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Referendum, Giorgio Gori soccorso “rosso” a Salvini: “Voterò 5 sì”. Anche sulla legge Severino: rivuole i condannati in Parlamento

Il sindaco di Bergamo scende in campo per il voto del 12 giugno sui quesiti che - stando ai sondaggi - sembrano destinati alla bocciatura nel quorum e nel merito. E si schiera a favore anche della cancellazione della reiterazione del reato come criterio per applicare le misure cautelari

La campagna referendaria è sostanzialmente assente, il destino del quorum appare segnato, i sondaggi vanno malino anche sull’eventuale esito (nel senso che il No è in vantaggio). Ma a venire in soccorso dei quesiti proposti da Radicali e Matteo Salvini è il sindaco di Bergamo Giorgio Gori che annuncia che voterà 5 sì, quindi non solo sulla separazione delle carriere, sulle elezioni per il Csm e sui metodi di valutazione dei magistrati, ma anche all’abrogazione della legge Severino e alla modifica dei criteri per l’applicazione delle misure di custodia cautelari. “Per affermare il valore della presunzione di innocenza e dei diritti della difesa” scrive Gori su Twitter. E Salvini non può fare altro che ringraziare: “Grazie a Giorgio Gori per la sua voglia di cambiare la giustizia. Sì ai referendum!”. Il Pd, partito che esprime il sindaco Gori, ha dato già indicazione di 5 no.

Cosa accadrebbe se vincesse il sì su quei due quesiti referendari? Perché Gori parla di “presunzione di innocenza” e “diritti della difesa“. Nel primo caso si riferisce alla legge Severino. Ma se il concetto di “presunzione di innocenza” può avere una base di ragionamento per la parte che riguarda i sindaci (che vengono sospesi dopo la sentenza di primo grado per reati gravi ed alcuni reati contro la Pubblica amministrazione), non pare granché agganciata per la parte che riguarda i parlamentari che – in forza della legge Severino – decadono quando diventa definitiva la sentenza con pene maggiori a 2 anni sempre per reati gravi come mafia e terrorismo, contro la pubblica amministrazione e non colposi. Come sanno tutti Silvio Berlusconi nel 2013 è decaduto da senatore grazie alla legge Severino, alcuni mesi dopo la condanna definitiva per frode fiscale. Peraltro la legge impedisce anche la candidatura di chi è condannato in via definitiva, con gli stessi criteri.

Quando Gori parla di “diritti della difesa” si riferisce invece alla modifica proposta dal quesito referendario in relazione ai criteri per l’applicazione delle misure cautelari. Attualmente sono pericolo di reiterazione del reato, di fuga o di inquinamento delle prove. Se vincesse il sì verrebbe abrogata la motivazione della possibile reiterazione.