Film italianissimo nonostante i registi stranieri la pellicola - tratta dal libro che nel 2017 ha vinto il premio Strega - è insieme a Nostalgia di Martone il secondo titolo tricolore in corsa per la Palma d’oro 2022
La sacralità della montagna, che tutto vede, sente e conosce da sempre e per sempre. In pochi ne penetrano i segreti, ma chi ne è “illuminato” ha il destino segnato e soprattutto l’ego “dimensionato”. Paolo Cognetti è tra questi, scrittore sopraffino che a un certo punto della vita ha scelto la via montana e ne ha estratto un romanzo folgorante, Le otto montagne (Einaudi), vincitore dello Strega nel 2017. Oggi il testo è diventato un film omonimo, concorrente al 75° Festival di Cannes, per la regia della coppia belga Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeersch con protagonista il duo reso popolare da Non essere cattivo del compianto Caligari, Luca Marinelli e Alessandro Borghi, tornati a recitare insieme dopo sette anni. “Claudio Caligari ci ha regalato questo legame di incredibile amicizia tra noi, questa famiglia. Felix e Charlotte ce ne hanno fatto un nuovo, dopo sette anni, perché sul lavoro non ci eravamo più incontrati” dichiarano emozionati quasi all’unisono Borghi e Marinelli, che hanno ritrovato un “noi” rafforzato, “magari un po’ più vintage”. “Il nostro rapporto mai competitivo è cresciuto, sia come visione più ampia del cinema che come attori e spettatori” aggiunge Alessandro che in Le otto montagne interpreta il montanaro Bruno mentre a Luca è affidato il ruolo di Pietro, voce narrante di libro e film.
Accompagnati passo passo dall’esperto Cognetti l’intero cast che comprende anche Filippo Timi ed Elena Lietti si è caricato uno “zaino d’amore” e ha con pazienza iniziato un percorso di “intonazione” ai ritmi e alle fatiche d’altura. Perché solo così poteva sintonizzarsi al cuore narrativo del lavoro letterario in cui la montagna è intesa come punto centrare d’identità dei due protagonisti ed è quindi protagonista essa stessa, il vero nervo vibrante del Bildungsroman di Pietro e Bruno. Il loro percorso è il cerchio tracciato da un compasso di cui Bruno è il braccio fisso al centro attorno al quale ruota Pietro come braccio mobile ma in perenne equidistanza e dipendenza. Non è forse un caso che Cognetti sia un matematico di formazione: questa si recepisce nell’intera struttura costitutiva delle Otto montagne, inteso sia come libro che come film. In tale contesto Luca Marinelli e Alessandro Borghi sono mutati in uomini ruvidi, complici spigolosi e intimamente devoti ai misteri montani, che si assomigliano dalle Alpi all’Himalaya, intonandosi al respiro imponente che pervade l’intero lungometraggio di Groeningen e Vandermeersch, il cui unico difetto è quello di aver indugiato troppo in lunghezza (qualche taglio in più avrebbe giovato nel radicare il film in bellezza e potenza). Film sui fantasmi, sui segreti, sulla fatica delle parole a comunicare il senso profondo dell’esistere e del relazionarsi, Le otto montagne riesce con un cinema di discreto livello a rivelarci che le asperità delle rocce montane altro non sono che il nostro vivere quotidiano, fatto di resistenze e resilienze. Il film uscirà nella seconda metà dell’anno per Vision Distribution.