La Finlandia ha ufficializzato l’intenzione di accedere alla NATO e ci si aspetta che la Svezia compia a breve lo stesso passo. I motivi sono intuibili: l’offensiva russa in Ucraina e le ripetute minacce rivolte ai due Paesi nordici, ove si fossero avvicinati all’Alleanza Atlantica, hanno ottenuto l’effetto contrario, dimostrando anche ai più scettici che la posizione di neutralità non avrebbe più potuto rappresentare uno “scudo di protezione credibile” nel caso di iniziative militari di Mosca. Alcune considerazioni al riguardo potrebbero risultare utili.

Si è fatto ripetutamente riferimento a un ipotetico “stato di pericolo” per i due paesi nell’arco temporale compreso tra la comunicazione dell’intendimento di entrare a far parte dell’Alleanza e il completamento del relativo iter formale di accesso e dell’applicabilità in tale periodo dell’articolo 5[1] del Trattato del Nord Atlantico (“le parti … convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo …..l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata”). Chi scrive non ritiene che sia in effetti rilevante il completamento dell’iter formale di accesso. Nella presente situazione, ciò che conta realmente è la manifestazione formale della volontà di accedere. A quel punto sia per la Russia sia per i paesi NATO Svezia e Finlandia sarebbero considerate di fatto membri dell’Alleanza. Con tutto ciò che questo “status” potrebbe comportare.

Non serve, comunque, richiamarsi all’articolo 5 per lanciare un’operazione militare della NATO. È sufficiente una decisione unanime al riguardo da parte degli stati membri. L’Alleanza infatti, non è in realtà soggetta ad alcun vincolo formale che le impedisca di lanciare una operazione militare che possa essere considerata offensiva. Basti considerare che gli interventi NATO in Bosnia (1995), Serbia e Kosovo (1999), Afghanistan (la NATO iniziò a occuparsi di Afghanistan nel 2003) , Oceano Indiano (2008), Libia (2011), solo per citare le operazioni più importanti, non furono avviati sulla base dell’articolo 5 del Trattato. Pertanto, nessun vincolo formale impedirebbe anche oggi un intervento militare NATO in supporto a Svezia e Finlandia ove venissero aggredite militarmente dalla Russia. Così come, ove tutti i paesi membri concordassero (e non sembrerebbe la situazione al momento), in teoria la NATO potrebbe anche intervenire in Ucraina appellandosi all’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite[2] anche senza che nessun paese NATO sia stato attaccato. Nel caso di attacco a Finlandia o Svezia, verosimilmente, gli Alleati si sentirebbero obbligati a intervenire militarmente, a differenza di quanto avvenuto nel caso dell’Ucraina (dove il contesto era ben diverso). Comunque, anche se non si volesse considerare la NATO in quanto tale, si sa che interverrebbero militarmente sia Washington si Londra (che tra l’altro si è recentemente impegnata formalmente a fornire una tale assistenza militare).

Occorre, inoltre, evidenziare che in base all’articolo 42[3] del Trattato Istitutivo dell’Unione Europea (“Qualora uno Stato membro subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri sono tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso” ) i paesi dell’UE sarebbero tenuti ad intervenire militarmente nel caso di un attacco militare a uno di loro e che ciò , stante la situazione avverrebbe verosimilmente nel quadro di un intervento NATO (a meno di un veto della Turchia al riguardo).

Può essere utile ricordare che l’articolo 10[4] del Trattato del Nord Atlantico prevede che requisito fondamentale per l’ammissione sia la capacità di “contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale. Mentre si potrebbe mettere in dubbio che l’Ucraina (con i suoi conflitti interni e contenziosi di confine oltre a problemi non risolti di efficienza dell’apparato statale) possa rispondere a questo requisito, non si può non riconoscere come l’accesso di Svezia e Finlandia potrebbe certamente contribuire positivamente a rinforzare l’assetto difensivo dell’Alleanza nel suo quadrante settentrionale.

Finlandia e Svezia aderirono entrambe all’UE nel 1995 e dalla fine della guerra fredda hanno costantemente mantenuto rapporti molto stretti con l’Alleanza Atlantica, partecipando anche a quasi tutte le operazioni a guida NATO a partire dalla meta degli anni ’90 del secolo scorso. Entrambi i paesi rispondono pienamente a tutti i requisiti di natura sia politica sia militare richiesti per accedere alla NATO, senza bisogno di adozione di alcuna riforma a tale scopo ( come in passato è stato necessario per diversi paesi ex patto di Varsavia o dei Balcani). Da trent’anni insomma entrambe hanno intessuto una cooperazione rafforzata con l’Alleanza e le loro Forze Armate sono già di fatto interoperabili con quelle dei paesi NATO. Inoltre, entrambe hanno una lunga storia di cooperazione militare con Norvegia e Danimarca, che sono membri storici della NATO. Spesso in ambito sia NATO sia ONU sono stati impiegati con successo contingenti “nordici” composti da unità di questi quattro paesi. Dopo l’occupazione russa della Crimea nel 2014 la cooperazione con la NATO si è ulteriormente rafforzata. È utile anche evidenziare che entrambe le nazioni si ispirano al concetto di “nazione armata” con servizio di leva obbligatorio, al termine del quale i cittadini diventano riservisti e vengono mantenuti a livelli di prontezza differenziati a seconda delle esigenze. Ciò comporta la possibilità in caso di emergenza di richiamare alle armi in tempi relativamente ridotti centinaia di migliaia di soldati forse poco adeguati alla condotta di “expeditionary operations” ma certamente adeguati e motivati alla condotta di una efficace manovra difensiva sui propri confini nazionali.

Ciò premesso, ovviamente sarà richiesto un iter formale che non potrà essere contratto più di tanto. L’ammissione dovrà essere ratificata da tutti i 30 paesi attualmente membri e per molti di essi, avendo un impatto su un trattato internazionale, sarà richiesto un passaggio parlamentare. Passaggio che in alcune capitali potrebbe non essere del tutto agevole. Infatti, non possono essere del tutto escluse resistenze da parte di forze politiche che interpretassero l’accesso di questi due paesi quale elemento atto ad aumentare il livello di tensione con la Russia oppure, più semplicemente, che utilizzino tale possibilità per mettere in difficoltà il governo.

Comunque, trattandosi di due paesi della UE , una tale eventualità se può portare ad un ritardo nel processo non dovrebbe risultare in un veto almeno nelle 21 nazioni che sono membri sia della NATO che della UE (a parte forse il caso dell’Ungheria). Dei 9 paesi NATO che non sono parte dell’UE l’unico ostacolo potrebbe essere rappresentato dalla Turchia, che ha già rappresentato le sue perplessità al riguardo. Ciò può essere dovuto sia a motivi di politica interna (l’ospitalità fornita dalla Svezia ad alcuni presunti terroristi curdi del PKK, che però pare una scusa) sia soprattutto alla volontà di mantenersi in posizione di terzietà tra Usa e Russia in relazione a questo conflitto. Erdogan, che già da anni gioca da “battitore libero” in ambito Alleanza Atlantica, ha saputo abilmente costruirsi un ruolo internazionale di mediatore proprio per non aver seguito le “indicazioni” di Washington in termini di sanzioni commerciali nei confronti della Russia e di invio di armi all’Ucraina. Per meglio comprendere la posizione di Ankara, occorre anche tener conto dell’ostilità turca a qualsiasi forma di avvicinamento tra NATO e UE.

Da vent’anni la Turchia sta ostacolando qualsiasi forma di collaborazione tra le due organizzazioni come risposta ala sua mancata ammissione all’UE. Ovvio che l’accesso d Svezia e Finlandia nella NATO rinsalderebbe il rapporto NATO-UE ( a quel punto Austria, Irlanda, Cipro e Malta sarebbero gli unici paesi UE a non essere membri NATO). Inoltre, il rafforzamento della presenza NATO nel Nord Europa, con l’ingresso nell’Alleanza di nazioni confinanti con la Russia, ridurrebbe la rilevanza di cui gode oggi Ankara grazie alla sua posizione geografica “di confine”. Non va neanche tralasciato l’atteggiamento ricattatorio più volte adottato da Ankara in ambito NATO. Atteggiamento tendente a bloccare o ritardare decisioni all’unanimità al solo fine di ottenere (dagli alleati) contropartite su altri tavoli. Inoltre, il veto turco in ambito NATO potrebbe essere adeguatamente ricompensato dalla Russia con concessioni in Siria o in Libia, dove lo Zar e il Sultano sono contrapposti. È, comunque, verosimile, che alla fine l’obiezione turca rientrerà, in cambio di concessioni in altri settori da parte UE o USA.

In merito alle possibili ritorsioni russe nei confronti di Svezia e Finlandia in relazione al loro intendimento di accedere alla NATO, sono sicuramente prevedibili dichiarazioni aggressive e forse minacce da parte del Cremlino. Peraltro, occorre tener presente che Mosca non può non rendersi conto che una sua eventuale ritorsione sui due paesi nordici sarebbe considerata un attacco contro la NATO stessa, indipendentemente da qualsiasi formalismo dovuto a tempistiche del loro accesso all’Alleanza. Per la Russia in questo momento, infatti, apparirebbe prioritario conseguire risultati tangibili in Ucraina (sia per consolidare le sue posizioni nell’est del paese, dove pare aver rinunciato ad acquisire la città simbolo di Kharkiv, sia soprattutto per tentare di realizzare il collegamento lungo la fascia costiera tra la Crimea e la Transnistria eventualmente tentando di acquisire l’atra città simbolo di Odessa). In questa situazione, Mosca molto difficilmente potrebbe permettersi di aprire un secondo fronte terrestre a nord. Ovviamente, ci saranno delle ritorsioni da parte di Mosca, ma queste potrebbero verosimilmente prendere forma di attacchi cyber o di blocco di approvvigionamenti energetici (come già preannunciato).

Ovviamente l’accesso alla NATO dei due paesi nordici comporterebbe una modifica dei rapporti di forza nelle regioni del Baltico e dell’Artico e la NATO ne risulterebbe molto rafforzata. Nel Baltico, in particolare, la Russia da tempo denuncia uno stato di accerchiamento. Tale stato di accerchiamento sarebbe ulteriormente aumentato. Si tratterebbe peraltro di un cambiamento più di percezione che di fatto. Ai fini militari il Baltico è già oggi un mare chiuso le cui chiavi di fatto sono nelle mani della Danimarca. Già oggi, infatti, la NATO potrebbe bloccarne gli accessi in caso di conflitto o ove la situazione internazionale lo suggerisse. Più rilevante sarebbe l’impatto nell’Oceano Artico (anche se né Finlandia né Svezia vi hanno accesso diretto). La penisola di Kola, prossima al lungo confine terrestre russo-finlandese, potrebbe essere infatti più vulnerabile ad un eventuale attacco terrestre da ovest. La penisola di Kola è la roccaforte della struttura militare della “Zona Artica della Federazione Russa”. Sin dal 2010 i russi hanno schierato importati assetti militari, anche terrestri, in questa zona artica in supporto alla Flotta del Nord che deve mantenere la disponibilità della rotta navale artica che collega gli Oceani Atlantico e Pacifico. Capacità che la Russia ritiene di fondamentale importanza per la sua sicurezza marittima e che interessa anche alla Cina per lo sviluppo di un tratto artico della “via della seta”. Da tempo, inoltre, gli int eressi di britannici e norvegesi nella zona artica sono contrapposti a quelli russi.

Occorrerà anche considerare come l’accesso di Finlandia e Svezia si rifletterà sui rapporti in materia di difesa e sicurezza tra NATO e UE. Potrebbe, infatti, essere un passo iniziale che porti, in breve, tutti i paesi UE ad accedere alla NATO. Scelta che parrebbe auspicabile per entrambe le organizzazioni. Occorrerà poi vedere se i paesi UE in ambito NATO riusciranno finalmente a parlare con una “voce unica” costituendo realmente un “pilastro europeo” dell’Alleanza che bilanci a quello statunitense o se continueranno come ora a farsi sgambetti a vicenda per ingraziarsi l’alleato d’oltreoceano. Sarà da vedere.

Noi italiani dobbiamo essere coscienti che se con lo scoppio della crisi ucraina il fianco sud della NATO ( già da alcuni anni una “cenerentola”) è stato di fatto messo nel dimenticatoio, con l’accesso di Finlandia e Svezia il baricentro degli interessi dell’Alleanza sarà ancora più lontano dal Mediterraneo. Inoltre, i due nuovi membri andrebbero a rafforzare ulteriormente il fronte dei paesi NATO più marcatamente anti–russi (che riunisce Nord America, paesi nordici e paesi ex patto di Varsavia). Nazioni che da tempo invocano un ritorno ad una concezione dell’Alleanza più orientata al “warfighting” (capacità di combattimento) che alla “gestione e prevenzione delle crisi”. Sarà, pertanto, necessario saper sviluppare un’azione politica in ambito NATO coordinata tra i paesi mediterranei e la Francia per far sì che l’Alleanza non continui a disinteressarsi del “fianco sud”. Ciò anche in un contesto in cui le inevitabili crisi economiche e alimentari che affliggeranno Medio Oriente e Nord Africa in conseguenza della crisi ucraina si rifletteranno pesantemente sulla stabilità del Mediterraneo Allargato. E nel Mediterraneo noi italiani siamo quelli “in prima linea”.

Note e citazioni

[1] Articolo 5 del Trattato di Washington: Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall’ari. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale. Ogni attacco armato di questo genere e tutte le misure prese in conseguenza di esso saranno immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza. Queste misure termineranno allorché il Consiglio di Sicurezza avrà preso le misure necessarie per ristabilire e mantenere la pace e la sicurezza internazionali.

[1] Articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite: : Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Le misure prese da Membri nell’esercizio di questo diritto di autotutela sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza e non pregiudicano in alcun modo il potere e il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al Consiglio di Sicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quell’azione che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale.

[3] Articolo 42 para 7 del Trattato Istitutivo dell’Unione Europea: Qualora uno Stato membro subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri sono tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in conformità dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Ciò non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri. Gli impegni e la cooperazione in questo settore rimangono conformi agli impegni assunti nell’ambito dell’Organizzazione del trattato del Nord-Atlantico che resta, per gli Stati che ne sono membri, il fondamento della loro difesa collettiva e l’istanza di attuazione della stessa

[4] Articolo 10 del Trattato di Washington: Le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire a questo Trattato ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale. Ogni Stato così invitato può divenire parte del Trattato depositando il proprio strumento di adesione presso il governo degli Stati Uniti d’America. Il governo degli Stati Uniti d’America informerà ciascuna delle parti del deposito di ogni strumento di adesione.

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