“Finalmente ce l’abbiamo fatta. Ora siamo riusciti a catturare l’immagine di Sagittarius A (Sgr*A), il buco nero che si trova al centro della nostra Galassia, la Via Lattea” .Con queste parole Ciriaco Goddi, docente presso l’Università degli Studi di Cagliari, associato Inaf e Infn, veterano di questa impresa cui partecipa sin dal 2014, come coordinatore del gruppo europeo di BlackHoleCam, ha commentato la pubblicazione della prima immagine del buco nero che si trova al centro della Via Lattea. Si tratta della seconda immagine di un buco nero che sia mai stata rivelata dai ricercatori, ma è quella che li ha fatti faticare di più. Per riuscire a leggere i dati che arrivavano dal cuore della Via Lattea ci sono voluti infatti almeno cinque anni di duro lavoro e l’impegno di decine di ricercatori sparsi in tutto il mondo che si sono riuniti nel progetto dell’ Event Horizon Telescope (EHT) Collaboration.
“I dati grazie ai quali abbiamo potuto ricostruire questa immagine – ha precisato Goddi – sono stati acquisiti nel 2017. Nuove campagne di acquisizione sono state fatte negli anni successivi anche con il supporto di due nuovi telescopi che si sono uniti al progetto, per cui penso che in futuro avremo informazioni (ovvero immagini) più nitide anche per Sagittarius A”. Il dato importante è che con questa “immagine pubblicata oggi abbiamo la prima prova visiva diretta che quello al centro della nostra Galassia è a tutti gli effetti un buco nero” ha spiegato Goddi. “Nell’immagine vediamo una regione centrale scura circondata da una struttura brillante a forma di anello, che delinea il percorso della luce emessa dalla materia in orbita intorno al buco nero, percorso che viene distorto dalla sua potente gravità”, dice Goddi. “La regione scura al centro, che chiamiamo ‘ombra’ del buco nero, era proprio l’obiettivo che ci eravamo preposti di osservare, perché – continua – ci segnala la presenza dell’orizzonte degli eventi, la regione di non ritorno che è la proprietà che definisce un buco nero. Questo ci permette di testare la relatività generale di Einstein proprio a ridosso dell’orizzonte degli eventi, quindi alla frontiera ultima di un buco nero, dove la gravità è più estrema e quindi in un regime mai testato in precedenza”. Il lavoro degli scienziati va avanti.
“Oltre ad aggiungere nuovi telescopi, stiamo lavorando per fare delle osservazioni a frequenze più alte, che permettono di raggiungere risoluzioni migliori anche usando gli stessi telescopi – sottolinea Goddi – La nostra ultima frontiera ultima è lo spazio dove ogni sorgente potrebbe essere osservata costantemente da una costellazione di satelliti per creare dei veri e propri filmati del plasma in orbita attorno a SGRA e M87”. “Siamo rimasti sbalorditi da quanto le dimensioni dell’anello siano in accordo con le previsioni della teoria della relatività generale di Einstein”, commenta Geoffrey Bower, EHT Project Scientist all’Academia Sinica di Taipei, Taiwan e alla University of Hawaii at Mānoa, negli Stati Uniti. I risultati sono descritti in una serie di articoli pubblicati oggi, 12 maggio, su un numero speciale della rivista The Astrophysical Journal Letters. Il buco nero, che si trova a circa 27 mila anni-luce dalla Terra in direzione della costellazione del Sagittario, appare nel cielo con una dimensione pari a quella che avrebbe una ciambella sulla Luna. Per realizzarne l’immagine, il team ha creato il potente EHT mettendo insieme otto osservatori radio-astronomici in tutto il mondo per creare un unico telescopio virtuale dalle dimensioni del pianeta Terra. EHT ha osservato Sgr A* per diverse notti nell’aprile 2017, raccogliendo dati per molte ore di seguito, in modo simile a quando si effettua un’esposizione lunga con una macchina fotografica.