Dopo un esposto presentato dai cronisti sono finite sotto la lente d’ingrandimento le società Edisud e Mediterranea, rispettivamente ex società editrice ed ex proprietaria del quotidiano di riferimento in Puglia e Basilicata. Entrambe le aziende erano state dichiarate fallite dal tribunale a giugno del 2020 mentre Ciancio, insieme al figlio Domenico, hanno rivestito il ruolo di legali rappresentanti ed ex azionisti della Edisud
Debiti tributari non pagati, liquidazioni di rimborsi senza giustificazioni per oltre 300mila euro e l’aggravamento del dissesto milionario dell’ex società editrice della Gazzetta del Mezzogiorno. Sono le accuse che a vario titolo vengono contestate dai magistrati della procura di Bari all’imprenditore catanese Mario Ciancio Sanfilippo, al figlio Domenico e a Franco Capparelli. Tutti destinatari di un avviso di conclusione indagini per i reati di bancarotta fraudolenta e societaria. Dopo un esposto presentato dai cronisti sono finite sotto la lente d’ingrandimento le società Edisud e Mediterranea, rispettivamente ex società editrice ed ex proprietaria del quotidiano di riferimento in Puglia e Basilicata. Entrambe le aziende erano state dichiarate fallite dal tribunale a giugno del 2020 mentre Ciancio, insieme al figlio Domenico, hanno rivestito il ruolo di legali rappresentanti ed ex azionisti della Edisud.
Il destino del quotidiano, che per sette mesi non è andato in edicola salvo poi riprendere la propria attività lo scorso febbraio grazie a una nuova realtà editoriale, si intreccia con le grane giudiziarie del suo ex proprietario. Ciancio è stato a lungo monopolista dell’informazione in Sicilia, vice direttore dell’Ansa e presidente della Federazione italiana editori giornali. In mezzo l’attività di ricco possidente e uomo d’affari, capace di istaurare relazioni di alto livello con il mondo della politica e delle istituzioni. Un potere con dei confini difficili da individuare ma su cui pesa l’ombra di Cosa nostra e la pesante accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. L’imprenditore, che il 29 maggio spegnerà 90 candeline, si trova attualmente sotto processo a Catania. Una vittoria giudiziaria però l’ha già incassata sul fronte del suo immenso patrimonio, finito sotto sequestro antimafia nel 2018 e poi restituitogli dalla corte d’appello del tribunale misure di prevenzione 916 giorni dopo.
Tra i beni c’era anche la società editrice della Gazzetta del Mezzogiorno. Già in crisi e con una richiesta di concordato preventivo depositata dagli amministratori giudiziari dell’epoca. Tornato al timone del quotidiano Ciancio chiede la messa in liquidazione di Edisud e il tribunale, su richiesta della procura di Bari, la dichiara fallita nell’estate 2020. Per l’accusa gli amministratori avrebbero aggravato lo stato di dissesto “per almeno 11,5 milioni” proseguendone l’attività aziendale tra 2012 e 2019 nonostante un progressivo decremento dei ricavi che, tra 2016 e 2019, avrebbe creato un deficit di cassa di 15,8 milioni: e così da un lato l’azienda non avrebbe pagato debiti tributari per 6,4 milioni e Inps per 8,4 milioni, dall’altro Capparelli e i Ciancio tra 2016 e 2018 si sarebbero liquidati rimborsi spese e spese di rappresentanza “prive di giustificazione economica” per 192mila euro. Per quanto riguarda Mediterranea la procura ritiene che tra il 2013 e il 2018 l’esercizio dell’impresa abbia aggravato il dissesto per 5,6 milioni, con un deficit monetario pari a 3,5 milioni tra 2016 e 2019.
L’editore siciliano, che in questa vicenda è difeso dall’avvocato Filiberto Palumbo, ha rimandato alla procura le accuse, sottolineando di avere messo mano al proprio patrimonio personale per circa 30 milioni di euro, così da salvaguardare la forza lavoro. Adesso bisognerà capire gli sviluppi della vicenda mentre procede a rilento il processo a Catania. Terminati la lista dei testimoni dell’accusa si dovrebbe arrivare alla requisitoria dei pubblici ministeri entro quest’anno. Ciancio per il momento non si è mai presentato in aula e mentre si svolgeva l’ultima udienza, in cui è stato sentito il giornalista e conduttore di Report Sigfrido Ranucci, l’editore ha preferito prendere parte a un convegno sui nuovi modelli di sviluppo del territorio nell’era digitale. Insieme a lui, attorno allo stesso tavolo, i vertici dell’Arma dei carabinieri di Paternò, in provincia di Catania, e diversi industriali locali. Intanto le due televisioni di riferimento dell’editore – Antenna Sicilia e Telecolor – dal 28 aprile sono entrate in prima linea nel nuovo digitale terrestre regionale con i canali 10 e 11.