In sala dal 16 al 18 maggio l'opera è un evento speciale nell’ambito del 70° anniversario del suo regno - Giubileo di Platino - i cui festeggiamenti culmineranno nella prima settimana di giugno
“È la monarca britannica più longeva e regnante di sempre. È il capo di Stato donna che ha amministrato più a lungo nella storia, il monarca vivente più antico del mondo, il più longevo e il capo di Stato attuale più antico. Più persone sognano la regina di qualsiasi altra persona”. Persino i repubblicani. Ne era convinto il compianto cineasta Roger Michell, quando decise di dirigere Elizabeth – A Portrait in Parts, il documentario più recente e probabilmente “definitivo” su Elisabetta II dal 16 al 18 maggio nelle sale come evento speciale nell’ambito del 70° anniversario del suo regno – Giubileo di Platino – i cui festeggiamenti culmineranno nella prima settimana di giugno.
Purtroppo se n’è andato prima della “sua” Regina il regista e drammaturgo sudafricano più British di molti nativi d’Albione – autore tra gli altri dell’iconica commedia Notting Hill – capace di concepire e confezionare il montaggio di “memorie visive” più significativo a lei dedicato finora realizzato. Assorbendo e superando i precedenti documenti “redazionali” assai modesti e didascalici (pensiamo ad Elizabeth R del 1992 e Monarchy: The Royal Family at Work o A Year with the Queen del 2007 in cinque episodi, il primo prodotto seriale su sovrana e famiglia) si tratta di un ritratto in parti (non casualmente sottotitolato “A Portrait in Parts”) tematiche vivacemente assemblate con il contributo arrivato da ogni parte del pianeta dagli anni ’30 al 2020, quale mirabolante “zibaldone” su Sua Maestà Elisabetta II, a Sua memoria preventiva e appunto paradossalmente postuma per chi l’ha firmato.
Corposo e “ingovernabile”, è il primo documentario “partecipato” democratico su un monarca (si perdoni l’ossimoro concettuale..) dove tutto – da homevideo amatoriali a video ufficiali d’archivio ma anche materiale filmico di finzione estraneo ma “coerente” alla narrazione – contribuisce a giustificare la ricchezza, complessità e straordinarietà dell’immaginario collettivo di cui Elisabetta della casata di Windsor è protagonista assoluta. Il tutto senza, naturalmente, ambire all’esaustività, obiettivo del tutto utopistico visto il personaggio in questione.
C’è un prologo (Beginnings) a cui seguono capitoli come The Queen’s Speech (un mix dei suoi ben noti discorsi ufficiali), Ma’am (come ci si relaziona a una sovrana? Qual è il protocollo regale? Qui le risposte..), Close-ups (rassegna ritrattistica di Her Majesty), In the Saddle (“in sella”, ovvero la sua passione per i cavalli), Celebration (il perché avere una Regina..), Love Story (lo straordinario amore di una vita per Filippo), Heavy is the Head (il senso della Corona, e la sua “pesantezza” anche fisica), Mummy (una regina “madre” a più livelli), Horribilis (l’anno difficile con Diana e il castello di Windsor incendiato), fino al Goodnight per il congedo notturno.
Si ride e ci si commuove in compagnia di questa eterna ragazza la cui effige tormenta da un settantennio le monete del Regno, corpo-diario che ha fatto la Storia (“tengo un diario ma non dettagliato come quello di Queen Victoria!”) dedicando finora 70 dei suoi 96 anni al “lavoro a cui il destino mi ha chiamata”. Dio salvi la Regina! Anche senza essere monarchici.