Alan Gagloyev, a capo del partito di opposizione Nykhas ed ex agente dell’intelligence, ha vinto le elezioni presidenziali in Ossezia del Sud con il 54% dei voti, sconfiggendo il capo di Stato uscente Anatoly Bibilov, che si è fermato al 43% delle preferenze. La sconfitta di Bibilov, appoggiato da esponenti politici russi vicini al Cremlino e da un leader separatista del Donbass, può aprire un nuovo, problematico fronte per Vladimir Putin.

Bibilov aveva proposto, durante la campagna elettorale, di far svolgere un referendum per l’annessione dell’Ossezia del Sud alla Russia ma, evidentemente, non ha fatto breccia nel cuore degli elettori. Tutti i partiti politici locali sono schierati a favore di Mosca e dell’integrazione della repubblica separatista nella Russia ma Gagloyev ha accusato Bibilov di aver sfruttato la questione per mero interesse personale. Bibilov, che nel 2017 aveva ottenuto una vittoria sorprendente dopo aver sconfitto un uscente considerato il favorito della Russia, era entrato in rotta di collisione con molti per le sue tendenze autoritarie. Durante il periodo pre-elettorale, come ricordato dal portale Civil.ge, aveva messo in luce i problemi riguardanti la separazione dei poteri, in particolar modo quello giudiziario, la debolezza delle istituzioni, “l’anarchia” presente nella regione e l’ineguaglianza sociale derivante dal fatto che le donazioni russe finiscano nelle tasche di pochi mentre molti sopravvivono a stento.

L’Ossezia del Sud, situata nel Caucaso meridionale, è una regione prevalentemente montuosa. Fu annessa alla Russia zarista all’inizio dell’Ottocento e poi inclusa nelle Repubblica Democratica di Georgia. I rapporti tra osseti e georgiani, però, si rivelarono complessi e la creazione dell’Ossezia del Nord, unita alla Russia, complicò le cose. La crisi del sistema sovietico spinse gli osseti a dichiarare la propria autonomia ma i georgiani respinsero la richiesta e inviarono le truppe. Gli osseti, sostenuti da Mosca, proclamarono l’indipendenza nel novembre del 1991 e il conflitto si concluse con una partizione del territorio. Nel 2008 una nuova operazione militare georgiana, voluta dal presidente Mikhail Saakashvili, provocò un massiccio intervento russo a favore dei separatisti che, dopo il cessate il fuoco, ottennero il controllo di gran parte dell’Ossezia del Sud. Dopo la fine della guerra la Russia, seguita da pochi altri Paesi, riconobbe l’Ossezia del Sud come indipendente. Nel 2015 Mosca consolidò il controllo nella regione grazie a un trattato bilaterale di integrazione politica e militare che prevedeva una maggiore cooperazione in materia di sicurezza, la creazione di uno spazio comune di difesa, un aumento dei salari degli impiegati statali e dei pensionati, l’integrazione doganale e, secondo alcuni, l’integrazione di fatto dell’Ossezia del Sud nella Federazione Russa. La Georgia, la Nato e l’Unione europea definirono il trattato una violazione del diritto internazionale e dei principi dell’Osce. Circa 30mila georgiani sono stati cacciati dalla regione di Tskhinvali dopo il conflitto del 1991-1992 e la Guerra Russo-Georgiana del 2008. I pochi che sono rimasti, che costituiscono la maggioranza della popolazione nel distretto di Akhalgori, hanno dovuto far fronte, sin dal settembre 2019, alle continue chiusure dei valichi di confine con il territorio controllato da Tbilisi.

Mosca ha espresso l’auspicio, come riportato da Eurasianet, che Gagloev “preservi la continuità nelle relazioni con la Russia” e gli analisti ritengono che le cose andranno proprio così. “Nelle condizioni geopolitiche attuali” ha dichiarato Ruslan Totrov, editore di Os Nova, “il presidente dell’Ossezia del Sud è per definizione fedele alla Russia e qualunque altra ipotesi non è altro che un ossimoro”. Gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la Georgia hanno dichiarato che il voto è illegittimo e hanno affermato che non ne riconosceranno i risultati. L’organizzazione non governativa internazionale Freedom House, che effettua attività di ricerca su democrazia, libertà politiche e diritti umani, ritiene che le elezioni in Ossezia del Sud subiscano pesanti restrizioni e che le istituzioni locali siano quasi completamente dipendenti dal supporto economico e politico di Mosca.

Il Cremlino, come riportato da France24, ha sfruttato, per lungo tempo, i cosiddetti “conflitti congelati” per estendere la propria presa oltre i confini russi. Negli ultimi tre decenni ha appoggiato un regime pro-russo in Transnistria, una regione separatista della Moldova. Nel 2008 ha invaso la Georgia in supporto dei governi separatisti dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud, mentre sei anni dopo ha annesso la Crimea dall’Ucraina e ha iniziato a fomentare un’insurrezione nel Donbass. In ognuno di questi casi le azioni di Mosca sono state giustificate dalla presenza di popolazioni di russi etnici da proteggere e da un allontanamento dalla sfera di influenza della Russia.

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