In un momento in cui il mondo è in apprensione per la guerra russo-ucraina mentre in Italia si è appena acceso lo scandalo degli indecorosi alpini ripresi in video a Torino in atteggiamenti molesti, sembrerà quasi fuori luogo parlare di un film che in fin dei conti parla di soldati, obbiettivi da colpire, squadre aeree e missili tomahawk. Nel 1986 Top Gun decollò in tutto il mondo rivelandosi un cult che raccontava in modo spettacolare una storia di competizione e fratellanza tra aviatori, pur restando lontano dal fronte, quindi dalla definizione di war-movie. Addolciva l’action delle sue battaglie aeree e il testosterone dei personaggi con la storia d’amore dal tocco fashion tra un giovanissimo Tom Cruise e la meravigliosa Kelly McGillis, mentre nell’immaginario collettivo si poneva di fatto come anello di congiunzione tra quell’Ufficiale e Gentiluomo con Richard Gere, narrazione con divise e istanze più romantiche, e il più estremo e dolente Rambo, entrambi dell’82.

L’ultimo citato diede il via ad un franchise che nei decenni si è miseramente piegato su se stesso, mentre di quello spericolato Maverick ci rimase il sorriso vincente stampato sui poster anni Ottanta poi ingialliti a suon di redditizi passaggi tivù del Biscione e gettati via ben prima del nuovo millennio, ma travasato in tanti altri film che hanno incoronato Cruise come star hollywoodiana ed esempio d’immarcescibile attore action dalle uova d’oro. Nonostante gli slittamenti di Paramount iniziati nel 2019, resta eccezionale il semplice fatto che sia stato prodotto un sequel ben 36 anni dopo, ma dobbiamo ammettere che il lavoro fatto per questo Top Gun Maverick nuovo di pacca che sarà nelle sale italiane dal 25 maggio e dal 27 in Usa è stramaledettamente ottimo.

Cruise in perfetta forma ai limiti di un patto col diavolo (60 anni a luglio, non il 4 ma il 3), torna a indossare occhiali a goccia e il famigerato giubbotto di pelle con le toppe che fecero epoca negli anni Ottanta. Stessa moto, ora impolverata ma sempre rombante, e corse nel deserto a evocare il passato. Al suo fianco la Jennifer Connelly che a quei tempi, ragazzina, girava C’era una volta in America agli ordini di Sergio Leone. Qui fa la nuova fiamma di Mav. Chissà se Pete “Maverick” Mitchell in questi anni è andato a letto presto, di sicuro ha continuato a volare, e, vedremo, a disobbedire agli ordini, anche sperimentando jet modernissimi a velocità Mach 10 (appena 12.250 kilometri orari) destinati a diventare droni. Fortunatamente questa sequenza sborona à la Fast and Furious non dura moltissimo e ci introduce subito nella vera avventura, l’essere richiamato dalla Marina come istruttore dei Top Gun per una missione delicatissima. Al suo fianco stavolta tanti nuovi giovani, in primis un Miles Teller davvero iconico e maturo che con questa parte resterà nella memoria di molti. Fa il figlio di Goose, l’amico di Maverick morto nell’ammaraggio drammatico del primo film. Un filo dolente e tensivo tra i due personaggi che gli sceneggiatori Ehren Kruger, Eric Warren Singer e Christopher McQuarrie hanno sviluppato con molta sobrietà omaggiando tutto ciò che gli aficionados conoscono a menadito.

Con Teller c’è anche la prima Top Gun cinematografica con volto e grinta di Monica Barbaro (prima parte importante in un film dopo diverse serie tv) e Lewis Pullman, figlio dell’attore Bill Pullman, che qui è il co-pilota un po’ nerd, un po’ com’era il Merlin di Tim Robbins (qui assente). Ma ci sono anche nuovi veterani come Ed Harris nei panni di un rude ammiraglio e Jon Hamm come vice-ammiraglio. Su tutti svetta Iceman. Ebbene sì, Val Kilmer, con tutta la fragilità che lo ha portato fuori dalle scene per il tumore alla gola torna a indossare i panni del vecchio amico graduato di Mav. La sua è la presenza più carismatica, e il modo in cui viene scritto e diretto il suo personaggio dal regista Joseph Kosinski è drammaturgicamente perfetto nel percorso dell’eroe protagonista.

La fedeltà di Kosinski al film capostipite sia in chiave visiva che narrativa possiede le immagini allo stesso modo di Tony Scott (regista di Top Gun qui affettuosamente omaggiato nei titoli di coda a 10 anni dalla scomparsa), per restituirle al pubblico in maniera emblematica. Di suo ci mette una equilibratissima gestione della tecnologia del set, nonché la muscolarità militaresca degli attori. Lo aiutano anche Hans Zimmer che rimodula la vecchia colonna sonora nella sua nuova e Lady Gaga che aggiunge la sua buona ballade inedita Hold My Hand. Anche se Take My Breath Away resta monoliticamente nei ricordi di tutti.

Certo, guardare oggi un film di radici reaganiane nato negli anni della Guerra Fredda che ruota pure intorno a una missione per far saltare un deposito d’uranio impoverito, senza peraltro alcuna nazione dichiarata dall’altra parte della barricata, e farlo mentre oggi l’Europa dell’Est ribolle pericolosamente sa quasi più di tentato esorcismo di massa che di mero film di finzione. A prescindere da quest’amara ma inevitabile riflessione, il sequel propone due ore e venti di vero cinema d’intrattenimento da guardare esclusivamente su grande schermo. Speriamo che Cruise e i suoi, nel presentarlo al pubblico globale nei prossimi giorni, oltre a tonnellate di glamour portino anche un serio e fermo messaggio di Pace.

#PEACE #PACE

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