Il calciatore salentino è stato condannato in via definitiva a 3 anni e 6 mesi di reclusione con l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso dalla Cassazione nel novembre 2021. Potrà tornare ad allenare nella scuola di calcio, dovrà rispettare alcune prescrizioni come non rientrare in casa dopo la mezzanotte e non frequentare pregiudicati
Torna in libertà Fabrizio Miccoli. Dopo sei mesi di carcere, l’ex capitano del Palermo ottiene l’affidamento in prova come misura alternativa alla detenzione. Il calciatore salentino è stato condannato in via definitiva a 3 anni e 6 mesi di reclusione con l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso dalla Cassazione nel novembre 2021. I giudici della Suprema Corte avevano confermato la sentenza del gennaio 2020 della Corte di Appello di Palermo.
A restituire la libertà a Miccoli, detenuto a Rovigo, è stato il tribunale di sorveglianza di Venezia che ha accolto il ricorso del suo avvocato. Sulla base dell’affidamento in prova che il Tribunale gli ha accordato, Miccoli potrà tornare ad allenare nella scuola di calcio. Dovrà rispettare alcune prescrizioni come non rientrare in casa dopo la mezzanotte e non frequentare pregiudicati.
L’ex bomber era stato condannato dopo essere finito in un’indagine per aver chiesto a Mauro Lauricella, figlio di Nino detto u scintilluni, esponente della famiglia mafiosa della Kalsa, quartiere di Palermo, la restituzione di somme di denaro a un imprenditore per conto di un suo amico, già fisioterapista della squadra rosanero.
Agli atti dell’inchiesta anche alcune intercettazioni tra Miccoli e il figlio del boss della Kalsa: il giocatore definì Giovanni Falcone “quel fango” mentre stava aspettando l’amico in via Notarbartolo, nei pressi della casa dove abitava il magistrato. Per queste parole, Miccoli si scusò pubblicamente tra le lacrime.