Giustizia & Impunità

Crack Imco, tutti assolti gli imputati a Milano. Il Tribunale: “Il fatto non sussiste”

La procura aveva chiesto tre condanne dai 5 ai tre anni e mezzo di carcere e 9 assoluzioni. "Dopo 12 anni di graticola, è stata ristabilita la verità, hanno detto alcuni difensori. Il processo è durato sei anni. L'inchiesta era nata nel 2010

Tutti assolti a Milano i dodici imputati, tra cui Piergiorgio Peluso, figlio dell’ex ministra della Giustizia Annamaria Cancellieri, per concorso in bancarotta in relazione al fallimento di Imco, una delle holding della famiglia Ligresti, socia di Fonsai. A deciderlo è stata la II sezione del Tribunale di Milano, presieduta da Nicola Clivio, con la formula perché il fatto non sussiste. La procura aveva chiesto tre condanne dai 5 ai tre anni e mezzo di carcere e 9 assoluzioni. “Dopo 12 anni di graticola, è stata ristabilita la verità, hanno detto alcuni difensori.

Il rinvio a giudizio era stato disposto nel febbraio del 2016. Imco era stata dichiarata fallita nel giugno del 2012 insieme alla controllante Sinergia. Le indagini era state coordinate dall’allora pm Luigi Orsi, il fascicolo era stato poi ereditato dal pm Donata Costa. Peluso era finito imputato perché quando era dirigente di Unicredit Corporate Banking era accusato di essere stato tra gli artefici di un’operazione di ristrutturazione del debito di Sinergia, la holding del gruppo immobiliare della ex ‘galassia Ligresti’, che si sarebbe rivelata “letale” per la controllata Imco e che, al contempo, secondo l’accusa, avrebbe privilegiato Unicredit. Secondo l’ipotesi dell’accusa gli ex consiglieri e sindaci avrebbero dissipato “il patrimonio di Imco spa con una operazione, preparata nei mesi antecedenti e perfezionata il 5 agosto 2010, in virtù della quale” la società, tra le altre cose, “si accollava la quota di un finanziamento già concesso dalla banca Ge Capital alla controllante Sinergia per 20 milioni di euro”.

La vicenda aveva avuto origine dal salvataggio di Sinergia, indebitata inizialmente con Bipop Carire, alla quale sono successivamente subentrati Unicredit con 88,5 milioni e Ge Capitale per 20 milioni, per un totale di 108,5 milioni. La ristrutturazione del debito della capofila, però, secondo la ricostruzione degli inquirenti e degli investigatori delle Fiamme Gialle, sarebbe avvenuta tramite un trasferimento dei 108,5 milioni di euro di debito bancario sulle “spalle, non robuste, della controllata Imco”, nell’interesse degli istituti di credito, in primo luogo Unicredit, e poi Ge Capital. Al termine dell’operazione Imco, secondo le contestazioni, avrebbe assunto “il rilevante debito già in capo alla controllante Sinergia” e si “indebitava verso i medesimi creditori“, concedeva “garanzia sui propri beni e specialmente l’area cosiddetta Cerba”, giustificando “il versamento alla controllante con l’acquisto di un cespite (Tenuta Cesarina) privo di valore commerciale”.Ma il Tribunale ha respinto per tutti gli imputati l’ipotesi della procura.

“Sono contento, dopo 10 anni di sofferenza. È una giusta decisione, lungamente attesa” ha commentato in aula Salvatore Rubino, ex presidente di Imco ed ex dg di Sinergia. Salvatore Peluso, ai tempi amministratore delegato di Unicredit Corporate Banking, visibilmente commosso, subito dopo la lettura del dispositivo non ha voluto dire nulla, se non ricordare che sono trascorsi in realtà 12 anni: l’operazione per cui è nata l’inchiesta inizialmente coordinata dal pm Luigi Orsi fino alla fase della richiesta di rinvio a giudizio risale al 2010. Il pm Grazia Colacicco, che ha ereditato il procedimento, al termine della sua requisitoria aveva chiesto 5 anni per Rubino, 4 anni e mezzo per Fausto Nunzi, allora consigliere di Imco e presidente di Sinergia e 3 anni e mezzo per Peluso, ritenendoli responsabili di aver dissipato “il patrimonio di Imco spa con una operazione, preparata nei mesi antecedenti e perfezionata il 5 agosto 2010”, che aveva lo scopo di salvare Sinergia ma che invece avrebbe favorito Unicredit. Per tutti gli altri consiglieri e sindaci delle due società della galassia Ligresti, la richiesta era stata l’assoluzione. Il dibattimento davanti al Tribunale era cominciato 6 anni fa e ha subito un ‘rallentamentò per via dei carichi di lavoro del precedente collegio (era impegnato sul caso Mps) poi sostituito con uno nuovo della stessa sezione. L’avvocato Davide Steccanella ha sottolineato che questo “è stato un processo celebrato in un clima sereno, di collaborazione tra pm, giudici e difese”. Carlo Tremolada, altro difensore, ha commentato: “È stata ristabilita la verità nel contesto di un dibattimento costruttivo e che ha chiarito che questo processo non doveva nemmeno nascere”.