Dopo il comunicato surreale dell'Ana che se la prendeva con persone dal "cappello tarocco", l'associazione cambia toni e promette di individuare i responsabili. E se la prende con "gli imbecilli" che li hanno danneggiati. Intanto Non una di meno diffonde un vademecum per favorire le denunce e la raccolta delle storie
Due giorni dopo il comunicato surreale dell’Associazione nazionale alpini che accusava persone con “il cappello tarocco” di essere responsabili delle molestie e quattro giorni dopo la fine dell’adunata, sono arrivate le scuse del presidente Sebastiano Favero. Lo stesso che, solo il 10 maggio, accusava le denunce raccolte sui social di non essere “attendibili” e chiedeva “fatti concreti”, ha riconosciuto che “adesso ci sono fatti concreti”. In un’intervista al Corriere della sera, ha dichiarato: “Faremo di tutto, insieme alle forze dell’ordine, per individuare i responsabili. E se sono appartenenti alla nostra associazione, prenderemo provvedimenti molto forti”. Un tono completamente diverso da quello usato per il comunicato diffuso lunedì 9 maggio dall’Ana, nel quale gli episodi di molestie venivano definiti episodi di “maleducazione fisiologici” in manifestazioni di così tante persone. Oggi i casi di molestie sono diventati, anche per Favero e per l’Ana, “episodi molto gravi che noi abbiamo condannato fin dall’inizio”. Intanto sono diventate 500 le segnalazioni e 160 i racconti raccolti dalle femministe di Non una di meno Rimini, quelle che non hanno mai dubitato delle testimonianze di ragazze e donne su palpeggiamenti, aggressioni e commenti inopportuni.
I racconti sono iniziati già durante la manifestazione del weekend, ma istituzioni e politici si sono esposti solo dopo che il caso è iniziato a montare in rete e sui giornali. Il primo è stato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini che ha chiesto “nessuna tolleranza”. Ma non è bastato perché tutti lo seguissero. Per avere le scuse degli alpini ad esempio, ci sono voluti altri due giorni e oltre 16mila firme raccolte su Change.org per chiedere lo stop alle adunate. Oggi Favero, sempre sul Corriere, invece di sminuire i racconti virtuali come fatto nella nota ufficiale, riconosce il problema e promette provvedimenti. Gli episodi di Rimini, ha detto, “hanno sicuramente creato malessere in chi li ha subiti, ma hanno anche provocato un danno d’immagine alla nostra organizzazione. Stiamo valutando con i nostri legali come tutelarci qualora vengano trovati gli autori”. Proprio quel “qualora” usato da Favero lascia molto perplessi ed è alla base delle difficoltà che hanno le vittime nel denunciare: i provvedimenti sono nella maggior parte dei casi contro ignoti e le probabilità che si arrivi a una condanna sono poche. “Quello che mi dispiace è che, per colpa di quelli che definirei degli imbecilli”, ha continuato Favero, “è stata coinvolta un’associazione che nella sua lunga storia si è guadagnata rispetto per la serietà e l’impegno mostrati. Si è generalizzato, facendo passare tutta la realtà alpina, anche quella degli alpini in armi, per qualcosa di diverso da ciò che è”. Una generalizzazione alla quale però, ha contribuito la stessa Ana che non ha subito preso posizione in maniera netta contro i responsabili delle molestie. Alla domanda se il problema è culturale, Favero commenta: “Può anche essere. E una volta che le cose si saranno chiarite, faremo al nostro interno le necessarie valutazioni. Certi atteggiamenti non sono più accettabili né tollerabili”. Ci sono voluti quasi quattro giorni, ma anche gli alpini ora chiedono chiarezza.
Ma nel mondo politico ancora circolano “distinguo” e c’è grande timidezza nell’arrivare a una condanna netta. Mentre continua il silenzio assordante del presidente Pd della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, a sinistra si cerca di risolvere il caso sollevato dalle donne dem di Rimini che si sono “dissociate dai toni accusatori”. Per prendere le distanze dalla loro portavoce Sonia Alvisi, oggi è intervenuta Cecilia d’Elia della Conferenza nazionale. “Da sempre lottiamo per contrastare la cultura dello stupro e per ribadire che le molestie non possono essere in alcun modo giustificate”, ha detto. Mentre per i vertici M5s per ora ha parlato solo il presidente della Camera Roberto Fico: “Siamo un Paese troppo maschilista”, ha dichiarato. “Quello che è accaduto a Rimini è Inaccettabile e deve farci riflettere. Frasi e molestie non possono essere sottovalutate, ed è necessario che tutte le donne che hanno subito molestie di qualsiasi tipo, fisico o psicologico, vadano a denunciare. Le istituzioni, ed io personalmente, ha concluso il presidente sella Camera, sono con loro”. Ieri c’è stata la prima denuncia, ma ne arriveranno altre. E intanto Non una di meno Rimini va avanti e insieme ai suoi legali ha diffuso un vademecum su come raccogliere le segnalazioni (le indicazioni sono sulla pagina Facebook e si può scrivere a nonunadimeno.rimini@gmail.com).