerme all’offensiva di Putin, Aljokhina ha deciso di opporsi a modo suo: ha tagliato il braccialetto elettronico, pubblicando le foto sui social. Per questo gesto, il 21 aprile, un tribunale l’ha condannata in contumacia a 21 giorni di carcere vero, ma – cinque giorni dopo la sentenza – il ministero della Giustizia l’ha inserita nella lista dei latitanti: Masha era già fuggita.
Le dichiarazioni – “Sono contenta di avercela fatta, perché è stato un imprevedibile vaffanculo alle autorità russe. Ancora non mi rendo completamente conto di come abbia fatto”, ha detto l’attivista al New York Times. La donna recentemente è volata in Islanda per incontrare Kjartansson. Lì, la musicista farà delle prove per un concerto che si terrà in un edificio che un tempo ospitava la Corte Suprema. Con altre Pussy Riot, a partire dal 12 maggio a Berlino, parteciperà a un altro concerto di raccolta fondi per l’Ucraina.
I precedenti – Per lo show provocatorio del febbraio 2012 – che la vide impegnata a cantare una preghiera ‘anti Putin’ – Aljokhina e la compagna Nadja Tolokonnikova trascorsero quasi due anni di carcere, con l’accusa di ‘teppismo e odio religioso‘. Ma la pena scontata non frenò la sua indignazione – e le relative manifestazioni di dissenso – nei confronti delle politiche perseguite dal suo presidente. Tanto che, solo dalla scorsa estate, Masha è stata arrestata sei volte, ogni volta per 15 giorni.