“Come si fa ad aprire un tavolo di negoziati con l’Ucraina che vuole indietro la Crimea? Il ragionamento è semplicissimo: la guerra è l’extrema ratio della politica. Se due parti in conflitto si confrontano su obiettivi incompatibili, dal punto di vista politico c’è solo la guerra. Se l’Ucraina chiede indietro la Crimea, la guerra deve continuare ed è inesorabile che continui, finché una delle due parti sarà sconfitta militarmentesul campo”. Così, a “Otto e mezzo” (La7), il filosofo Massimo Cacciari commenta le dichiarazioni della vicepremier ucraina Iryna Vereshchuk, secondo cui “la Crimea è, è stata e sarà sempre ucraina”.
Cacciari spiega che come per gli ucraini legittimamente il rovesciamento del governo di Zelensky è intrattabile, così la Crimea è un obiettivo intoccabile per Putin: “Se le due parti, o chi per loro, intendono porre obiettivi di questo genere e non trattabili, in politica c’è solo la guerra. Vogliamo correre questo rischio? Vogliamo che gli ucraini continuino a essere massacrati? – continua – Vogliamo correre il rischio di un conflitto aperto tra Russia e America? Bene. Se gli obiettivi sono incompatibili e le due controparti ritengono che siano sacri e non trattabili, è chiaro che c’è la guerra. Se si chiede a Putin o alla Russia di domani di restituire la Crimea, che è stata gentilmente donata da Kruscev nel 1954, bene, ci sarà la guerra”.
Il filosofo sottolinea che l’unico elemento trattabile è il Donbass con strumenti di diritto internazionale simili a quelli adottati per la risoluzione della questione sud-tirolese: “Ci possono essere trattative sul Donbass, chiedendo a Putin di ritirarsi da quei territori. Questo è possibile certamente se ci sono trattative serie per sistemare quei territori che sono a stragrande maggioranza russofoni. Sulla Crimea, invece, non c’è chiaramente la più remota possibilità di trattare, perché Putin non si ritirerà mai. E gli ucraini lo sanno benissimo, come lo so io. Si può sconfiggere la Russia e si prende la Crimea, la Georgia, il Caucaso, quello che si vuole. Ma con la guerra“.