A Mestre il consigliere dem Paolo Ticozzi ha presentato una mozione per aggiungere dei cartelli che spieghino in senso critico l’origine dei nomi di massacri coloniali e di personalità vicine al fascismo
Amba Aradam, Amba Alagi, Amba Uork. E ancora: Tommaso Salsa, Antonio Baldissera, Cardinal Massaia, Padre Reginaldo Giuliani. Cosa accomuna queste parole? Un passato di cui non dovremmo più andare fieri, quello del colonialismo italiano, liberale prima e fascista poi. Dalle battaglie come quella dell’Amba Aradam, del febbraio 1936, quando l’esercito italiano guidato da Pietro Badoglio sconfisse la resistenza etiope grazie all’uso massiccio di armi chimiche – da cui il termine ambaradan che tuttora indica una situazione caotica – o dell’Amba Alagi, del 1895 (durante la guerra di Abissinia), al battaglione degli Alpini Amba Uork, l’unico dell’esercito regio presente nell’Africa Orientale (allora) italiana nella Seconda Guerra mondiale. Fino ai generali e agli uomini di fede che parteciparono attivamente all’espansionismo coloniale italiano. Nomi che tuttora campeggiano su alcuni cartelli stradali, in varie città italiane.
A Mestre, Comune di Venezia, un consigliere del Pd, Paolo Ticozzi, ha presentato una mozione per aggiungere dei cartelli che spieghino in senso critico l’origine di quei nomi contestati, rimasti a lungo ma stridenti con lo spirito dell’Italia repubblicana e antifascista. Mozione sottoscritta da tutto il gruppo del Pd nel Consiglio di Ca’ Farsetti, dominato dalla maggioranza di centrodestra che sostiene il sindaco Luigi Brugnaro. E sostenuta anche dalla sezione Anpi Erminio Ferretto di Mestre. “Se non si possono cambiare i nomi delle vie legati al colonialismo fascista – è l’oggetto dell’atto depositato in Comune, che attende di essere discusso – almeno inseriamo dei cartelli storico-critici”. Ma dall’assessora con delega alla toponomastica del Comune di Venezia, Paola Mar, è già arrivata una netta chiusura, affidata nei giorni scorsi al quotidiano La Nuova di Venezia e Mestre: “Una questione ideologica, la storia non si può cancellare. Va conosciuta, nel bene e nel male, deve fare da monito”. Di cambiare i cartelli, come aggiunto da Mar – storica, assessora con Brugnaro già dal 2015 – “non se ne parla”. Non una difesa dei crimini fascisti, ma un’indisponibilità a modificare la toponomastica mestrina: “Sono episodi che non fanno certo onore all’Italia (per esempio, quanto accaduto ad Amba Aradam) ma devono essere conosciuti, dobbiamo essere noi i primi a interessarci”.
Pochi giorni dopo il 25 aprile, la polemica sulle vie che richiamano i massacri coloniali e i generali fascisti non è del tutto esaurita. “La mia proposta – racconta a ilfattoquotidiano.it Ticozzi, primo firmatario della mozione – prende spunto dall’iniziativa di alcuni collettivi di altre città, come gli scrittori Wu Ming, contro l’odonomastica fascista. Visto che l’assessora alla Toponomastica ha dichiarato più volte di non voler cambiare i nomi di alcune vie, per evitare disagi a cittadini e imprese, allora almeno spieghiamo cosa sono quei nomi, per far capire cosa significhino”. Come? “Scrivendo ‘massacro fascista’, per esempio”.
La questione nasce da un evidente cortocircuito legato al cambiamento dei tempi. “L’intitolazione degli odonimi rappresenta nei fatti, se effettuata a persone, un’onorificenza a quelle persone – sono le considerazioni del consigliere – Qualora l’intitolazione avvenga con nomi di luoghi teatro di avvenimenti storici, di norma è perché gli avvenimenti sono importanti per la storia nazionale anche dal punto di vista valoriale”. In questo caso, invece, “abbiamo personaggi e avvenimenti legati a un periodo storico nefasto, su cui in Italia probabilmente non si è ancora fatta la dovuta riflessione. Ci sono stati veri e propri crimini di guerra, su cui c’è da creare una memoria pubblica. Immagino una persona di origine etiope che cammina per la città e si imbatte in vie con nomi simili…”.
La proposta di aggiungere dei cartelli informativi mira a “spiegare i fatti e prendere le distanze da quegli avvenimenti, in qualche modo scusandosi: proprio per lavorare dal punto di vista storico, la mia idea è di coinvolgere l’Iveser (l’Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea), che è un’istituzione che collabora anche col Comune e ha una funzione importante, per rendere questi luoghi occasioni di memoria, in collaborazione con l’Anpi”. Proposta che però sembra già bocciata in partenza. “La risposta dell’assessora mi ha lasciato basito – continua Ticozzi – Da un lato si dice che i cittadini dovrebbero essere curiosi, dall’altro che i cartelli che dovrebbero aiutare queste curiosità non vanno bene. Non c’è nulla di ideologico qui, si parla di storia”.
“La toponomastica è un argomento delicato che ripercorre dei processi storici”, è la controreplica dell’assessora Mar a ilfattoquotidiano.it. “La storia normalmente la scrivono i vincitori e poi viene revisionata tanti anni dopo, eventualmente. Ma se dovessimo spiegare tutto dovremmo tappezzare la città di una serie di aggiunte”. Un esempio? “Calle del pistor indica in veneziano l’antico mestiere di colui che rivendeva il pane: dovremmo spiegare anche questo? O ancora: per via Dante dovremmo scrivere ‘Poeta’ etc.? Perché poi farlo per queste vie e non magari per via Stalingrado, per fare un esempio? L’approccio dev’essere univoco e generale: la responsabilità pubblica sta nel trattare tutto alla stessa maniera.”
Al di là dell’impegno economico e fattivo, però, l’aggiunta di cartelli informativi avrebbe come significato la presa di coscienza di un cambiamento dei tempi e di una critica rispetto a certe intitolazioni del passato che oggi suonano negativamente. “Sì, ma leggendo le delibere di intitolazione dell’epoca, parliamo degli anni ’60-’70, si scopre che allora furono votate all’unanimità. La polemica è strumentale”. Quindi niente da fare? “I nomi delle vie non si cambiano per non creare disagi ai cittadini”. E i cartelli informativi? “Bisognerebbe dare spiegazioni su tutto. E le spiegazioni cambiano in funzione del contesto storico. Senza cartelli ci si può incuriosire e andare a cercare l’origine dei nomi, magari leggendo un’enciclopedia e formandosi un’opinione liberamente. Aggiungo una cosa: io, eletta con una lista civica, come assessora ho intitolato oltre il 40% dei toponimi al femminile”.