La sua foto, lo scorso marzo, aveva fatto il giro del mondo. Una giovane donna incinta e insanguinata che fugge dall’ospedale di Mariupol dopo un attacco. Il 2 aprile scorso Marianna Vyscemyrska, era considerata da Kiev “ostaggio” di Mosca e i media ucraini ipotizzavano che potesse essere tra i cittadini deportati in Russia: alcuni volontari che stavano cercando di aiutarla avevano riferito che i russi stavano cercando di usarla nel tentativo di ribaltare la versione sull’attacco all’ospedale. A distanza di un mese e mezzo da quell’allarme è arrivata la prima intervista. La giovane donna, diventata madre un giorno dopo la foto dell’Associated Press, alla Bbc ha raccontato l’esperienza di quel 9 marzo, quando con il suo pancione, avvolta in un piumino, con la fronte insanguinata era fuggita dal reparto maternità dell’ospedale appena bombardato.
“La mia foto è stata usata per diffondere bugie sulla guerra” ha detto spiegando com’è stato finire al centro di una campagna di odio e disinformazione proprio mentre la figlia Veronika stava per nascere. “Ho ricevuto minacce che sarebbero venuti a cercarmi, che sarei stata uccisa, che mia figlia sarebbe stato fatto a pezzi”. La vicenda del bombardamento dell’ospedale era finita da subito al centro di una guerra di propaganda. I media russi si erano spinti a sostenere che l’ospedale era una base miliare e che Marianna, beauty blogger di professione, era stata utilizzata dagli ucraini come ‘attrice’ nel raid sull’ospedale. Successivamente su Twitter la giornalista ucraina Olga Tokariuk aveva postato un’intervista video pesantemente tagliata in cui la ragazza – da Donetsk, territorio occupato dai russi – affermava che non si era trattato di un bombardamento bensì di “colpi” di artiglieria. Alcuni siti legati a Mosca lo avevano rilanciato affermando che la ragazza “conferma che i militari ucraini avevano occupato l’ospedale” e “preso il loro cibo” e che “non c’è stato alcun attacco aereo”. In ogni caso il suo discorso, a causa dei tagli, risultava spesso difficilmente comprensibile.
Ora Marianna, contattata nella sua città natale, in una zona del Donbass controllata dai separatisti sostenuti dai russi, ha parlato in collegamento video con l’emittente britannica, aiutata per la parte tecnica da Denis Seleznev, un blogger che sostiene apertamente i separatisti filo-Mosca. Un particolare, questo, che ha sollevato la questione su quanto fosse libera di dire ciò che voleva. Il 9 marzo, ha ricordato, stava chiacchierando con altre donne nel reparto maternità quando un’esplosione ha scosso l’ospedale. Si è tirata una coperta sulla testa. Poi una seconda esplosione: “Si sentiva volare tutto intorno, schegge e altro. Il rumore mi è risuonato nelle orecchie per molto tempo”. Le donne si sono riparate nel seminterrato con altri civili. Dopo, quando le foto scattate dall’Ap hanno fatto il giro del mondo, “alcuni dicevano che ero un’attrice, altri che mentivo perché non c’erano raid aerei“, ha raccontato. Anche alcuni che considerava amici non le credono: “È un peccato quando le persone che conosco credono in qualcosa che io non ho fatto”. Marianna ha confermato che l’ospedale stava sicuramente curando lei e altri pazienti, contrariamente alle affermazioni di Mosca secondo cui l’edificio non funzionava come struttura sanitaria. “In realtà non posso incolpare nessuno, perché non ho visto con i miei occhi da dove provenivano le esplosioni” ha detto