Il 24enne, originario di San Gemini (Terni), è partito il 20 febbraio. Il 13 maggio, a 33 chilometri dal confine con il Sudan, è stato fermato e incarcerato. Grazie a un contatto del luogo, è stato liberato il giorno dopo. Su Facebook ha raccontato quello che ha vissuto
Lorenzo Barone, 24enne di San Gemini (Terni), è stato arrestato in Etiopia, lungo la strada più lunga del mondo che unisce Sudafrica e Siberia, e sulla quale – dal 20 febbraio – si sta svolgendo la sua ennesima impresa in solitaria in sella alla bicicletta.
L’arresto – Il giovane, messo in cella per 18 ore insieme ad altri prigionieri, ha raccontato l’esperienza sulla sua pagina Facebook. “Ieri [14 maggio, ndr], mentre pedalavo attraverso il villaggio di Sheibi a soli 33 chilometri dal confine con il Sudan – ha spiegato Barone – sono stato fermato da un militare che mi ha obbligato a seguirlo fino all’accampamento. A quel punto altri militari in modo arrogante mi hanno preso la bicicletta, aperto le borse e tirato fuori tutto, senza trovare ovviamente nulla, pensavo quindi fosse finita lì“. La disavventura è però continuata: al giovane ciclista è stato detto che non avrebbe potuto proseguire il viaggio e sarebbe dovuto andare “dal boss“. “Il mio pensiero – ha proseguito – è stato ‘collaborano con i ribelli e adesso mi rapiscono’. Cominciavo a preoccuparmi, volevo chiamare Abyot, un ragazzo del quale avevo il contatto per farmi tradurre e spiegare la situazione ma non c’è stato nulla da fare, appena ho afferrato il telefono me lo hanno tolto con la forza e sequestrato. Abbiamo camminato per circa un’ora sotto al sole. Quattro militari impugnavano gli AK-47 circondandomi a distanza e uno spingeva la bici. Ho pensato ‘ok, è finita’“.
Un’attesa prolungata – “Siamo però arrivati al comando della polizia dove mi hanno ridato il cellulare e fatto sedere per terra vicino una baracca”, ha raccontato nel suo resoconto il giovane umbro, che da quando ha 18 anni viaggia da solo sulle due ruote. Arrivato all’accampamento, il ciclista si è ritrovato in mezzo ad altri prigionieri: “Alla mia destra c’erano delle ragazze e donne, sedute alla mia sinistra invece una cella con dei prigionieri somali ammucchiati come in un pollaio“. Ma solo scambiando un paio di battute con i militari si è accorto che avrebbe dovuto attendere più di quanto potesse immaginare: “Dopo un paio di ore ho chiesto se potevo ripartire, il poliziotto mi ha detto ‘no’ e io gli ho chiesto ‘domani?’ lui ‘non si sa, domani o dopodomani, chissà.. ora stai qui e dormi qui’, indicando il materassino sulla mia bici. Mi sono seduto di nuovo e mentre il tempo passava due ragazzi nella cella hanno iniziato a litigare. Il poliziotto li ha chiamati, sono usciti, li ha fatti mettere in ginocchio davanti a me e li ha frustati con un tubo di plastica, intanto un altro dietro di lui impugnando un AK-47 li guardava e rideva”.
Il contatto importante – “Cominciava a essere buio, hanno aperto la porta di un edificio e mi hanno detto di stare dentro, così è stato”. Ma Barone non si è perso d’animo e, chiuso nella cella, ha iniziato a chiedere aiuto: “Nel frattempo stavo informando le persone che potevano fare qualcosa per tirarmi fuori, ma solo Abyot stava contattando dei comandi di polizia e uffici immigrazione per dare l’ordine di liberarmi”. “Voleva raggiungermi – ha sottolineato – ma l’ho fermato e gli ho detto di venire la mattina perché i poliziotti erano mezzi ubriachi e ‘giocavano’ con i prigionieri, quindi reputavo la situazione pericolosa anche per lui. Stamattina [15 maggio, ndr] Abyot è arrivato e mi ha tirato fuori di lì. Abbiamo poi caricato la bici su un minibus e siamo andati diretti alla frontiera superando insieme i vari posti di blocco”.
Il lieto fine – “Il percorso in bicicletta sul percorso terrestre più lungo del mondo è stato interrotto per 33 km a causa della situazione che ho dovuto affrontare, ma sono davvero felice di essere vivo e libero“, ha concluso il 24enne, la cui ultima avventura si è svolta nel circolo polare artico, durante la quale si è fermato in Siberia a causa della pandemia: la sosta gli ha permesso di conoscere Aygul, l’attuale moglie. A giugno il viaggio di Barone riprenderà: fra poche settimane sbarcherà in Turchia, poi attraversando la Georgia arriverà in Russia. Lì lo aspetta Aygul per la fine di questa ennesima impresa, nel febbraio 2023.