Pare più che mai evidente come la comunità internazionale sia di fronte a un bivio di importanza senza precedenti. Infatti, senza retorica e senza esagerazioni, si può affermare che la scelta da compiere riguarda il futuro, nel senso che occorre decidere se un futuro per l’umanità possa esistere oppure no.

A quasi tre mesi dalla scelta del governo russo di invadere l’Ucraina è sempre più chiaro come siamo entrati in una fase nuova, forse senza ritorno, della vita internazionale di relazione. Non è inutile chiarire alcuni presupposti di questa nuova fase. C’è da un lato, cronologicamente e logicamente precedente, la scelta degli Stati Uniti e della Nato di giocare la carta ucraina per indebolire la Russia e cercare in tal modo una rivincita sui numerosi fallimenti subiti in esito alle guerre di aggressione lanciate in vari Paesi (Afghanistan, Iraq, Libia) e alla situazione di stallo della controffensiva reazionaria in America Latina, dove non è andato a buon fine il tentativo di dare delle spallate a Cuba, Nicaragua, Venezuela e si è registrata anzi la significativa vittoria di Boric in Cile e si delineano quelle di Lula in Brasile e, forse, di Petro in Colombia. Il secondo presupposto è stata la scelta di Putin di procedere all’invasione dell’Ucraina, illudendosi ingenuamente di anticipare in tal modo la stretta della morsa della Nato. E’ evidente come vi sia stata una grave sottovalutazione della capacità di resistenza dell’Ucraina, di come la guerra d’invasione colle nefandezze che vi si sono accompagnate abbia determinato un forte rilancio del nazionalismo ucraino e che essa abbia agito come un vero e proprio boomerang motivando da ultimo la richiesta finlandese e svedese di entrare nella Nato.

Lo scontro, quindi, è oggi più che mai tra due opposte scelleratezze. La prima e per certi aspetti originaria, quella della Nato e degli Stati Uniti, appare oggi all’offensiva strategica. Inebriati dalla prospettiva di una vittoria sul campo che comporti addirittura la riconquista da parte dell’Ucraina di Crimea e Donbass, gli insulsi leader dell’Europa saldamente aggiogata al carro della cosiddetta alleanza occidentale, da von der Leyen a Michel a Gentiloni, suonano irresponsabilmente la carica, senza rendersi conto che l’Europa di cui sono i sedicenti portavoce costituirebbe il campo di battaglia di uno scontro generalizzato e che con ogni probabilità la Terza guerra mondiale, data la natura e il potenziale distruttivo degli strumenti bellici a disposizione delle parti, sarebbe la ultima.

Occorre quindi aggiungere, ai due scellerati citati, un terzo scellerato, che subisce inoltre l’aggravante di non avere alcuna voce in capitolo sull’andamento della guerra e delle scelte da fare. Di tale terzo scellerato sono parte integrante gli imbarazzanti membri del governo italiano e le forze politiche che lo sostengono, nessuna esclusa. Mentre pateticamente Draghi emette qualche flatus vocis di pretesa natura “pacifista” senza peraltro avere il coraggio di esternare alcun pensiero conseguente al cospetto dell’alleato-padrone, tutte tali forze politiche, in particolare Salvini e Conte, mugugnano senza costrutto, più che altro per intercettare la chiara volontà di pace del popolo italiano che vede di mal occhio le forniture di armamenti all’Ucraina nella prospettiva dichiarata di sconfiggere la Russia. A tale mugugno corrisponde, sul piano dei comportamenti di fatto, la ritrosia del Parlamento, ben esemplificata dal mancato raggiungimento del numero legale nella votazione sul decreto Ucraina bis.

Ma il tutto, come ovvio, all’italiana: di nascosto e senza prese di posizione di un profilo degno di essere notato. In chiara violazione di tutto l’impianto costituzionale che esclude l’entrata in guerra dell’Italia e il suo ricorso alla forza su questioni diverse dalla difesa del territorio nazionale e, su di una questione di vita o di morte come la scelta fra guerra e pace, pretende ovviamente chiarezza di scelte e rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini.

La situazione è grave e non permette ambiguità e tentennamenti. A fronte di una pericolosissima situazione di stallo che le parti in causa potrebbero essere tentate di risolvere col ricorso alle armi nucleari, occorre invece rilanciare con forza le ragioni della pace, chiedendo che l’Italia esca subito dal conflitto, per rendersi protagonista, in collaborazione col Vaticano, la Cina ed altri, di un tentativo di mediazione, basato sulla rinuncia dell’Ucraina alla Nato e l’esercizio del diritto di autodeterminazione da parte della popolazione dei territori contesi, in particolare Crimea e Donbass. Ma per raggiungere tali obiettivi vitali occorre sbarazzarsi del governo Draghi, ormai stracotto, e andare a nuove elezioni nelle quali le forze politiche esprimano senza trucchi e infingimenti la loro posizione sulla guerra, affinché ciascuno di noi possa scegliere il proprio destino.

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